Fonte: La Repubblica
di Monica Rubino
Gli effetti della consultazione che chiama alle urne i cittadini delle due regioni governate dalla Lega. Il Viminale batte cassa e chiede il rimborso delle spese per la sicurezza
Urne pronte in Lombardia e Veneto per i referendum consultivi sull’autonomia regionale. Si tratta di consultazioni legali, organizzate con l’accordo del governo e con lo scopo di avviare una procedura prevista dalla Costituzione con la quale le regioni possono chiedere maggiore autonomia nella gestione delle proprie risorse.
QUANDO E COME SI VOTA
Le operazioni di voto si terranno domenica 22 ottobre dalle 7 alle 23. Vi possono partecipare tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei Comuni delle due regioni. È previsto il quorum solo in Veneto, dove la legge regionale stabilisce che per considerare valido il risultato debba esprimersi almeno il 50 per cento più uno dei votanti. In Lombardia si voterà tramite dispositivi elettronici (è la prima volta che in Italia si sperimenta il sistema di e-voting), mentre in Veneto si utilizzerà una scheda cartacea.
PERCHE’ SI VOTA
Roberto Maroni e Luca Zaia, governatori leghisti rispettivamente di Lombardia e Veneto, chiedono ai loro concittadini se sono favorevoli a una maggiore autonomia delle due regioni. Se vincerà il “Sì”, Lombardia e Veneto non si aggiungeranno automaticamente alle cinque regioni a statuto speciale già esistente (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta). Il referendum, infatti, è consultivo e non vincolante e avrà sostanzialmente un valore politico. I sostenitori della consultazione dicono infatti che il voto dei cittadini servirà alle regioni ad avere più potere contrattuale in sede di trattative con il governo sulla richiesta di maggiore autonomia, soprattutto fiscale. I critici obiettano che il referendum è soprattutto un tentativo della Lega Nord di farsi propaganda con un’operazione che ha un costo sulle casse delle regioni, quindi utilizzando il denaro dei contribuenti.
CHE COSA DICE LA COSTITUZIONE
La Carta costituzionale prevede che tutte le regioni possono chiedere al governo più materie di competenza. La norma è sancita dall’articolo 116 del Titolo V, quello inerente l’ordinamento dello Stato e il rapporto con le Regioni. Con i referendum di Lombardia e Veneto è la prima volta che viene utilizzato. La procedura per la richiesta di maggiore autonomia può essere avviata da qualsiasi Regione e anche senza il referendum, tant’è vero che l’Emilia-Romagna ha attivato le procedure previste dall’articolo 116 senza alcuna consultazione. Una volta raggiunto un accordo con lo Stato, questo deve essere approvato da Camera e Senato a maggioranza assoluta.
I QUESITI REFERENDARI
In Lombardia, il quesito posto agli elettori è: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”.
In Veneto la domanda è più corta: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”.
I COSTI
In Lombardia si stima che il referendum costi 50 milioni di euro, comprese le spese per i software e le macchine necessarie al voto elettronico. La spesa veneta ammonta invece a 14 milioni.
LO STATO BATTE CASSA
Il Viminale ha chiesto alle due regioni il rimborso delle spese per coprire gli straordinari delle forze dell’ordine chiamate a vigilare sui seggi. In particolare la richiesta alla Lombardia è di 3,5 milioni di euro, quella al Veneto di 2. Maroni non si scompone, anzi vi trova un lato positivo: “Sapevamo che erano a nostro carico, sono costi aggiuntivi che abbiamo messo a bilancio. La vedo come una cosa positiva: se la sicurezza è a carico della Regione vuol dire che lo stato riconosce che la Regione può avere competenza anche sulla sicurezza”. Più polemico Zaia, che definisce la richiesta del ministero dell’Interno “una doccia fredda” e afferma a Circo Massimo su Radio Capital: “Per ora non li dò”.
CHE SUCCEDE SE VINCE IL SI’?
Come detto, nell’immediato non cambierà nulla, Lombardia e Veneto non avranno subito più autonomia. Ma, grazie al mandato popolare, avranno più forza al tavolo delle trattative con il governo.
E SE VINCE IL NO?
La forza contrattuale delle regioni diminuirà, ma in ogni caso entrambe potrebbero avviare la procedura prevista dall’articolo 116 della Costituzione, prima citato, per richiedere più autonomia.
LE POSIZIONI DEGLI ALTRI PARTITI
In entrambe le regioni tutte le principali forze politiche si sono schierate per il Sì, da Forza Italia al Pd ai Cinquestelle. Contrari la sinistra, Campo progressista di Giuliano Pisapia e Fratelli d’Italia.