19 Settembre 2024
Silvio Berlusconi2

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Il parare di Paolo Romani: «L’aiuto gli può arrivare da ex pentastellati contro Draghi al Colle. O dai renziani»

I numeri oggi dicono che se il centrodestra si presentasse compatto e convinto sul leader azzurro avrebbe 451 voti, la somma dei consensi di Forza Italia (127), Fratelli d’Italia (58), Lega (197), i totiani di Coraggio Italia più altri centristi (31), Noi con l’Italia-Sgarbi (5) e dei delegati regionali (33). Ne mancherebbero dunque all’appello 54.
«Ma cosa che vuoi che siano» sorride nel cortile di Montecitorio un deputato esperto che non siede fra i banchi del centrodestra. «La forza della candidatura di Berlusconi — insiste — è la garanzia che la legislatura continuerebbe». Ecco perché dalle parti di villa San Martino gli esperti di numeri confidano nella debolezza di una classe parlamentare che in larga parte è conscia di non essere rieletta, anche per il taglio del numero di deputati e senatori. Ufficialmente nessuno dei 233 grandi elettori del M5S potrà mai fare una dichiarazione a favore di Berlusconi. Né tantomeno appartiene alla sfera della realtà che uno fra i 133 dem o i 18 di Leu possa decidere di puntare le fiches sul Cavaliere.
E allora racconta Paolo Romani, a lungo fedelissimo di Berlusconi e oggi colonnello di Giovanni Toti, uno che conosce a menadito ogni singolo gruppo o sottogruppo di Senato e Camera, «l’aiuto a Berlusconi non arriverà certo da Alternativa C’è, dove ci sono ex grillini tutti antiberlusconiani. Semmai puoi intercettare qualche ex pentastellato nel Misto spaventato dall’ipotesi Draghi al Colle, oppure i renziani che sono 43 fra Camera e Senato». L’impresa dunque non è facile, anche perché il piano A dei renziani resta Pier Ferdinando Casini. Altra cosa è il Misto, un gruppo talmente eterogeneo di 51 parlamentari che annovera fra gli altri Lello Ciampollilo, noto alle cronache parlamentari per aver salvato all’ultimo secondo il governo Conte II, scomodando la moviola. Oppure Andrea Causin, ex azzurro ma oggi al Misto, che afferma: «Berlusconi al Colle? Perché no? È evidente che sia una profilo di altissimo prestigio. La sua leadership è riconosciuta in ambito europeo. Diciamola tutta: sono quattro o cinque i quirinabili. E Berlusconi è fra questi».
Non ha pregiudizi nemmeno Ricardo Merlo, senatore del Maie, che fra Montecitorio e Palazzo Madama può mobilitare 5 o 6 grandi elettori. «Perché dovremmo dire no a Berlusconi? Di sicuro non metteremo veti» assicura. Una posizione che a Montecitorio viene condivisa da un ex cinquestelle, come Nicola Acunzo, professione attore: «Prima di tutto bisognerà vedere quali saranno gli altri nomi in campo. Fatta questa premessa, i no a prescindere non valgano nulla in politica. Il personaggio è discusso, ma ha anche diversi lati positivi. Mai dire mai, dunque». E, per dirla con una massima di Marcello Dell’Utri, «con Berlusconi tutto è possibile».

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