Fonte: La Stampa
di Jacopo Iacoboni e Giuseppe Salvaggiulo
Le due candidate M5S: di lotta e “di sistema”
Virginia interventista, Chiara più defilata. Virginia che si presenta con una conferenza alla stampa estera e catalizza l’interesse dei giornali stranieri, Chiara che fa meno uscite mediatiche e appuntamenti pubblici. Virginia che fa proposte dirompenti per i poteri romani, Chiara intenta a non spaventare la borghesia torinese. Se è vero che Raggi e Appendino sono le due frontwomen del Movimento cinque stelle – e forse le due frontwomen tout court – in questa campagna elettorale, difficilmente si potrebbero immaginare due stili, due personaggi e due campagne più diverse.
Raggi esordì annunciando, in caso di vittoria, una rivoluzione in Acea – l’azienda di servizi pubblici in cui il Comune di Roma è socio di Caltagirone – con l’azzeramento di tutte le cariche manageriali. Il titolo a breve crollò in Borsa, ma a molti a Roma quell’uscita è parsa indice di un Movimento di lotta. Raggi, con un’uscita alla Varoufakis, ha detto che il debito del Campidoglio con le banche non va pagato ma ristrutturato, altrimenti «faremo saltare il tavolo»: altra idea connotata e «sociale» che bilancia certa sua frequentazione assai ricorrente (e omessa) col mondo degli studi d’affari della destra romana (pratica legale di Previti a parte).
Naturalmente questo attivismo e interventismo le stanno procurando anche tante opposizioni interne. Tra gli attivisti romani non si fa che parlare della guerra con Roberta Lombardi, ex faraona del Movimento. Alla biciclettata inaugurale della campagna della Raggi, Lombardi e il fedele consigliere Marcello De Vito non si sono neanche presentati; segno evidente di una spaccatura nel Movimento romano. Non pregiudica probabilmente il risultato della Raggi in termini di voti, ma la condizionerà dopo, se vincesse: Raggi potrebbe trovarsi alla mercè di almeno quattro consiglieri che fanno capo alla sua nemica interna (che può tra l’altro contare su pacchetti di voti nel sindacato di base Usb).
Scenari già intuibili, di fronte ai quali però Virginia va avanti come un treno: attaccando, sfidando, rilanciando. È stata la prima (Di Maio a parte) a salire alla Casaleggio associati per un faccia a faccia con Davide Casaleggio. Anche quando subisce attacchi clamorosamente ingiusti, come accadde con un video dell’Unità che insinuava falsamente trascorsi a cantare «meno male che Silvio c’è», esce dall’angolo senza perdere l’aplomb. Persino Silvia Virgulti, consulente tv del movimento e fidanzata di Di Maio, cerca un canale con lei. Virginia è pesante, e potrebbe diventare qualcuno con cui avere davvero a che fare negli equilibri interni.
APPROCCIO SOFT
L’idea di fondo di Chiara Appendino è molto diversa. Innanzitutto non ha mai nutrito ambizioni nazionali, anzi. «Quasi non esco da Torino», ostenta. Si è sempre fatta un vanto di non sentire Grillo o tantomeno Casaleggio – anche se naturalmente da quando è candidata le attenzioni su di lei a Milano sono cresciute. Però ha scelto una via opposta per gestirle, rispetto a Virginia. Non attacca il rivale Piero Fassino sui debiti del Comune. Non centra la sua campagna su Iren, la potente azienda multiservizi dei Comuni del nord ovest (tutti a guida Pd), che vanta dal Comune un credito per 190 milioni su cui i piccoli azionisti hanno presentato un esposto in Consob denunciando un conflitto di interessi.
Piuttosto, su Iren lascia intervenire Beppe Grillo sul blog: «Non vorremmo ritrovarci a gestire i disastri causati da Chiamparino e Fassino, con Iren che magicamente, dopo essere stata per anni il bancomat del comune a guida Pd, andrà subito all’incasso della giunta a 5 Stelle».
LO STAFF
Se punta meno sui temi «sociali» e si defila dalla sinistra torinese, con cui pure era avviato un dialogo, ci sono state invece polemiche per alcune scelte di Appendino sullo staff. Il ruolo molto forte del marito, imprenditore radicato nel mondo della media industria torinese. La figura del consigliere Paolo Giordana, già legato alla chiesa ortodossa, con una vasta e trasversale esperienza in tutta la politica cittadina precedente. Polemiche ha suscitato un articolo sul blog di Gabriele Ferraris, assai seguito in città: Giordana s’era candidato a un ruolo apicale, non ottenuto, nella Fondazione per la cultura, e ora la Appendino vuole invece resettare quella Fondazione.
Chiara non attacca sul reddito di cittadinanza, ma fa discutere la scelta di alcuni eventuali assessori considerati troppo «di sistema», per una del Movimento: al bilancio Sergio Rolando, proveniente da anni e anni ai vertici della Regione, con amministrazioni di destra e sinistra; al welfare Sonia Schellino, direttamente dalla Compagnia di San Paolo, architrave degli equilibri tra politica e finanza, il che fa storcere il naso ai puristi del M5S: la bocconiana Appendino vorrà per caso sostenere il terzo settore con le fondazioni bancarie? Nulla di male, ma un classico della politica torinese.
Sarebbe interessante, più che un confronto Raggi-Marchini, un incontro Raggi-Appendino. Le due frontwomen, così legate, così distanti.