19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

dalema

di Alberto D’Argenio e Piera Matteucci

Mattarella: “Confronto più efficace se composto”. Minoranza Pd entra in commissione. Renzi polemizza con le opposizioni: “Votate come volete ma mettere in discussione la democrazia significa insultare l’Italia”. Raggi conferma il ‘no’ del M5s, Pizzarotti resta sulla linea del suo ex partito

Sul referendum costituzionale ognuno “dirà la sua sul merito della riforma e si batterà per ciò che riterrà opportuno, in un confronto tanto più efficace quanto più composto”, dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo all’Assemblea nazionale dell’Anci. Ma lo scontro c’è, inevitabile. Inizia la mattina alla Camera, continua nel pomeriggio nelle parole di D’Alema: “C’è un clima di paura e intimidazione” avvertito da chi vuole votare ‘No’.
Botta e risposta duro nell’aula di Montecitorio, convocata per ascoltare Matteo Renzi sul Consiglio europeo della prossima settimana, tra premier e opposizione proprio sul referendum del 4 dicembre. Per Renato Brunetta Renzi fa “carne di porco della democrazia”. All’attacco anche Lega e Movimento 5 Stelle. A loro il presidente del Consiglio – replicando agli interventi dei deputati dagli scranni del governo – risponde: “Ho sentito parlare di dittatura 2.0, ma le parole sono importanti e siccome in quest’aula 90 anni fa qualcuno mise fine alla democrazia e altri hanno pagato con la vita, dico che potete pensarla come vi pare sul referendum, potete votare sì o no, ma questa è una democrazia e metterla in discussione significa insultare l’Italia e non ve lo permettiamo. Abbiate rispetto delle parole, della libertà e democrazia del Paese che si chiama Italia, nonostante voi”.
Nel pomeriggio è, però, Massimo D’Alema a tornare all’attacco del premier: “Per il ‘Sì’ c’è uno schieramento abbastanza vasto, minaccioso, che lancia insulti che non dovrebbero appartenere al confronto cui siamo chiamati, alimentando un clima di paura e intimidazione da far sentire in colpa chi è per il ‘No’ come se portasse il Paese verso il baratro”, dice nel corso del suo intervento all’iniziativa delle fondazioni Magna Carta e Italianieuropei per una riforma della costituzione alternativa a quella del ddl Boschi. E di questo schieramento, sostiene, fa parte un “blocco di potere”, compresa buona parte del “sistema dell’informazione”.
“Non solo non mi ritengo un pericoloso fomentatore di disordine, ma penso di difendere l valori fondamentali del partito al quali sono iscritto, ancorché chi lo dirige li ha dimenticati” spiega D’Alema. “Cacciamo i politici, come slogan del capo dei politici è inquietante. Il populismo dall’alto è molto più pericoloso del populismo del cittadino comune”. Accanto a lui c’è il senatore Gaetano Quagliariello e una vasta rappresentanza del mondo politico, di ieri e di oggi.
Nel merito, la proposta di D’Alema e Quagliariello prevede di vincere, con l’affermazione del No, la sfida del referendum e, poi, “aprire subito una nuova stagione di riforme” che prevedano il taglio del numero dei deputati e dei senatori, mantenendo il bicameralismo perfetto.
“L’auspicabile vittoria del No non porterebbe alla catastrofe – sottolinea D’Alema – e avrebbe come effetto la necessaria revisione della legge elettorale”. Al contrario di quanto accadrebbe con la vittoria del Sì che, per l’ex presidente del consiglio, porterebbe a una crisi politica a causa della “tentazione plebiscitaria” che eserciterebbe su chi oggi governa il Paese.
E d’altra parte il parterre è quanto di più politicamente composito si possa immaginare: accanto all’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, sedeva Stefano Rodotà. Più in disparte i deputati della minoranza Pd, Davide Zoggia e Danilo Leva. In piedi, in un angolo della sala, il capogruppo della Lega alla Camera, Massimo Fedriga e il deputato del Carroccio, Giancarlo Giorgetti. E, ancora: Pippo Civati di Possibile, Renato Brunetta e Paolo Romani di Forza Italia. Quagliariello invita il governo “ad avere più di umiltà. La proposta che avanziamo è quella di ridurre il numero di Parlamentari a 600, contro i 730 della riforma Renzi- Boschi. Questa proposta può passare in cinque mesi”. Forte di questa convinzione, D’Alema annuncia che “ci sarà un appello ai parlamentari per cominciare a raccogliere le firme e dare corpo a una proposta che potrebbe essere incardinata già dall’indomani del referendum”.
Poi respinge al mittente l’accusa che, chi vota ‘No’, apre la strada al Movimento 5 stelle: “Chi accusa il fronte del ‘No’ al referendum di tirare la volata a M5s dovrebbe ricordare che è stato il Pd a consegnare la capitale del Paese a Grillo”. Spesso questo è avvenuto “con operazioni che resteranno scritte nei manuali della politica, come quella compiuta a Roma: resterà nei manuali per spiegare come non si fa la politica. Un minimo di riflessione autocritica, prima di rilanciare accuse”.
Se c’è qualcuno che ha mostrato dispezzo verso la Carta dei valori del proprio partito, ha proseguito D’Alema, quello è Renzi: “Con l’approvazione della riforma costituzionale a maggioranza il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha contraddetto il Manifesto dei valori del partito, che impegnava il Pd ad approvare solo riforme condivise. Il disprezzo verso la Costituzione si vede anche da questo”.
Intanto Pier Luigi Bersani annuncia che la minoranza del Pd entrerà nella commissione proposta lunedì in direzione dal premier-segretario per studiare eventuali modifiche all’Italicum da incardinare in Parlamento dopo il referendum. Una proposta giudicata dall’opposizione interna al partito tardiva e insufficiente e pertanto non capace di modificare la scelta di votare no il 4 dicembre sulla riforma costituzionale, ritenuta inaccettabile se abbinata a questa legge elettorale. “Ho detto che in commissione era giusto starci, andare a vedere le carte”, afferma Bersani nei corridoi di Montecitorio. “Poi – aggiunge – sarà consentito mantenere un po’ di cautela e anche un po’ di scetticismo”.
I grillini in aula ribadiscono la loro opposizione alla riforma Boschi. A margine della riunione dell’Anci in programma a Bari, la sindaca di Roma Virginia Raggi dichiara che “siamo per il no su un referendum e una riforma costituzionale fatte da un Parlamento che probabilmente come stabilito dalla Consulta non ha legittimazione, su una riforma fatta con Verdini e altri condannati che peraltro complica le cose e crea una serie di dissonanze”. E sulla stessa linea resta il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, fresco di divorzio dal Movimento: “Sono contrario perché questa riforma non aggiusta niente e non rende più governabile l’Italia”.

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