La moda è cultura? E chi la decide? Gli stilisti? I commercianti di abiti che ogni cambio di stagione devono trovare nuovi pezzi da vendere? La decidono i tatuatori, i barbieri? Oppure risponde a qualcosa di più profondo e misterioso che traccia sotterraneamente il nostro rapporto con la realtà?
Moda. Parola molto usata, che deriva dal latino modus, ovvero norma, foggia, maniera, regola, tono, come spiega il dizionario. Ma perché è così incisiva nella vita di un paese o nel corso di un’epoca? Cosa spinge le persone ad adeguarsi ogni volta ai dettami della moda, ovvero a ciò che alcuni stilisti ma soprattutto le aziende che confezionano milioni di capi, impongono sul mercato? Gli storici dicono che la moda nasce in Egitto, dove serviva a stabilire i rapporti sociali. Imponeva regole severe perché l’abito doveva rivelare la funzione. Oggi queste distinzioni sono state abolite, ma rimane una adesione quasi commovente ai cambiamenti di stili, colori, perfino trucco e taglio dei capelli ne sono condizionati. Comprare jeans stracciati più cari di quelli integri è una scelta di gusto o un modo di conformarsi alla norma? Lasciarsi crescere una barba bianca per uomini ancora giovani dai capelli scuri, esprime un bisogno personale? Guarda che ti invecchia, dico agli amici, eppure la voglia di adeguarsi è più forte della paura di mostrarsi più vecchi. Farsi disegnare nomi e immagini sul corpo con l’inchiostro all’anilina indelebile è decisione autonoma o rivela l’appiattirsi a un dictat culturale? La moda è cultura? E chi la decide? Gli stilisti? I commercianti di abiti che ogni cambio di stagione devono trovare nuovi pezzi da vendere? La decidono i tatuatori, i barbieri? Oppure risponde a qualcosa di più profondo e misterioso che traccia sotterraneamente il nostro rapporto con la realtà? Veramente l’identità si rivela nel nostro modo di vestirci, di acconciarci?
Ma se ci adeguiamo tanto facilmente a una norma che riguarda il linguaggio di abiti e acconciature, non succederà lo stesso con la scelta delle idee, dei ragionamenti, seguendo un itinerario mentale proposto interessatamente da qualcun altro? Non sarà un itinerario che invece di riguardare i nostri bisogni più profondi seguirà un percorso di cui non si conosce l’origine e il fine? Insomma, non più una funzione dettata dalla gerarchia politica, come gli egizi, ma dalla forza dei venti che tirano in un verso piuttosto che un altro. Mi viene da pensare alla voglia di tradizionalità, di ordine e autorità che circola in questo tempo di crisi. Una formula come Dio, Patria , Famiglia, può germogliare nei nostri cuori coltivando semi che non abbiamo piantato noi ma che hanno attecchito per un vento imprevedibile che circola per il mondo intero e produce non solo abiti ma idee e paure?