Fonte: La Stampa
di Fabio Albanese
L’allarme del procuratore di Agrigento: «Sfuggono ai radar, rischio terroristi»
«Un’immigrazione pericolosa». Dice proprio così il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio quando parla degli «sbarchi fantasma» che vanno avanti da inizio estate sulle spiagge dell’Agrigentino e su quelle di Lampedusa e Linosa, e su cui ha aperto diverse inchieste. Migliaia di persone, quasi tutte tunisine, in piena notte o all’alba sbarcano da barche in legno o piccoli pescherecci e fanno perdere le loro tracce. Ne hanno contati circa cinquemila di questi «nuovi» migranti, 2.100 sulle coste dell’Agrigentino, 2.800 su quelle dell’isola di Lampedusa e perfino nella piccola e isolatissima Linosa. Di almeno la metà si sono perse le tracce, quelli finiti nelle isole delle Pelagie invece quasi sempre sono presi e accompagnati nell’hotspot di Lampedusa, quello che il sindaco Martello vorrebbe vedere chiuso, in attesa di essere rimpatriati. «Ma non è la nuova rotta dei migranti al posto di quella libica – avverte Patronaggio – anzi, sembra di essere tornati indietro di 10-15 anni, quando i migranti partivano dalle coste tunisine e venivano in Italia a cercar fortuna».
Pericolo terroristi
Questi migranti, che la burocrazia ministeriale oggi definirebbe «economici», hanno un profilo più complesso: «Sono quasi tutti tunisini, più qualche maghrebino – dice il procuratore di Agrigento – ma i motivi per cui arrivano in Italia potrebbero non essere solo legati a bisogni economici. Tra loro ci sono persone che non vogliono farsi identificare, gente già espulsa in passato dall’Italia o appena liberata con l’amnistia dalle carceri tunisine o magari che ha preso parte alle rivolte del 2011». In mezzo alla grande cautela dettata dalle indagini in corso, condotte da polizia e carabinieri sulla terra e da Guardia di finanza e Guardia costiera in mare, il pm non può aggiungere molto ma identifica i timori: «Tra loro potrebbero esserci anche persone legate al terrorismo internazionale. Per questo penso che siamo di fronte a un’immigrazione pericolosa». C’è un particolare che ha fatto suonare un campanello d’allarme negli scorsi giorni: il 27 agosto, dopo uno dei tanti sbarchi su una delle spiagge agrigentine, quella di Torre Salsa, è stata trovata una felpa nera con la scritta «haters Paris» e un’immagine della Tour Eiffel rovesciata, assieme a un telefonino, dei vestiti inzuppati, un brick di latte.
Sparire nel nulla
Quella dei vestiti inzuppati trovati dietro le dune delle spiagge è una costante di questi sbarchi. «Questi migranti – racconta Patronaggio – arrivano in gruppi di 30-40, quasi sempre su barche in legno o piccoli pescherecci di 10-12 metri che poi abbandonano arenandoli sulla spiaggia. Appena scendono dall’imbarcazione, si nascondono dietro le dune, cambiano gli abiti bagnati con altri puliti e fuggono via. Qualcuno lo intercettiamo sulla strada e lo blocchiamo, gli altri spariscono. Pensiamo a carichi misti sulle barche, di gente che paga e di altri che non lo fanno, guidati però da personale esperto che sa come manovrare una barca». Ma ci sono anche pescherecci più grossi con 50-60 persone.
Testimoni degli sbarchi sulle spiagge agrigentine raccontano che i migranti raggiungono la statale 115 e chiedono dove sia la più vicina stazione ferroviaria. «Riteniamo che i più scaltri abbiano qualcuno che li attende e li porta via; è possibile che ci siano dei basisti a terra». Non tutti arrivano con i barchini da spiaggiare. E pare che altri gruppi siano portati fino a terra con altre barche o con gommoni che poi riprendono il largo. Particolare che fa pensare alla presenza di «navi madre» su cui viaggiano in centinaia, poi distribuiti in piccoli gruppi su diverse spiagge, quasi tutte poco accessibili. D’altronde, l’elenco di sbarchi è lungo: solo da metà agosto se ne contano almeno undici: uno il 17, uno il 25 e un altro il 27 agosto; in settembre il 5 a Siculiana, il 6 sulla spiaggia Giallonardo di Realmonte, il 7 uno sulla spiaggia di Saccagrande a Ribera e un altro tra Montallegro e Siculiana, il 14 a Licata, il 15 settembre ben tre, uno nella riserva di Torre Salsa, uno nella spettacolare spiaggia della Scala dei Turchi mentre il terzo gruppo di 95 persone è stato intercettato al largo di Realmonte da una motovedetta della Guardia di finanza.
Le rotte dalla Tunisia
A Lampedusa come nell’Agrigentino, ciò che colpisce è il fatto che quasi sempre queste imbarcazioni sfuggono alla rete di controlli nel Mediterraneo del dispositivo Frontex o dell’operazione Sophia. Nessuno le vede fin quando non arrivano. «Se esiste una nave madre, questa potrebbe essere benissimo scambiata per una imbarcazione impegnata nella pesca con il cianciolo che prevede la presenza di quattro barche più piccole attorno a quella grande – ipotizza il procuratore – e dunque nessuno potrebbe sospettare». I tunisini seguirebbero due rotte: una partirebbe da Biserta e dirigerebbe verso la Sicilia, l’Agrigentino, l’altra da Sfax punterebbe su Lampedusa: «Ma è possibile che chi va verso Lampedusa in realtà abbia perso la rotta – dice il pm – perché sanno benissimo che a Lampedusa si resta bloccati e si viene rimpatriati. E di certo non è questo il loro obiettivo».
Resta il perché solo adesso si sia messa in moto questa nuova migrazione: qualcuno ipotizza che sia una sorta di pressione indiretta delle autorità tunisine perché anche il loro Paese rientri nei piani europei per la lotta all’immigrazione. Questione di soldi.