POLITICA
Fonte: La Stampa
Il premier: «Valutazioni di merito che non spettano a lei». Poi punge Landini
Il premier Renzi svela un impegno preso con il presidente della Repubblica Mattarella e con le opposizioni: d’ora in avanti cercherà di ricorrere meno ai decreti, a partire dalla riforma della scuola. Ma a tale impegno si aggiunge l’accusa alla presidente della presidente della Camera Laura Boldrini di essere «uscita dal perimetro» delle sue competenze, con le critiche da lei mosse allo stesso Renzi. Il premier si dice anche fiducioso sul cammino delle riforme e rilancia il dialogo con Silvio Berlusconi, mentre mostra di non credere in quello con M5s.
In una intervista all’Espresso, Renzi ha rivelato l’esito del giro di colloqui del presidente Mattarella con le opposizioni dopo l’Aventino da parte di queste ultime sulle riforme. «Sulla scuola ci siamo impegnati con il presidente della Repubblica e con le opposizioni a presentare meno decreti possibile». Probabilmente nasce anche da qui la decisione presa mercoledì da Fi di tornare lunedì in Aula per il voto finale sulle riforme a Montecitorio.
Ma al ramoscello d’olivo verso le opposizioni, si aggiunge una bordata verso la presidente della Camera. Questa la scorsa settimana aveva criticato il premier «uomo solo al comando» e l’intenzione di Renzi di ricorrere al decreto per la riforma della Rai. Boldrini, ha detto oggi Renzi, «è uscita dal suo perimetro di intervento istituzionale con valutazioni di merito se fare o no un dl che non spettano al presidente di un ramo del Parlamento». Per Renzi, Boldrini (come anche Landini) è mossa dalla volontà di essere un leader politico. La presidente della Camera non ha replicato, ma in sua difesa è intervenuto il capogruppo di Sel, Renato Scotto: «Il perimetro istituzionale di Laura Boldrini sta nella difesa dell’autonomia del Parlamento. Renzi pensa che le Camere siano una dependance di Palazzo Chigi. Prima o poi comprenderà appieno l’errore che sta compiendo». Sferzante Nichi Vendola: «Se Boldrini difende prerogative del Parlamento per Renzi e i suoi cortigiani fa politica. Pare che unico titolato a fare politica e a fare antipolitica in Italia sia Renzi». Un contrasto quello tra Presidente del Consiglio e presidente della Camera certamente non nuovo, se si pensa a quelli tra Romano Prodi e Fausto Bertinotti nell’autunno 2007, o a quello tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi dal 2010, entrambi forieri di fibrillazioni politiche.
Nonostante queste premesse il Premier si è dichiarato ottimista sulle riforme costituzionali che sono «storiche». E proprio su esse Renzi rilancia il dialogo con Silvio Berlusconi: «Sulla riforma costituzionale siamo andati avanti. Ora mi auguro che Forza Italia torni alla ragionevolezza: questa norma l’abbiamo scritta insieme. Come spiegheranno il voto contro?». In effetti anche dopo l’uscita di Fi dall’Aula della Camera, il Pd ha approvato solo gli emendamenti concordati con gli azzurri.
Renzi attribuisce questa rottura del patto alle spinte del capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, che avrebbe «costretto» Berlusconi a farlo. Ma il premier dice di confidare in un atteggiamento diverso degli «azzurri» al Senato.
Tuttavia Renzi ricorda all’ex Cavaliere i «rapporti di forza» in Parlamento: «Io l’ho sempre detto a Berlusconi: il patto con te lo faccio per un atto politico, non per una necessità numerica. Lui ha cambiato idea, i colloqui tra Brunetta e una parte della minoranza del Pd lo hanno convinto che sulla riforma costituzionale mi sarei fermato». Cosa che evidentemente non si è realizzata. Quindi sulle riforme si punta sempre a Fi e non a M5s: «Berlusconi è il capo del principale partito d’opposizione, dato che Grillo si tiene fuori da tutto, si marginalizza da solo».