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Fonte: La Stampa
Affluenza record: gli unionisti oltre il 55%. Il premier tira un sospiro di sollievo. E il leader secessionista Salmond annuncia le dimissioni: «Londra non ha mantenuto le promesse»
La Scozia ha detto no all’indipendenza, e lo ha fatto in maniera decisa, al termine di uno storico referendum che ha spaccato la nazione e tenuto la Gran Bretagna e l’Europa con il fiato sospeso: 55.3% agli unionisti contro il 44.7% degli indipendentisti.
SFUMA IL SOGNO DEGLI INDIPENDENTISTI
Il risultato, certificato dalla commissione elettorale nella capitale Edimburgo, ha infranto il sogno di Alex Salmond, leader indipendentista che ha trascinato la Scozia alle soglie di una decisione storica. “Accetto il verdetto del popolo e invito tutti gli scozzesi a fare altrettanto”, ha detto. David Cameron ha tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo: Il Regno Unito resta tale, l’unione tra Scozia e Inghilterra sancita tre secoli fa continua. “La questione è risolta per una generazione,” ha detto il Primo Ministro britannico in una dichiarazione a Downing Street. “Non ci sono discussioni, non ci sono ripetizioni”, ha aggiunto Cameron, che ha comunque salutato l’esercizio democratico degli scozzesi e ribadito la promessa di maggiori poteri non solo alla Scozia ma alle altre nazioni che compongono il Regno Unito: Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord.
PASSO INDIETRO DI SALMOND
Dopo la sconfitta elettorale il leader nazionalista Alex Salmond ha spiegato che lascerà il posto da primo ministro in novembre, quando sarà scelto al suo posto un nuovo leader dello Scottish National Party. «Ho detto al segretario nazionale dell’Snp che non mi ripresenterò per guidare il partito alla prossima assemblea annuale» che si terrà dal 13 al 15 novembre «e che mi dimetterò da primo ministro», ha spiegato. «Oggi David Cameron si è rifiutato di impegnarsi per una seconda lettura a Westminster di una legge per maggiori poteri alla Scozia entro il 27 marzo 2015. Una promessa fatta da Gordon Brown nella campagna referendaria». Nonostante la sconfitta dei secessionisti scozzesi, Salmond ha dichiarato: «La Scozia esce dal voto del referendum in una posizione molto forte». E ha aggiunto di sentirsi «orgoglioso» della campagna per i «sì» all’indipendenza, che ha raccolto 1,6 milioni di voti e dell’affluenza alle urne che ha fatto segnare l’85%.
LA REGINA: AVANTI INSIEME
Dalla regina Elisabetta II è invece arrivato un appello all’unità: «Dopo molti mesi di discussione, dibattito, e riflessione, ora conosciamo il risultato del referendum ed è un risultato che ognuno di noi, in ogni parte del Regno Unito, rispetterà. Ora andiamo avanti», si legge in una nota personale inviata dalla residenza di Balmoral in Scozia. Nella nota la sovrana ha sottolineato anche che gli scozzesi, come gli altri abitanti del Regno Unito, «sono in grado di esprimere con forza opinioni diverse prima di riunirsi di nuovo in uno spirito di mutuo rispetto e sostegno, per lavorare costruttivamente al futuro della Scozia e di tutte le parti del Paese».
RECORD DI AFFLUENZA ALLE URNE
A scrutinio concluso il no ha preso oltre due milioni di voti contro un milione e seicentomila preferenze per il sì. Il voto ha anche fatto registrare record di affluenza per la Scozia: circa l’85% dei 4.2 milioni che si erano registrati per votare si sono recati alle urne. Mentre gli indipendentisti piangono per aver fallito un’occasione storica, gli unionisti riuniti nella sede di Glasgow esultano. Il leader del no Alistair Darling ha parlato di “notte straordinaria” e ha invitato gli scozzesi all’unità dopo una campagna elettorale che ha infuocato gli animi.
Il drammatico spoglio, durato tutta la notte, è stato seguito con un misto di apprensione e speranza da tutto il Paese, con centinaia di scozzesi riuniti nei pub rimasti aperti per l’occasione.
GLI UNIONISTI SI IMPONGONO A EDIMBURGO
I primi dati sono arrivati dalle più piccole e remote contee della Scozia, e il trend è apparso subito favorevole agli indipendentisti. La prima vittoria per il sì è arrivata dopo sette aree scrutinate nel collegio di Dundee, roccaforte indipendentista nota come ’Yes City’, dove il sì ha registrato il 57,35% contro il 42,65% del no. Anche Glasgow vota per l’indipendenza, 53.5% contro 46.5%. Ma non basta. In mattinata arriva anche il dato di Edimburgo, che vota convintamente per gli unionisti, 61% al no contro il 39% del no.
Gli indipendentisti, che promettevano un Paese sovrano, prospero e ancorato alla sterlina e alla casa reale, avevano compiuto una clamorosa rimonta e sembravano ad un passo dal successo. La loro è stata una campagna più aggressiva e intraprendente, ma alla fine ha prevalso la “maggioranza silenziosa” preoccupata per i rischi economici e l’incertezza politica che l’indipendenza avrebbe potuto comportare.
GLI INDIPENDENTISTI D’EUROPA GUARDANO ALLA SCOZIA
In Europa tutti i Paesi in cui esistono rivendicazioni separatiste avevano gli occhi puntati sulla Scozia. Più di tutti la Spagna, dove la Catalogna ha già convocato, nonostante l’ostilità di Madrid e l’irrilevanza giuridica, un suo referendum indipendentista per il 9 novembre. Faceva il tifo per il sì anche la Lega in Italia, con il segretario Matteo Salvini arrivato in Scozia.
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Il quesito sulla scheda chiedeva semplicemente: “Dovrebbe la Scozia essere un Paese indipendente?” Ma il voto ha costretto gli elettori a confrontarsi con la fondamentale questione della loro identità e senso di appartenenza: Sono più le cose che ci dividono dalla Gran Bretagna o quelle che ci uniscono? Una studentessa di 18 anni al suo primo voto, Shonagh Munro, racconta: “Mia madre è inglese, mio padre scozzese, sono nata a Glasgow, studio a Edimburgo. Mi definisco scozzese ma sono orgogliosa di far parte del Regno Unito e non ci rinuncerei per nulla al mondo”.
I DATI
Giovedì le urne sono state aperte della 7 alle 22 ora locale, quindici ore per decidere se separarsi per sempre dalla Gran Bretagna o mantenere intatto un legame che dura dal 1707. A Edimburgo e in molte altre città le file erano cominciate ancor prima dell’apertura dei seggi, mentre volontari distribuivano bandierine e spillette agli angoli delle strade cercando di convincere gli indecisi.
Per alcuni votare per l’indipendenza è stato il sogno di una vita, adesso spezzato. “Sono nazionalista da quando ho 13 anni,” aveva detto Tommy Moore, 59 anni, spilletta “YES” appuntata sulla maglietta. “Gli unionisti dicono di amare la Scozia ma sono dei traditori”.