Bianchi (M5S) al 19,6. FdI primo partito: 29,5. Dem al 21,2, il Movimento al 15,7. Rocca piace di più agli elettori orientati all’astensione, ma beneficia soprattutto della forza e dell’ampiezza della coalizione di centrodestra
Domenica 12 e lunedì 13 febbraio verranno chiamati alle urne i cittadini del Lazio e della Lombardia per il rinnovo dei Consigli regionali e l’elezione dei rispettivi presidenti di Regione. Nonostante si tratti di una consultazione regionale, per molti commentatori l’appuntamento rappresenta il primo test per il governo Meloni e per il centrodestra dopo la vittoria alle Politiche, un test particolarmente importante tenuto conto del numero degli elettori coinvolti (poco più di un quarto degli elettori italiani), della dimensione delle due regioni (le due più grandi d’Italia) e della loro rilevanza come cuore politico ed economico del Paese.
Il centrodestra si presenta unito in entrambe le regioni, candidando Attilio Fontana alla riconferma in Lombardia e il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca nel Lazio. Le opposizioni giocano invece con schemi diversi nei due casi. «Giallorosso» in Lombardia, con una coalizione a sostegno di Pierfrancesco Majorino che tiene insieme il Pd, il M5S e la sinistra, mentre il Terzo polo candida Letizia Moratti. Convergente al centro nel Lazio, dove l’assessore uscente della giunta Zingaretti, Alessio D’Amato, è sostenuto dal Pd e da Azione-Italia viva, insieme ad altre liste di centrosinistra, mentre il Movimento 5 Stelle propone insieme al Polo progressista la conduttrice Rai Donatella Bianchi.
Nel Lazio si arriva al voto in uno scenario in chiaroscuro. Se oltre sette cittadini su dieci si dichiarano soddisfatti della qualità della vita nella loro zona, il giudizio sull’operato dell’amministrazione Zingaretti è più tiepido: solo il 50% dà un voto pari almeno a 6 in una scala da 1 a 10, mentre il 47% si esprime invece in maniera critica. Le priorità tematiche sono senza dubbio i trasporti e le infrastrutture (in particolare a Roma), la sanità (di cui D’Amato è stato assessore in questi anni, peraltro particolarmente apprezzato dai cittadini durante la fase più acuta della pandemia) e i rifiuti (con la persistenza delle criticità nella Capitale: non a caso il valore medio regionale del 37% delle menzioni sale tra i romani al 52%). Un quadro quindi che non può dirsi favorevole al candidato del centrosinistra che ha governato la regione negli ultimi dieci anni. D’Amato però parte in vantaggio rispetto ai suoi avversari in termini di notorietà: il 61% dichiara di conoscerlo, almeno nominalmente, contro il 47% di Rocca e di Bianchi. Non sembra giovare più di tanto, quindi, la visibilità televisiva alla conduttrice di Linea blu che corre per il M5S.
I tre candidati si posizionano su livelli di gradimento tutto sommato analoghi: si va dal 30% di Bianchi al 34% di D’Amato (che però raccoglie anche la percentuale più alta di «oppositori», il 27%, per effetto della sua maggiore notorietà). Rocca piace relativamente di più agli elettori orientati all’astensione, ma beneficia soprattutto della forza e dell’ampiezza della coalizione di centrodestra a suo sostegno. Nelle intenzioni di voto Rocca è stimato al 41,2%, circa 7 punti sopra D’Amato (al 34,1%). Più indietro Bianchi, che non arriva al 20%. Tra il 2,1% e l’1,2% Rinaldi, Pignalberi e Pecorilli. Ad oggi un elettore laziale su due (47%) non è in grado esprimere un pronostico, mentre il 23% prevede l’affermazione di Rocca, il 17% di D’Amato.
Tra i partiti si confermano gli equilibri già registrati in regione alle Politiche, anche se ogni confronto va valutato con molta cautela tenuto conto della presenza di liste civiche (che rende disomogenea la comparazione) e della astensione di lista (elettori che votano un candidato ma non indicano un partito). Ebbene, FdI è nettamente primo, vicino al 30%, Lega e FI si collocano su valori tra loro simili, appena sopra il 5%, il Pd si attesta al 21,2%, Azione-Iv al 6,5% e il M5S al 15,7%.
Il candidato del centrodestra si presenta quindi con un vantaggio corposo, anche se la partita non può dirsi ancora chiusa alla luce di diversi elementi: innanzitutto la presumibile crescita della notorietà di Rocca e Bianchi nelle ultime due settimane di campagna elettorale (oltre un elettore su quattro negli ultimi appuntamenti ha deciso solo nell’ultima settimana se votare e chi votare); in secondo luogo, le decisioni di chi oggi si dichiara indeciso o orientato all’astensione. Da ultimo, il «traino» dei partiti: finora Rocca appare più debole della sua coalizione (che raggiunge il 43% dei voti validi) mentre D’Amato riesce a strappare un 1,2% di voto disgiunto che potrebbe, espandendosi, rappresentare una chiave di contendibilità della vittoria finale.