Mosca ha lanciato i suoi dadi di sfida, ora l’Occidente per tutelare la sua credibilità deve fare altrettanto e ha già cominciato a farlo in queste ore. Sarà dura, ma non possiamo arrenderci
Da ieri la pace in Europa è a rischio, e la geopolitica europea non è più la stessa. Putin ha deciso di usare le sue baionette per cambiare la Storia, e a scanso di equivoci, ha ammonito tutti a ricordare che la Russia è una grande potenza nucleare. Qui non siamo più alle pur terribili guerre balcaniche degli Anni Novanta, e nemmeno alla guerra civile che all’interno dell’Ucraina si svolgeva dal 2014. Siamo piuttosto a una sfida epocale che l’autocrate russo lancia alle «democrazie decadenti» dell’Occidente e ai suoi deterrenti sanzionatori perché nessuno, questo lo sappiamo da tempo, andrà a difendere militarmente una sovranità che ora il capo del Cremlino calpesta con disinvoltura. Il presidente ucraino Zelensky ha provato a non crederci, ha chiesto ieri a gran voce l’aiuto difensivo degli occidentali, e a molti, benché il mondo sia completamente cambiato, è tornato in mente il disperato appello di Nagy (poi impiccato dai sovietici) quando l’insurrezione ungherese del 1956 stava per soccombere.
In fondo ora tutto sembra logico, anche se delittuoso in termini di diritto internazionale. Martedì, in un discorso meno seguito ma forse più importante di quello che l’aveva preceduto il giorno prima, Putin era stato chiarissimo nell’enunciare le sue nuove richieste: l’Ucraina deve ritirare la domanda di adesione alla Nato, deve accettare di essere smilitarizzata, deve riconoscere l’annessione della Crimea da parte della Russia, e deve liberarsi dei «banditi» filo-occidentali che la governano. Quello era un ultimatum, e visto che le nuove pretese non sarebbero mai state accettate, era l’annuncio di quello che il Cremlino aveva ormai deciso.
Anche ora che i mezzi corazzati avanzano da est, da nord e da sud stringendo Kiev in una micidiale tenaglia, Putin sostiene che si tratta di proteggere le popolazioni russofone (argomento che sta a cuore a tutti i nazionalisti russi e che risulta efficace nei sondaggi) e che occorre «denazificare» l’Ucraina. Come è abituato a fare, il nuovo zar manipola la Storia a suo vantaggio. È vero che durante la seconda guerra mondiale una parte degli ucraini combattè contro le armate di Hitler e un’altra si arruolò nelle SS, ed è anche vero che nella Ucraina di oggi esistono formazioni paramilitari che si fanno precedere dalle bandiere del Reich. Ma l’Ucraina non è (non era?) uno Stato paranazista, è soltanto una vittima geopolitica di quelle divisioni europee che non sono mai state interamente superate, nemmeno dopo la caduta del Muro di Berlino e la disgregazione dell’Unione Sovietica.
E così il bottino di Putin l’aggressore diventa chiaro: non si parlerà più di Nato in Ucraina, il Donbass tornerà ad essere grande com’era prima del 2014, l’Ucraina sarà quasi completamente isolata dal Mar Nero a sud e sorvegliata a nord dalla fedele Bielorussia, e a Kiev comanderanno persone apprezzate dal Cremlino. Se si accontentasse di meno, Putin sarebbe a questo punto incoerente. Ma potrebbe aver sottovalutato la resistenza degli ucraini, soprattutto durante quella che sarà una occupazione in piena regola. Una guerra prolungata potrebbe diventare un boomerang anche per l’intrepido condottiero del Cremlino.
Ora la palla passa nel campo degli occidentali. Dopo l’annuncio del riconoscimento russo dell’indipendenza delle «repubbliche» di Donetsk e di Luhansk e la loro annessione di fatto, l’America e l’Europa avevano decretato soltanto una piccola parte delle sanzioni previste. Ma adesso è tutto diverso. Putin ha lanciato i suoi dadi di sfida, l’Occidente per tutelare la sua credibilità deve fare altrettanto e ha già cominciato a farlo in queste ore. Il North Stream 2, con un impegno superiore al previsto della Germania, è già stato colpito e bloccato. La sanzioni contro gli individui e le imprese sono anch’esse già decollate. Poi ci sono le mosse che sollevano talvolta opinioni diverse: escludere la Russia dal sistema Swift per le transazioni interbancarie, impedire l’accesso della Russia al mondo del dollaro Usa, escludere l’esportazione di ogni tipo di tecnologia avanzata verso Mosca. Si vorrebbe colpire la Russia non meno di quanto gli Usa di Trump colpirono l’Iran. Ma quel che più conta in questa fase è che l’Occidente resti unito. Se non fosse così avrebbe vinto Putin anche in questo campo, e nulla risulterebbe più credibile agli occhi della Russia e forse anche del nemico numero uno dell’America, la Cina.
A proposito di Cina, sarà interessante vedere in che modo e con quanto impegno Xi Jinping correrà in aiuto di Putin. Assicurazioni sono state date, nel loro incontro in margine alle recenti Olimpiadi invernali, ma la portata pratica dei soccorsi è sempre un’altra cosa. Da parte nostra, se la Cina terrà fede alle sue promesse sarà tanto meglio. Nessuno, nemmeno gli Usa, ha interesse alla polverizzazione economico-finanziaria della Russia. Ma dobbiamo essere consapevoli che mentre è necessario reagire all’offesa di Putin ci sarà per noi europei, e soprattutto per l’Italia e la Germania, un alto prezzo da pagare. Che si annuncia già nei cali di borsa, e più ancora nella salita dei prezzi di gas e petrolio. Sarà dura, ma non possiamo arrenderci a Vladimir Putin e ai suoi carri armati che domani potrebbero essere tentati di affacciarsi anche oltre l’Ucraina.