24 Novembre 2024

SANITA’

Fonte: Corriere della Sera

editoriale

Oltre a frodi e truffe, calcolati anche gli effetti in termini di inefficienza e sprechi

I sei miliardi di euro sottratti alla Sanità italiana da corruzione e frodi, evidenziati nell’ultimo Rapporto della Rete Europea contro le Frodi e la Corruzione nel settore sanitario ? Una stima al ribasso secondo il primo “Libro bianco “ di ISPE (Istituto per la promozione dell’etica) —Sanità presentato a Roma in occasione della 2a Assise nazionale sull’etica di sanità pubblica, organizzata congiuntamente a Transparency International con il supporto di RISSC (Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità). Se la cifra di oltre un miliardo di euro di danni dell’erario, accertata dalla Guardia di Finanza per truffe e frodi al Servizio sanitario nazionale consumate solo nel 2013, vi fa impressione, il dato fornito dall’ISPE è da allarme rosso: la “corruption” totale sarebbe pari a 23,6 miliardi di euro l’anno. Alla cifra strabiliante si è giunti partendo dai 114 miliardi di spesa sanitaria per il 2013 e calcolando che la corruzione incide per 6,4 miliardi, a cui vanno sommati 3,2 miliardi di inefficienza e 14 miliardi di sprechi. A livello territoriale, analizzando il dato sulla corruzione, si rileva che il 41% dei casi avviene al Sud, il 30% al Centro, il 23% al Nord e il 6% è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi. «Questo primo Libro bianco — spiegano Francesco Macchia e Walter Forresu di ISPE-Sanità — vuole rappresentare un punto fermo, seppure certamente un punto di partenza, nel contrasto a corruzione, sprechi ed inefficienze che minano, in un’ottica di medio termine, la sostenibilità del nostro sistema sanitario».

 

Il conteggio

Le stime più accreditate circa il tasso medio di corruzione e frode in sanità sono quelle di Leys e Button che nel 2013 lo hanno stimato in 5,59%, con un intervallo che varia tra il 3,29 e il 10%. Per la sanità Italiana, che vale circa 110 miliardi di euro annuo, se si applicassero questi valori si tratterebbe di un danno di circa 6 miliardi di euro all’anno. Si tratta però di una stima basata su interviste e valutazioni di esperti. Il gruppo di lavoro di Francesco Mennini (Cwis Eehta, Università di Tor Vergata) e Americo Cicchetti (Altems, Università Cattolica, Roma) ha tentato di superare, almeno per l’Italia, l’incertezza di questa stima e ha cercato di effettuare un primo tentativo di calcolo. In buona sostanza i ricercatori hanno sommato l’inefficienza della spesa pubblica nel comparto sanitario, che è dell’ordine del 3% del totale della spesa (secondo Piacenza e Turati 2013), e gli sprechi nella spesa sanitaria, che sono dell’ordine del 18% della spesa totale, di cui il 13% direttamente conseguente alla corruzione (secondo PriceWater-HouseCooper). A partire da questi dati la corruzione totale si attesta a 23,6 miliardi. Non solo. «L’effetto economico complessivo della corruption per la collettività risulterebbe ancora superiore — scrivono gli autori del Libro bianco — per effetti quali: l’aumento della spesa pubblica dovuto alla corruption, causata da eventuali maggiori costi per forniture, investimenti e sprechi; la crescita del debito pubblico per la causa precedente, qualora l’aumento della spesa non sia sostenibile autonomamente; l’aumento del prelievo fiscale dovuto a quello della spesa pubblica; la contrazione dei consumi per l’aumento del prelievo fiscale; la contrazione del settore d’impresa, la conseguente disoccupazione e l’ulteriore aumento della spesa pubblica per gli ammortizzatori sociali. Con una catena di cause ed effetti generati in cascata dalla corruzione, che si estendono al di fuori dell’ambito sanitario, modificando grandezze che interessano l’economia nazionale e la sua ricchezza». Entrando nello specifico dell’analisi dei fenomeni di corruzione e spreco si è poi tentato di individuare e catalogare gli sprechi imputabili all’ attività e volontarietà dei medici: una sorta di panoramica di tutti quegli atti che scientemente i clinici ogni giorno compiono per le motivazioni più varie generando inefficienze. Sono state individuate quattro cause per questo tipo di sprechi: sprechi di “necessità”, sprechi per “ignoranza”, sprechi per “medicina difensiva”, e sprechi per “investimenti professionali mancati”.

