POLITICA
Fonte: La StampaLo sfogo: “La fiducia cresce eppure continuano ad attaccarmi
Ho smontato le accuse di Grillo: io non sto chiuso nei palazzi”
Cosa dice, scusi, Presidente? «Che la Merkel m’aveva avvisato… E oggi che l’ho rivista, gliel’ho detto: cara Cancelliera, aveva ragione lei».
La voce di Matteo Renzi gracchia al telefono mentre è in viaggio tra Bruxelles e Roma. Prima del vertice con i capi di Stato e di governo europei, s’era intrattenuto per qualche minuto con Angela Merkel: e ora rivela – appunto – di averle dato ragione. «Sì, me l’aveva detto la prima volta che ci incontrammo: “Guardi che Mario Gomez è un fuoriclasse ma fragilino, si infortuna spesso”. Aveva ragione: del resto, la Cancelliera di calcio se ne intende…».
E rieccolo, allora, Matteo Renzi: irriverente e ironico come fosse ancora quello di prima, cioè nel fuoco di una qualche elezione primaria e non nel bel mezzo di un mucchio di impegni e di guai. La legge elettorale patteggiata con Silvio Berlusconi, infatti, annaspa alla Camera; i provvedimenti-choc per il rilancio dell’economia fluttuano da un Consiglio dei ministri all’altro; e un certo scetticismo cresce, anche se lui fa mostra di non dare alcun peso a tutto ciò.
«Tra la gente va bene – annota Renzi -. La fiducia in me e nel governo cresce, e io credo che conti questo, per adesso. Dopodiché, se vuol saperlo, certe cose non finiranno di sorprendermi mai…». In verità, non è l’unico ad esser sorpreso da alcune cose accadute dopo il suo avvento a Palazzo Chigi. Sorpresissimi, per esempio, sono stati gli apparati delegati alla sua sicurezza, visto che hanno dovuto ingaggiare un vero e proprio braccio di ferro col neo-premier intorno al tema «io la mattina, fossero anche alle 6, ma devo correre per tenermi in allenamento». Non se ne può nemmeno parlare, naturalmente: ma non è stato semplice convincerlo. La mediazione raggiunta ipotizza la ricerca di una palestra nei dintorni di Palazzo Chigi: ma dire che questa alternativa abbia fatto fare salti di gioia al premier, sarebbe dire una bugia.
Comunque sia, dicevamo, Matteo Renzi si dichiara sorpreso. E quando gli si chiede da cosa o da chi, ecco che toglie il freno a mano e torna a parlare a modo suo: «Avevo dei nemici che mi attaccavano, ma lo sapevo e lo tenevo nel conto – si lamenta -. Ma ora mi attaccano anche quelli che prima mi sostenevano: e onestamente non capisco sulla base di che, visto che non abbiamo ancora nemmeno cominciato. La squadra di governo tiene e mi pare buona. La Boschi regge in una postazione delicata e anche la Mogherini, attaccata da più parti, sta guadagnando la stima dei suoi colleghi europei. Quindi, di che parliamo? Per cosa mi criticano? Se è per la storia dei sottosegretari o per i cori dei ragazzi di Siracusa o addirittura per il fatto che abbiamo denunciato che la situazione economica trovata non è quella che diceva Letta, allora davvero non capisco e mi arrabbio».
E come promesso si arrabbia: e di conseguenza si sfoga. «Sui conti c’è poco da dire: è stato addirittura Saccomanni ad avvisarci che le cose stavano in un certo modo… Dunque non capisco né gli attacchi né le ironie. Sui sottosegretari, poi, sono disposto a discutere con chiunque. Dovrei buttare fuori dal governo De Filippo per delle spese in francobolli? Qui si pone davvero un problema di civiltà… Mi pare surreale. E più surreale ancora, mi permetta di dirlo, è che al coro si sia aggiunto Pippo Civati, che ha fatto le primarie contro di me precisamente nella condizione di indagato in cui sono De Filippo e alcuni altri».
Se c’è da combattere, Matteo Renzi – come al solito – non si tira indietro: e come al solito, non fa sconti a nessuno. Si pigli la vicenda di Siracusa, e le ironie e le polemiche per la canzoncina dedicatagli dagli alunni della scuola «Raiti». Il premier è furioso sul serio: «C’è qualcuno che pensa che abbia chiesto io ai dirigenti della scuola di far cantare quelle strofe? Oppure che avessi dovuto fermarli e rimproverarli? È una polemica letteralmente ridicola, idiota. E dovrebbe far riflettere, piuttosto, la reazione stizzita di Beppe Grillo. Io che vado nelle scuole – e non a Roma o a Milano, ma a Treviso e Siracusa – smonto il paradigma accusatorio che ha fatto le fortune del leader 5 Stelle: e cioè, la casta che se ne sta rinchiusa nel Palazzo mentre lui sta in mezzo alla gente. Ma invece di riflettere su questo, si montano polveroni e polemiche inutili contro di me».
Non gli si può dire «caro presidente, chi la fa l’aspetti» perché la linea telefonica è tanto disturbata da render quasi impossibile dialogare. Ma è proprio così: arrivato al governo avendo attaccato tutto e tutti, e dopo aver spianato qualunque ostacolo incontrato sulla strada tra Palazzo Vecchio e Palazzo Chigi, Matteo Renzi non può certo attendersi che vi sia qualcuno disposto a porgere l’altra guancia. Fa mostra, però, di sorpresa e non di preoccupazione: «Le cose vanno bene – dice -. Nessun imprevisto in queste due prime settimane; sta andando né meglio né peggio di come m’aspettavo. Va come prevedevo, insomma, e col Consiglio dei ministri di mercoledì comincerete a vedere i risultati».
Sarà, naturalmente, come dice lui: per ora, intanto, quel che si vede non è che sia proprio un gran film. Si pensi al percorso di guerra in cui è entrata la riforma della legge elettorale. Ma Renzi – cocciuto – dice che le cose non stanno così: «Alla Camera abbiamo avuto molti voti su questioni difficili, come le soglie: e sono andati bene perché la maggioranza ha tenuto. Poi, certo, ci sono stati un po’ di franchi tiratori, ma non devo esser io a spiegare che il Parlamento funziona così… Vedo che c’è molta discussione, e lo capisco, sul fatto che la legge elettorale varrà solo per la Camera e non per il Senato: ma stamane (ieri per chi legge, ndr) ho riunito la segreteria del Pd e mi hanno ricordato che già in una riunione con i gruppi parlamentari, a dicembre, avvertii che si sarebbe potuta creare una situazione così… Insomma, non sono preoccupato: avevo promesso una nuova legge elettorale in tempi veloci e così sarà».
Tutto bene, insomma, dalle parti di Matteo Renzi: se si esclude un certo, crescente fastidio per le critiche che gli piovono addosso. Ma piuttosto che preoccuparsi di quelle, il più giovane premier della storia repubblicana – che andrebbe forse accompagnato da maggior speranza e un po’ più d’ottimismo – farebbe bene a temere l’epitaffio che molti già vorrebbero scrivere per lui e per il suo governo: un fallimento di grande successo. Che, in fondo, potrebbe essere una sintesi niente male…