Quattordici telefonate tra i due leader. Il responsabile dell’Eliseo è il politico occidentale che il capo del Cremlino conosce meglio, certamente più di Biden e Scholz
«Putin ha ribadito che è determinato a raggiungere tutti i suoi obiettivi, o con le trattative o con la guerra», dice una fonte dell’Eliseo a proposito dell’ennesima telefonata tra il presidente russo e quello francese. In sostanza, o l’Ucraina accetta tutte le condizioni di Mosca o l’invasione continua. Macron ha chiamato Putin oggi, domenica 6 marzo, a mezzogiorno e i due leader si sono parlati per quasi due ore, fino alle 13 e 45: è stata la quattordicesima telefonata da metà dicembre. Secondo l’Eliseo è un modo per tenere aperto un canale, se non di trattativa, almeno di comunicazione con il Cremlino. Uno strumento per provare almeno a tenere Putin il più agganciato possibile alla realtà. Questo rapporto telefonico privilegiato si è intensificato dopo la visita di Macron a Mosca un mese fa, il 7 febbraio, nonostante la durezza dei colloqui e l’inaffidabilità dimostrata dal presidente russo. Durezza perché già al Cremlino, dopo le sei ore di discussione seduti ai due capi del famoso lunghissimo tavolo, Putin in conferenza stampa ricordò a Macron e al mondo, per la prima volta, che la Russia era una potenza nucleare; inaffidabilità perché nella notte tra il 20 e il 21 febbraio, dopo un’altra telefonata, Putin disse a Macron che accettava in linea di principio un vertice dell’ultimo minuto col presidente americano Biden. Quell’annuncio è stato l’ultima occasione di speranza, durata poche ore, in una possibile soluzione diplomatica. Il 24 febbraio, appena tre giorni dopo, è cominciata l’invasione russa. Eppure Macron continua a telefonare a Putin (e al presidente ucraino Zelensky, con tutt’altro tono) pur avendo chiaramente preso parte per l’Ucraina sin dal primo giorno dei combattimenti, quando in tv si rivolse ai francesi accanto al tricolore nazionale, alla bandiera europea e a quella giallo-blu dell’Ucraina.
Il presidente francese non si fa illusioni, la parola di Putin è discreditata e il consigliere dell’Eliseo che assiste a queste conversazioni ha definito il leader russo «paranoico», avvalorando per la prima volta ad alto livello il sospetto che Putin abbia perduto la ragione. Ragion di più per non abbandonarlo a sé stesso e al gruppo di «yes man» terrorizzati che lo circondano al Cremlino. «In questi colloqui Putin si mostra determinato, e la Francia gli ripete che l’Occidente è ugualmente determinato ad alzare sempre di più il prezzo da pagare per questa guerra», spiegano le fonti dell’Eliseo.
Le telefonate di Macron servono a fare pressione sul leader russo, e allo stesso tempo a ricavare segnali preziosi sul suo umore, le sue intenzioni, la sua visione delle operazioni. Putin pronuncia frasi palesemente false, come quando assicura che i bombardamenti evitano bersagli civili – lo ha fatto ancora oggi – proprio mentre i missili russi centrano abitazioni, scuole e ospedali, ma secondo Parigi questo fa di lui un interlocutore inaffidabile, certo, e al tempo stesso, purtroppo, ineludibile. Nonostante la Francia abbia preso una posizione molto chiara in favore dell’Ucraina e contro la Russia, anche se Parigi sta inviando armi – senza comunicare quante e quali – a Zelensky ed è in prima linea nelle sanzioni contro Mosca, Putin accetta di parlare a Macron. Forse perché è il leader che conosce da più tempo, perché Biden resta lontano e il cancelliere tedesco Scholz è appena arrivato sulla scena internazionale, e forse anche perché Putin immagina di avere a che fare con Macron ancora a lungo, per altri cinque anni.
Il 10 e il 24 aprile si vota in Francia per un’elezione presidenziale che rischia di diventare una formalità: Macron è sempre stato al primo posto nei sondaggi, ma da quando la Russia ha invaso l’Ucraina le intenzioni di voto in suo favore sono aumentate tanto da diventare il doppio rispetto a quelle per Marine Le Pen. Macron sta al 30,5%, mentre i candidati in lotta per la seconda posizione che dà diritto al ballottaggio sono molto distanti: Marine Le Pen al 14,5%, Eric Zemmour al 13%, seguiti da Jean-Luc Mélenchon (12%) e Valérie Pécresse (11,5%). Se la gollista Pécresse sta crollando dopo una serie incredibile di gaffe e pessime prestazioni nei comizi, è lecito supporre che gli altri tre siano puniti da una sorta di «effetto Putin»: all’estrema destra Marine Le Pen ha finanziato la precedente campagna 2017 grazie a un prestito russo di 10 milioni, e Zemmour in passato ha più volte invocato l’avvento di un «Putin francese» sperando di essere lui stesso a incarnarlo; alla sinistra radicale Mélenchon fino al giorno dell’invasione russa parteggiava per Mosca contro Kiev. Mentre i suoi avversari sono impegnati in imbarazzanti acrobazie per prendere tardivamente le distanze dal dittatore russo, Macron prende il telefono per ricordare a Putin le ragioni dell’Ucraina e dell’Occidente, l’Eliseo lo comunica ampiamente, e i sondaggi premiano Macron. E’ un effetto secondario, sicuramente non sgradito, del protagonismo telefonico di Macron.