«Entro i prossimi 18 mesi mi aspetto che l’economia americana entri in recessione. I mercati non sono preparati a quello scenario». A lanciare il monito è Sushil Wadhwani, chief investment officer di Pgim Wadhwani, governatore emerito della London School of Economics e Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico. Una lunga carriera, costruita tra finanza e istituzioni, Wadhwani è stato anche membro del Comitato di politica monetaria della Banca d’Inghilterra e ha lavorato per Goldman Sachs come direttore delle strategie azionarie. Un percorso trasversale che trova espressione in un’acuta capacità di analisi, ricca di riferimenti alla storia dei mercati, anche quella meno recente. «: il fenomeno non riguarda solo tre o quattro realtà, l’intero sistema delle banche locali appare vulnerabile. Non mi stupirei se dovessero emergere altre situazioni critiche».
I precedenti
Del resto l’attuale periodo richiama alla memoria «la crisi dei risparmi e dei prestiti del periodo 1984-1994, che portò al fallimento di oltre mille istituti —dice —. Se la situazione macroeconomica dovesse peggiorare, avrebbe ripercussioni negative sul settore degli immobili commerciali, verso i quali le istituzioni finanziarie locali sono molto esposte». La buona notizia, dice l’economista, è che la situazione attuale «non è minimamente paragonabile alla crisi finanziaria del 2008, che coinvolse anche le grandi banche. Il problema sembra essere molto più contenuto, oggi. E con meno ramificazioni su scala globale». Ma questo non è comunque un invito ad abbassare la guardia: «la stretta monetaria è stata necessaria per riancorare le aspettative sull’inflazione, ma avrà un impatto significativo sulla crescita», prosegue. C’è chi, in disaccordo con questa affermazione, ricorda la sorprendente tenuta degli utili aziendali. Ma secondo Wadhwani, «è l’effetto dei poderosi stimoli fiscali introdotti dai governi per sostenere il Pil durante la pandemia: questo ha generato un eccesso di risparmi, che a sua volta ha reso le famiglie più resilienti, fin qui — sostiene —. Ci vorrà più tempo per vedere un impatto sulla dinamica dei profitti, ma alla fine arriverà. Gli Usa faranno i conti con un periodo di decrescita. E la storia dei mercati finanziari dice che nel Secondo Dopoguerra, solo dopo ogni recessione americana il mercato azionario ha toccato il fondo. Quando accade i profitti possono cadere in modo violento. E se questo si verificasse, potremmo rivedere l’S&P500 a 3.500 o 3.600 punti, verso i minimi dello scorso autunno (equivarrebbe a una perdita di quasi il 20% dai valori attuali, ndr)».