POLITICA
Fonte: La StampaIl leader Pd punta a fare l’arbitro della legislatura con un piano su diritti e riforme: tre ipotesi per il maggioritario
Quando, raramente, si trova a Roma, Matteo Renzi è attentissimo a non pronunciare neanche mezza parola ad uno dei tanti microfoni che lo attendono su qualche marciapiede e questa idiosincrasia a tutto ciò che è romano e romanesco – o abbia il sapore di «vecchia politica» – il segretario del Pd l’ha confermata ieri: il suo primo, vero rilancio politico lo ha fatto col giglio rosso di Firenze alle spalle. Eppure, le sue importanti esternazioni sulla legge elettorale e su alcune riforme prioritarie per il Pd (abolizione del Senato, unioni civili, revisione della Bossi-Fini) dimostrano che c’è una cosa che neppure il campione della trasparenza può dire esplicitamente: il nuovo leader del Pd punta a diventare nel giro di un mese l’arbitro della legislatura. Con una nuova legge elettorale, che in cuor suo Renzi spera di varare addirittura tra il 15 e il 20 febbraio, il leader del Pd punta ad avere nelle sue mani una forte arma deterrente in vista di un possibile scioglimento anticipato delle Camere, da imporre – se ci saranno le condizioni e attraverso una «crisi pilotata» – ai suoi partner: Enrico Letta e il suo vice Angelino Alfano. Annuisce Arturo Parisi, l’ideologo del bipolarismo italiano e che ogni tanto distilla i suoi consigli al giovane segretario: «Non c’è dubbio alcuno, la partita che Renzi sta giocando è quella del futuro della legislatura, è partito con i tempi giusti, ha fatto bene a proporre agli altri tre opzioni, anche se la partita è complicata perché deve fronteggiare partner con disegni opposti ai suoi».
E che questa sia la road map di Renzi, è stato lui stesso a farlo capire ieri durante la conferenza stampa tenuta a Firenze e durante la quale ha annunciato incontri bilaterali con i partiti a partire dalla prossima settimana: sulla riforma che gli sta più a cuore (quella elettorale) il leader del Pd ha «imposto» il campo di gioco (legge di impianto maggioritario) anche se ha lasciato agli alleati la possibilità di esprimersi su una delle tre opzioni, sistema spagnolo, doppio turno di coalizione e Mattarellum corretto con un premio. Ma anche sugli altri dossier che gli stanno a cuore (unioni civili, revisione della Bossi-Fini, abolizione del Senato) il sindaco di Firenze vuole costringere i suoi partner – da Enrico Letta ad Angelino Alfano – ad uscire rapidamente allo scoperto. Per costringerli ad accordi, o difficilmente digeribili e politicamente costosi (quelli sui diritti dei gay e degli extracomunitari). O ad accordi scivolosi, come quello sulle riforma elettorale, che potrebbe spalancare la porta ad elezioni anticipate.
Davanti al «ciclone» Renzi, il duo Letta-Alfano non si schioda dalla dottrina dell’«appeasement», decisa assieme a dicembre nei tanti colloqui tra secondo e terzo piano di palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio fa sapere di considerare quelle di Renzi sulla riforma elettorale, sul lavoro, sui diritti civili e sulla Bossi-Fini delle «sollecitazioni positive», che è legittimo per ciascun partito portare sul tavolo della trattativa le proprie priorità e che naturalmente il presidente del Consiglio si riserva di proporre una utile mediazione sui dossier più spinosi. Silvio Berlusconi, invece, ha salutato con gaudio («il metodo proposto dal Pd è positivo ») le esternazioni renziane nella speranza che l’accelerazione porti ad elezioni anticipate, da abbinare alle Europee del 25 maggio.
E intanto, in attesa della road map della maggioranza, Renzi si è fatto il suo di calendario. Il suo rovello è quello di una riforma elettorale che possa consentirgli – eventualmente – di andare ad elezioni anticipate, abbinate alle Europee del 25 maggio. Ma intanto si prepara a lanciare alcuni provvedimenti-manifesto, che possono essere utili come «prendere o lasciare». Domani la segreteria discuterà a Firenze di unioni civili, il 14 Renzi spiegherà ai senatori Pd la sua riforma del Senato, il 16 renderà noto il suo piano per il lavoro. Renzi sa che si tratta di dossier a doppio taglio: se approvati, possono facilitare la campagna del Pd alle Europee. Ma potrebbero anche complicare tutto. Come suggerisce la prima dichiarazione di Maurizio Gasparri, molto critica sull’urgenza renziana relativa alle unioni di fatto.