I due leader del Terzo polo fanno i conti con i risultati in Lombardia e Lazio. Le frizioni tra due personalità forti che puntano sul 2024 con il partito unico: vincere o sparire?
«Carlo» e «Matteo» insieme per forza, fino alle Europee. Perché sarà questo l’appuntamento chiave per capire se il Terzo polo avrà un futuro o si dissolverà. Dopo la pesante battuta d’arresto in Lazio e Lombardia — nel secondo caso il bacino elettorale era particolarmente adatto alla proposta centrista — le reazioni di Carlo Calenda e Matteo Renzi sono state divergenti. Il leader di Azione si aspettava un risultato ben diverso alle urne. E appreso che Letizia Moratti rimarrà addirittura fuori dal Consiglio regionale, così come nel Lazio (si sussurra per attriti interni ad Azione) il suo giovane pupillo Federico Petitti, non l’avrebbe presa bene. «L’assunto era che Moratti riuscisse a prendere i voti dei cittadini di destra insoddisfatti dalla gestione di Fontana: giudizio errato», dice prima. E poi: «Gli elettori decidono ma non hanno sempre ragione», ribatte Calenda su Twitter analizzando il risultato.
Di segno diverso, inusualmente più cauta, è invece la reazione di Renzi, che alla vigilia, seppur a taccuini chiusi, prevedeva risultati non esaltanti. «Ha vinto la destra, come tutti si aspettavano — analizza il leader di Italia viva —. A proposito di Terzo polo: il risultato è peggiore delle aspettative, ma è fisiologico per consultazioni come le elezioni regionali». Poi Renzi rinvia il redde rationem alle Europee con un partito unico sotto l’insegna macroniana di Renew Europe: «La nostra destinazione, una casa comune nel 2024».
Già, ma i due leader riusciranno davvero o costruire questo partito unico? Le idee politiche sono affini, ma le personalità ingombranti. Chi conosce bene sia Calenda sia Renzi, racconta che le scintille non mancano, ma che l’ex premier e il suo ex ministro, da un po’ di tempo, hanno trovato un equilibrio regolando in privato i conti in sospeso, con telefonate e messaggi schietti. Per le Europee si voterà tra poco più di un anno, orizzonte che, secondo le previsioni del tandem Calenda-Renzi, offrirà un campo politico ben diverso da quello attuale. Ma i due «amici per forza» (a proposito: chi sarà il leader di questo partito unico?) sanno anche bene che nella corsa a Bruxelles si giocheranno l’osso del collo: c’è un proporzionale puro e ogni partito pesa per quello che è. C’è lo sbarramento (al 4%), e le alleanze non contano.