22 Novembre 2024

Sul fronte della legge di Bilancio, oggi in commissione al Senato sono previste le prime audizioni di Abi, Ance, Confedilizia e sindacati

Riforme e legge di Bilancio restano i temi più caldi del dibattito politico. Da un lato la polemiche sul disegno di legge costituzionale varato dal governo la scorsa settimana, che introduce un premierato “all’italiana” con l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Dall’altro la manovra che oggi comincia il suo iter in Senato con le audizioni delle parti sociali. Su entrambi i fronti la premier Giorgia Meloni, il governo e la maggioranza sembrano voler tirare dritto, anche se fonti parlamentari del centrodestra non negano che ci sia un confronto interno per aprire ad alcune modifiche del premierato (la stessa Meloni ha ammesso che avrebbe voluto più stringente la norma antiribaltone) così come ad aggiustamenti della legge di bilancio da affidare a un maxiemendamento (a partire dall pensioni per i medici).

I possibili tempi del referendum
La cosa certa è che le opposizioni sembrano disporsi in stato di assedio e il loro ostruzionismo potrebbe rendere più difficile sia un rapido via libera alla manovra – che dalle parti di Palazzo Chigi vorrebbero approvata entro la metà di dicembre – che una prima lettura della riforma costituzionale entro l’estate 2024. L’obiettivo non dichiarato della premier è arrivare a un eventuale referendum confermativo nel 2025, e proprio su questo l’opposizione comincia a battere nel tentativo di mettere Meloni spalle al muro. «Credo che se si andasse al referendum» e i cittadini bocciassero la riforma «Meloni, nonostante abbia messo le mani avanti, dovrebbe necessariamente trarne le conseguenze», afferma il leader del M5S Giuseppe Conte, che parla di «una riforma costituzionale che è un vero pastrocchio e che se fosse portata avanti e attuata avvierebbe l’Italia verso un’avventura pericolosa». Più o meno sulla stessa linea il Pd: «Se il governo perde il referendum deve andare a casa: una riforma costituzionale imposta dal governo al Parlamento e ai cittadini che poi viene respinta dagli italiani obbliga il governo a lasciare», sostiene il capogruppo dem in Senato Francesco Boccia.

La linea delle opposizioni
Non si esclude che le opposizioni possano trovare una convergenza anche nel merito e presentare una proposta unitaria alternativa al premierato. Nè il Pd nè i 5 Stelle hanno infatti mai nascosto di prediligere un modello che si avvicini a quello tedesco e che oggi viene rilanciato dal leader di Azione Carlo Calenda: «Si tratta di un modello molto consolidato e che, dal ’90, ha prodotto quattro cancellieri invece dei nostri quattordici presidenti del Consiglio, e dieci governi invece dei nostri ventidue esecutivi», spiega osservando che così «il presidente della Repubblica è legittimato dall’elezione parlamentare come il premier e ha il potere, con la sua moral suasion, di evitare o arginare gli errori compiuti dalla politica. Inoltre gioca un ruolo da arbitro. Tutto questo con la riforma non ci sarebbe più e si aprirebbe la strada a una serie di continui conflitti».

Il fronte dei critici
Tra gli scettici nei confronti del premierato oggi si iscrive anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, per il quale «sul tema della stabilità politica siamo sempre stati molto chiari. Lo abbiamo sempre detto. Non siamo contrari a questa riforma che viene proposta, purché vada nella direzione che si è chiesta. La mia sensazione è che sia una riforma a metà e le riforme a metà non funzionano, creano problemi». La difesa d’ufficio è affidata all’autrice del ddl, ovvero la ministra Elisabetta Casellati, secondo la quale «è una strumentalizzazione inutile» parlare di indebolimento del presidente della Repubblica con l’introduzione del premierato, e chi lo dice lo fa «sapendo di mentire». Quanto alla legge elettorale «la sto già elaborando», aggiunge, confermando il premio di maggioranza del 55 «significa stabilizzare e dare quel criterio di governabilità che è previsto da qualsiasi legge elettorale».

Manovra, partono le audizioni
Passando sul fronte della legge di Bilancio, oggi in commissione al Senato sono previste le prime audizioni di Abi, Ance, Confedilizia e sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cisal e Confsal). Oltre al giudizio negativo delle opposizioni, scontato appare anche quello della Cgil: «Abbiamo proclamato insieme alla Uil lo sciopero nazionale perché c’è assolutamente bisogno di cambiare questa manovra che non risponde ai problemi che le persone oggi hanno», ribadisce oggi il segretario Maurizio Landini, e «proseguiremo in questa mobilitazione» finché «non otterremo dei risultati».

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