 

 

 

Il confronto con l’Europa

Un fenomeno, quello analizzato dal Libro bianco, che non risparmia gli altri Paesi europei: uno studio dell’Ocse ha stimato che la corruzione nel settore sanitario ha un costo di 56 miliardi di euro all’anno o di 80 milioni di euro al giorno. In Italia l’indicatore del fenomeno accertato dalla magistratura, rispetto alla spesa sanitaria, è del 5,6%, superiore alla media europea. In tema di corruzione in sanità la geografia conta. Da un’indagine europea dell’Università di Gothenburg, riportata nel Libro bianco emerge che, su 18 Paesi, l’Italia occupa la terza posizione per attendibilità dei media sulla corruzione , ma l’undicesima per segnalazioni dei cittadini di “pagamenti di corrispettivi non dovuti” e decima nell’indicatore generale di «corruzione in istruzione, sanità e servizi pubblici». La stessa indagine indica differenze regionali importanti nella sanità italiana. Tra le 172 regioni europee si registra un divario tra la nona posizione ottenuta da Bolzano per qualità della sanità e la 170esima della Calabria. Per l’equità Bolzano si colloca al 50esimo posto mentre la Calabria ancora al 170esimo. Per quanto riguarda invece il “pagamento di tangenti” la Valle d’Aosta si pone al 71esimo posto seguita dalla Sardegna (84) e , a grande distanza, Calabria (156) e Campania (164). L’indicatore più generale di “corruzione nei servizi pubblici” vede nelle posizioni piu’ lusinghiere Bolzano (13), Valle d’Aosta (18) , Trento (20) e nelle ultime posizioni Sicilia (148), Calabria (154) e Campania (157). « Appare del tutto evidente — commentano gli autori — che alcune significative incongruenze tra domanda di salute ed offerta di sanità, e tra evoluzione della società ed evoluzione delle politiche sanitarie e socio-sanitarie, cominciano ad affacciarsi sulla scena italiana ed internazionale, dando luogo a squilibri ed a criticità ancora oggi in gran parte irrisolti. Tra questi la diffusione di stili di vita negativi per la salute, un approccio persistentemente “familistico” degli assetti assistenziali complessivi, una risposta insufficiente ai problemi posti dal prolungamento della vita; gli effetti perversi della medicalizzazione del disagio; la crescita continua di alcune voci di spesa per la produzione dei servizi; la difficoltà a perseguire il necessario equilibrio tra obiettivi di salute e politiche ambientali e sociali, i ritardi accumulati nel tentativo più volte dichiarato di spostare le risorse impegnate dalla medicina per le acuzie, prevalentemente in regime di ricovero, a quella per le cronicità e le disabilità, in regime di prevenzione, riabilitazione, territorio e assistenza domiciliare. Una situazione sulla quale si innestano gli effetti devastanti delle manovre economico-finanziarie sulle regioni in deficit di bilancio (Piani di rientro) e dalle varie Spending review con impatto negativo su equità, accessibilità ed appropriatezza delle cure, come emerso da alcune indagini condotte dal Censis».

 

