22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Marco Galluzzo ed Enrico Marro


Nella nuova bozza del Recovery plan non ci sarà più il progetto di creare un Centro nazionale sulla cyber security a Palazzo Chigi. La nuova struttura era indicata a pagina 8 del testo del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) del 29 dicembre, su proposta del presidente del Consiglio, nel capitolo sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione che prevedeva una spesa di 2,5 miliardi. Contro questa struttura si era schierato Matteo Renzi, che da tempo chiede allo stesso Conte anche di affidare la delega sui servizi segreti a un’altra persona, così come accaduto negli scorsi anni con altri presidenti del Consiglio, che pur mantenendo per legge l’indirizzo e la supervisione sugli apparati avevano affidato la gestione dei servizi a un esponente politico di fiducia.
Anche il Pd non aveva gradito l’accentramento nelle mani del premier di un tema così delicato, e in queste ore di trattative fenetiche chi nel Partito democratico sta lavorando per ricucire lo strappo fra Conte e Renzi sta cercando anche di convincere il primo a mollare la delega. È infatti difficile che il solo stralcio della fondazione cyber security possa accontentare Renzi, che ha presentato un documento in 62 punti che praticamente smonta pezzo dopo pezzo la bozza del Recovery plan del 29 dicembre. Ieri al ministero dell’Economia i tecnici hanno lavorato fino a tarda sera per riscrivere il Pnrr sulla base delle richieste che i partiti della maggioranza hanno presentato a Roberto Gualtieri e al collega degli Affari europei, Vincenzo Amendola. Alla fine, fermi restando i 196 miliardi complessivi (tra prestiti e trasferimenti) che verranno chiesti dal governo a Bruxelles nell’ambito del Next generation Eu, dovrebbe scendere la parte dedicata agli incentivi (i 55 miliardi della prima bozza potrebbero ridursi di 10-15 miliardi) a favore di un potenziamento degli investimenti, in particolare green, a più alto impatto sulla crescita del Prodotto interno lordo. Sarebbe un’altra delle richieste di Italia viva che verrebbe accolta.
Resta da sciogliere il nodo della Sanità. Tutti i gruppi di maggioranza hanno chiesto di aumentare le risorse, indicate in 9 miliardi nel vecchio testo. Il governo potrebbe innanzitutto far ricadere sotto questa voce i circa 5 miliardi tra edilizia ospedaliera e altri investimenti che nella precedente bozza ricadevano sotto altri capitoli di spesa (per esempio, le infrastrutture e la digitalizzazione). Italia viva insiste affinché il governo chieda a Bruxelles anche i 36 miliardi di prestiti che l’Italia potrebbe ottenere a valere sul fondo Mes e dedicati alla Sanità. E anche su questo punto sarebbe in corso un tentativo di mediazione, con l’ipotesi di prendere a prestito dalla Ue solo una porzione del fondo per le spese sanitarie, un ulteriore compromesso per evitare la crisi.
Resta ferma invece la preoccupazione che ha spinto Gualtieri ad opporsi alla richiesta di Renzi di prendere tutti i 196 miliardi per finanziare progetti aggiuntivi, mentre nella prima stesura del piano il governo prevede di utilizzare 88 miliardi del Piano per sostituire finanziamenti nazionali per opere già previste. Conte, che condivide le preoccupazioni di Gualtieri, è d’accordo anche sulla concentrazione del numero di progetti da inserire nel piano. E snella dovrà essere anche la struttura di governance dopo che Conte ha dovuto rinunciare all’idea di una cabina di regia con alcune centinaia di tecnici. La nuova bozza di Pnrr sarà consegnata oggi al premier. Molte delle richieste di Italia viva, anche sui singoli progetti, sono state accolte. Già oggi o domani Conte dovrebbe convocare una nuova riunione politica per un’analisi complessiva del progetto, alla ricerca di una sintesi politica, o di ulteriori ritocchi, per poi portare il documento in Consiglio dei ministri. Ma a questo punto bisognerà vedere se Renzi sarà soddisfatto, nel metodo e nel merito, o se sceglierà di imboccare prima la strada della crisi.

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