La proposta di legge in discussione alla Camera prevede la riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 32 ore settimanali, a parità di salario. L’opposizione accusa la maggioranza di insabbiamento e rinvio. La proposta prevede anche esoneri contributivi per i datori di lavoro privati. L’osservatorio presso l’Inapp monitorerà gli effetti economici della riduzione oraria. Gli oneri stimati sono di 50 milioni di euro per il 2024 e 275 milioni di euro per gli anni successivi

Favorire per legge la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali – territoriali e aziendali – tra le rappresentanze delle imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, per definire modelli organizzativi che comportino una progressiva riduzione dell’orario normale di lavoro dalle attuali 40 a 32 ore settimanali, a parità di salario, anche nella forma di turni distribuiti su quattro giorni settimanali. Il tutto accompagnato da investimenti nell’ambito della formazione e della innovazione tecnologica e ambientale: la proposta di legge che abbina i testi di Fratoianni (Avs), Conte (M5S) e Scotto (Pd) è all’esame della Camera.

Botta e risposta tra maggioranza e opposizioni sul nodo coperture
L’esame della proposta di legge dell’opposizione era programma in Aula alla Camera, ma con il voto della maggioranza è tornata in commissione Lavoro. L’opposizione è insorta: «La destra fa sempre la stessa mossa – ha accusato la leader Pd, Elly Schlein – quando si tratta dei diritti di chi lavora, sceglie sempre la strada dell’insabbiamento, del rinvio, della fuga. Hanno deciso di non decidere perché la settimana corta è la bussola che in tutta Europa sta guidando le grandi democrazie».
Replica a stretto giro il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (Fdi): «Di fuga ho visto solo la sua, perché Schlein avrebbe potuto venire in Commissione o in Aula a chiarire il nodo coperture. Il rinvio in Commissione è dovuto a possibili effetti onerosi per la finanza pubblica. Anche limitando l’ambito di applicazione al settore privato, ad una prima valutazione, la stima dei costi è quantificabile nell’ordine di oltre 8 miliardi di euro di minori entrate contributive annue, al lordo degli effetti fiscali».

Tre incentivi alle imprese per sostenere la riduzione oraria
La proposta dell’opposizione prevede che nei trentasei mesi successivi all’entrata in vigore della legge, ai datori di lavoro privati – con esclusione del settore agricolo e del lavoro domestico-, è concesso, l’esonero del 30% del versamento dei contributi previdenziali a loro carico (con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all’Inail) per i rapporti di lavoro dipendente ai quali si applicano i contratti collettivi con la riduzione oraria, per la durata prevista dai medesimi contratti e in proporzione alla riduzione di orario di lavoro concordata.
Per i datori di lavoro privati delle piccole e medie imprese, l’esonero è elevato al 50per cento. Per le prestazioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti l’esonero contributivo è riconosciuto nella misura del 60%: la lista comprende operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici, conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni, conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante, conduttori di mezzi pesanti e camion, conciatori di pelli e di pellicce, personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni, addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza, insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido, facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati, personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia, operatori ecologici e altri raccoglitori di rifiuti, operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, dipendenti o soci di cooperative, lavoratori del settore siderurgico e lavoratori del vetro, marittimi.
Con decreto del ministro del Lavoro, di concerto con il ministro dell’Economia, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, sono individuati i criteri e le modalità di applicazione dell’agevolazione e di utilizzo delle risorse e per il rispetto del relativo limite di spesa.

L’Osservatorio nazionale sull’orario di lavoro
La stessa proposta prevede la creazione dell’Osservatorio presso l’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, presieduto da un rappresentante del ministero del lavoro ed è composto da due esperti in materia di diritto del lavoro, da due esperti in materia di organizzazione aziendale nonché, in forma paritaria, da un numero complessivo di otto esponenti delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
L’Osservatorio ha il compito di monitorare le caratteristiche e gli effetti economici dei contratti collettivi di lavoro che prevedono riduzioni dell’orario di lavoro; valutare l’efficacia dei sistemi formativi e di riqualificazione professionale adottati, con particolare riferimento allo sviluppo e all’applicazione di nuove tecnologie nelle imprese interessate; monitorare e valutare gli investimenti in nuove tecnologie messe in atto dalle imprese che applicano i contratti con la riduzione oraria.
L’Osservatorio ogni anno predispone una relazione sulla propria attività e la trasmette alle Camere entro il 31 dicembre di ciascuno anno. Al termine dell’applicazione delle misure di sostegno, la relazione dovrà indicare anche le proposte di modifica della normativa in materia di orario di lavoro.
A un decreto del ministro del Lavoro, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono stabilite le modalità di funzionamento dell’Osservatorio che si avvale delle strutture e delle risorse umane, strumentali e finanziarie del ministero del Lavoro.

Il ricorso al Referendum
In base alla proposta di legge, in mancanza della stipulazione dei contratti collettivi nazionali che prevedano la riduzione oraria, le rappresentanze sindacali territoriali aderenti alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, le loro rappresentanze aziendali o almeno il 20% dei lavoratori dipendenti dell’impresa possono presentare una proposta di contratto per la riduzione dell’orario di lavoro, a parità di retribuzione. La proposta è sottoposta, entro i successivi novanta giorni, all’approvazione del personale mediante referendum.
Il referendum è svolto con la supervisione di un delegato dell’ente bilaterale competente per territorio, ove esistente, anche in un settore affine a quello in cui opera l’impresa interessata. La proposta di contratto è approvata se si è espressa a favore la maggioranza dei dipendenti dell’impresa o dell’unità produttiva e, nel solo caso in cui la proposta sia stata presentata dal prescritto numero di lavoratori, se il datore di lavoro dichiara il proprio assenso entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum. Nel caso di esito negativo del referendum, la proposta può essere ripresentata non prima di centottanta giorni.

Rideterminazione dell’orario normale di lavoro e oneri
Al termine del periodo di applicazione delle misure di sostegno, secondo la proposta con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sulla base delle risultanze delle analisi e delle proposte formulate dall’Osservatorio, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, la durata dell’orario di lavoro normale è rideterminata in misura minore.
In tutti i settori in cui i contratti con la riduzione a 32 ore abbiano interessato almeno il 20% dei lavoratori, la rideterminazione dell’orario di lavoro normale è in ogni caso applicata in misura non inferiore al 10 per cento.
Gli oneri sono quantificati in 50 milioni di euro per l’anno 2024 e a 275 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, da coprire attraverso la corrispondente riduzione del Fondo nuove competenze.