I cinque anelli deboli

Dall’estratto del report su “Corruzione e Sprechi in Sanità”, pubblicato da RiSSC e Transparency International Italia, nel 2013 nel settore sanitario emergono alcune caratteristiche che rendono la Sanità particolarmente vulnerabile alla corruzione. L’indagine individua cinque ambiti particolarmente permeati da fenomeni corruttivi: nomine, farmaceutica, forniture (procurement), negligenza e sanità privata. Ed in dettaglio per ogni ambito sono stati individuati diversi potenziali fenomeni. Per le nomine: ingerenza politica, conflitto di interessi, revolving doors, spoil system, insindacabilità, discrezionalità, carenza di competenze. Nella farmaceutica: aumento artificioso dei prezzi, brevetti, comparaggio, falsa ricerca scientifica, prescrizioni fasulle, prescrizioni non necessarie, rimborsi fasulli. Le forniture presentano questi “vizi”: gare non necessarie, procedure non corrette, gare orientate o cartelli, infiltrazione crimine organizzato, carenza di controlli, false attestazioni di forniture, inadempimenti-irregolarità non rilevate. Il capitolo sulla negligenza invece soffre di fenomeni quali lo “scorrimento” delle liste d’attesa, il dirottamento verso la sanità privata; le false dichiarazioni (intramoenia); gli omessi versamenti (intramoenia). E infine i “mali” della la sanità privata: mancata concorrenza, mancato controllo requisiti, ostacoli all’ingresso e scarso turnover, prestazioni inutili, false registrazioni dei sistemi di rimborso (Drg), falso documentale. Inoltre, secondo il Consorzio di ricerca Coripe, ci sono alcuni “fattori facilitanti”, legati ai conflitti di interessi nell’informazione, che si verificano quando la salute dei pazienti e la verità di ricerca vengono sacrificati a vantaggi personali. E anche in questo caso ci sono cinque ambiti a rischio, in cui il conflitto d’interesse può inficiare l’operato sanitario più virtuoso. Ovvero, il mercato delle prestazioni sanitarie, dove i professionisti possono influenzare sia la domanda che l’offerta; l’informazione scientifica, visto l’impiego di ingenti capitali per la ricerca provenienti dall’industri privata; le società scientifiche, che definiscono standard di cura e comportamento dei propri iscritti; le associazioni di pazienti, chiamate a partecipare alle decisioni pubbliche, che presentano strutture, composizioni e finanziamenti non sempre chiari.

 

Le proposte per migliorare

Il Libro bianco non si ferma alla denuncia e alla “contabilizzazione”. Nella seconda parte, parla anche di proposte di azioni o strumenti migliorativi del fenomeno corruttivo. È stato dunque sviluppato un modello di analisi delle gestione economico-finanziaria delle Asl italiane capace di individuare, per le Regioni e le voci oggetto dell’analisi, le aree di inefficienza, spreco e di potenziale corruzione all’interno del nostro sistema sanitario. Questa prima applicazione del modello, limitata a cinque Regioni, ha evidenziato come la Lombardia, l’Emilia Romagna ed il Veneto siano caratterizzate da modelli gestionali integrati e come tutte le loro Asl siano strettamente connesse tra di loro. E questo è sicuramente un primo indicatore di efficienza gestionale. Infatti, aver organizzato la rete assistenziale regionale utilizzando i medesimi approcci economico gestionali permette da una parte di fornire servizi più integrati alla popolazione assistita e dall’altra di controllare il corretto utilizzo delle risorse impiegate. Di contro, Lazio e la Campania sono caratterizzate da modelli gestionali completamente disaggregati, tanto dal punto di vista organizzativo-gestionale che da quello economico-finanziario. «Se ne deduce che il discrimine che trasforma l’inefficienza e gli sprechi nella corruzione è determinata dalla presenza o meno di una strategia che persegue la disaggregazione gestionale — aggiungono gli autori —. Sono stati poi analizzati i processi di acquisto aziendale con il fine ultimo di creare e proporre uno Strumento Operativo di Controllo per il monitoraggio dei livelli di Corruzione aziendale: il Socc (questo l’acronimo), che comprende oltre 50 indicatori standard relativi al processo acquisti. A livello territoriale si sono infine proposte una serie di azioni per superare l’attuale empasse funzionale dei “piani di rientro” che da strumento straordinario sono divenuti gestione ordinaria ed avviare un serio e sostenibile programma commissariale che restituisca a tali Regioni livelli di funzionalità sostenibile entro 12-18 mesi». resta però una questione di fondo, come sottolineano Maria Luisa Di Pietro e Walter Ricciardi, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma: la risposta ad alcuni dei mali del nostro sistema sta nella centralità della domanda etica. E dalla dimensione etica non si può prescindere: deve diventare non solo uno dei pilastri su cui fondare il funzionamento dei sistemi sanitari, ma anche la misura per le scelte economiche e per la valutazione delle evidenze scientifiche.

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