Fonte: Corriere della Sera
di Venanzio Postiglione
La Consulta oggi dovrebbe riaprire l’iter della riforma elettorale. In tanti si illudono che possa bastare una legge «giusta» per frenare i 5 Stelle
Si sa che forse è un’illusione. Ma prima o poi ci credono tutti, come fosse la prima volta. La strategia di ritagliarsi la legge elettorale su misura viene da lontano: inutile mostrare i precedenti, ricordare i numeri e la logica. È un richiamo irresistibile. Riapparso in questa lunga (estenuante) attesa per la decisione della Consulta che oggi dovrebbe riaprire l’iter della riforma e orientare il lavoro del Parlamento. E fin qui la storia è nota. Ma nelle ultime settimane si è intravista una seconda illusione. Che cerca e trova conferme, conquista nuovi consensi. È l’idea che il proporzionale e soltanto il proporzionale potrà frenare la corsa dei Cinque Stelle e determinare una grande coalizione. Cioè l’accordo tra Pd e Forza Italia dopo un voto senza vincitori. I tre poli più o meno con gli stessi numeri, Beppe Grillo e i suoi che rifiutano ogni intesa (si è già visto con Bersani) e quindi la «necessità» di firmare un patto (con chi ci sta) per governare l’Italia. Uno scenario facile: troppo facile. Più viene raccontato, nelle stanze dei democratici e dei forzisti, e più appare verosimile. La Prima Repubblica che bussa alla porta principale dopo 23 anni di difficili alternanze, dalla vittoria di Berlusconi nel 1994 ai giorni nostri.
Ma non è detto che sia così, perché i flussi dei voti raccontano che non si può considerare Beppe Grillo un’anomalia passeggera. Le elezioni «già scritte» sono sempre un azzardo: lo sappiamo dai tempi di Occhetto, quando non si parlava di populismo, figuriamoci adesso, nell’età dell’incertezza, con Londra che esce dall’Europa e Donald Trump che entra alla Casa Bianca. I Cinque Stelle sono in piena salute, nonostante le cadute di Virginia Raggi, le giravolte nel Parlamento europeo, i dolori del giovane Casaleggio: il vento elettorale ha una vita propria, ha spostato antichi equilibri. Ecco. Ai partiti forse sfugge un’analisi più accurata. Il proporzionale potrebbe aiutare invece che impensierire il Movimento di Grillo: non è certo, ma non è escluso. Potrebbe suggerire un riflesso, «liberi tutti e poi si vede», che finirebbe per premiare chi non ha mai guidato il Paese. Potrebbe sospingere quel «partito della pancia» di cui ha scritto Dario Di Vico sul Corriere della Sera: un voto per superare il passato e basta, con poche scintille di fiducia nel futuro. Anche Bersani e Monti sembravano destinati a governare assieme, una volta passata la verifica elettorale. Se il proporzionale e la scelta degli italiani dovessero lanciare i Cinque Stelle come primo partito e con un buon margine di vantaggio e magari incoraggiare anche la Lega di Salvini, sarebbe complicato formare un esecutivo degli sconfitti.
E arriva la terza illusione di una fetta del centrosinistra e di Forza Italia. Il riferimento costante alla grande coalizione tedesca dove Merkel e socialdemocratici governano e (pare) governeranno assieme. Ma la Cancelliera è su un altro pianeta, leader indiscussa della Germania e della Ue, e il partito più ostile, Alternative für Deutschland, pesca soprattutto nell’ultradestra anti Europa e non ha un bacino potenzialmente illimitato come Beppe Grillo. Così come succede per Farage in Inghilterra e Le Pen in Francia (destra) e per Podemos in Spagna e Syriza in Grecia (sinistra): populisti con una scelta di campo più o meno chiara e non movimenti che cercano tutti i consensi della protesta senza dire per ora cosa ne faranno. Partendo da tre illusioni da ripensare (e seguendo le indicazioni della Consulta), resta una sola strada. Che poi è la più semplice a dirsi e la più difficile a farsi. Il centrosinistra e i moderati dovrebbero giocare la propria partita fino in fondo, così i tre poli saranno competitivi, per il bene e la libertà di chi vota. Con il proporzionale, con il proporzionale corretto o con il maggioritario che sia. Come hanno fatto Sala e Parisi a Milano, in un confronto più unico che raro basato sull’offerta politica invece che sulla paura degli avversari. Ci sono mesi, forse un anno, per immaginare leader, candidati, alleanze, programmi, sorprese, e per riuscire a dire senza retorica che «ci deve essere sempre un domani migliore» (Ronald Reagan, 22 gennaio 1985). La grande coalizione può diventare lo scenario successivo per due forze che hanno quasi vinto, non lo scenario preventivo di due forze che temono di perdere. Le regole su misura sono figlie di un altro mondo.