Fonte: La Stampa
di Fabio Martini
Il premier in tv s’intesta la vittoria contro Emiliano e M5s
Era la prova generale per il referendum istituzionale d’autunno, Renzi teneva moltissimo a vincerla e infatti un quarto d’ora dopo la chiusura delle urne, il presidente del Consiglio si è presentato nella sala stampa di Palazzo Chigi con una piccola sorpresa: lui grande affabulatore, ha appoggiato sul podio un foglietto di appunti, dal quale ha attinto spesso con lo sguardo, per non dimenticare nulla delle cose che ci teneva di dire a caldo, con i televisori di tanti italiani accesi. Primo messaggio: «L’Italia ha parlato: questo referendum è stato respinto. E’ un risultato netto, chiaro, superiore alle aspettative di tutti gli opinionisti». Ma il pensiero costante va a chi lo ha sfidato: «Il messaggio di questo referendum è che non paga essere demagogici», «è triste l’esibizione di chi perde e dice aver vinto», «ha perso chi ha voluto la conta a tutti costi».
Renzi non lo nomina mai ma il suo pensiero fisso è al governatore della Puglia Michele Emiliano, promotore del referendum ma anche, nella lettura inconfessabile che fanno a Palazzo Chigi, anche di altre iniziative contro il governo. Il resto della breve dichiarazione resa dal presidente del Consiglio alle 23,15 è meno puntuta: «Sto dove si rischia anche un solo posto lavoro», «ha vinto chi lavora nelle piattaforme», «in politica bisogna saper perdere. Ci sono vincitori e degli sconfitti. Il governo non si annovera tra la categoria dei vincitori ma sta con operai e ingegneri che domani torneranno nei loro posti di lavori consapevoli di avere un futuro e non un passato».
Soddisfatto per la missione compiuta, Renzi è stato attento a non stravincere. Anche perché, a dispetto delle dichiarazioni, a Palazzo Chigi pesano quei 14 milioni di italiani che sono andati a votare, in qualche modo disattendendo le indicazioni del presidente del Consiglio. Questo significa che nel decisivo referendum istituzionale di ottobre, Renzi avrà comunque contro tutti quegli elettori e dunque per vincere, dovrà a sua volta, convincere, mobilitare e andare a far votare un numero maggiore di italiani? Sicuramente Renzi ha vissuto il referendum sulle trivelle come una prova generale in vista della consultazione referendaria di autunno. Ha condotto le danze con la consueta abilità: due mesi fa ha deciso di mettere il cappello sulla vittoria più facile, quella del fallimento del referendum, dopodiché ha tenuto bassissimo il volume: delle trivelle ha parlato soltanto tre volte nell’ultima settimana. Abile Renzi, anche perché nel mettere il silenziatore, ha scommesso su un analogo atteggiamento da parte di tutti i suoi oppositori (Cinque Stelle, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Sinistra italiana, sinistra Pd) che infatti sulle trivelle si sono tenuti “bassi”, hanno fatto il “minimo sindacale”, nel timore di dover mettere la faccia su una sconfitta. Indirettamente anche l’atteggiamento defilato del Capo dello Stato ha contribuito a “decongestionare” la consultazione: Sergio Mattarella, in controtendenza con quasi tutti i predecessori, è andato a votare nel seggio vicino alla propria abitazione palermitana in serata, alle 20,40.
E quanto a Renzi ha potuto assaporare il suo successo dopo una giornata piena di tante cose (a Pontassieve in mattinata prima la messa, poi a prendere il figlio Francesco, poi il jogging, nel pomeriggio a Roma la preparazione dell’imminente discorso parlamentare sulla sfiducia), mentre per quanto riguarda il referendum, la tensione è durata poco. Nelle prime ore del mattino qualche contatto con il Viminale, per conoscere in diretta e con un po’ di anticipo le percentuali della affluenza. E alle 12,10, quando si è consolidata la prima percentuale di partecipazione, l’ 8,4%, due rapidi calcoli hanno consentito di capire a Renzi che il 50 per cento non sarebbe mai stato superato: «E’ fatta».