POLITICA
Fonte: La StampaMalumori nei partiti, tempi più lunghi per i sottosegretari
Rivendicazioni regionali, compensazioni tra varie anime del Pd, mal di pancia dei senatori Ncd i cui voti valgono come l’oro. Quindi si dilatano i tempi per viceministri e sottosegretari, ma al massimo domani il Consiglio dei ministri nominerà la squadra che consentirà a Renzi di cominciare a lavorare a pieno ritmo.
Il premier non vuole superare quota 50, come in molti gli consigliavano anche tra i suoi più stretti collaboratori: le commissioni parlamentari da seguire sono tante e se si vuole marciare speditamente occorre tenere una marcatura molto stretta. Renzi però vuole un numero contenuto di viceministri e sottosegretari, uno in meno di quello del governo Letta. Dovrebbero essere dunque 46 in tutto, ma dovranno essere figure di esperienza a sostegno di ministri alle prime armi. Così a Palazzo Chigi un ruolo chiave è sempre stato quello del sottosegretario ai servizi segreti. In corsa sembrava ci fosse anche il renziano trentenne Luca Lotti, ma più facilmente si tornerà all’usato sicuro, cioè a Marco Minniti, ormai un decano all’intelligence.
Un’altra poltrona molto importante a Palazzo Chigi è quella del responsabile del Dipartimento economico, perché sarà quella la cabina di regia delle politiche del nuovo governo. Lì dovrebbe andare Yoram Gutgeld, storico consigliere economico del premier. Per restare sul terreno in cui Renzi si gioca tutto, si pensa di portare a quattro i collaboratori diretti di Pier Carlo Padoan (Casero, Baretta, Giorgietti, Morando, anche se le quotazione di quest’ultimo sono in calo). All’Economia potrebbe approdare Bruno Tabacci, ma l’esponente del Centro Democratico aspira a fare il viceministro e allora è più facile che vada allo Sviluppo economico. In questo dicastero dovrebbero rimanere il tecnico Claudio De Vincenti e Simona Vicari (Ncd). A proposito del Nuovo Centrodestra, oltre a Casero, potrebbe ottenere un secondo viceministro: se la stanno giocando Enrico Costa alla Giustizia e Giuseppe Castiglione all’Agricoltura.
La parte del leone tocca al Pd: tra viceministri e sottosegretari ne avrà 25 divisi tra renziani, sinistra interna, bersaniani, dalemiani e Area Dem, quella che tradizionalmente fa capo a Veltroni, il quale per la verità se ne sta molto alla larga delle questioni di governo. I Popolari per l’Italia avrebbero diritto a un viceministro dopo che Mario Mauro ha perso la guida della Difesa. L’attuale sottosegretario agli Esteri Mario Giro è in predicato per questa carica agli Esteri (dove Lapo Pistelli viene confermato viceministro). Dei Popolari per l’Italia potrebbe entrare nel governo, al Lavoro o all’Istruzione, l’ex presidente delle Acli Andrea Olivero. Oppure lo stesso Mario Mauro, ovviamente non più come ministro ma in un ruolo centrale rispetto all’Europa. Allora si parla della delega presso la presidenza del Consiglio degli Affari europei (ma qui ha la concorrenza del renziano Sandro Gozi) o della coesione territoriale, un posto nevralgico da dove si gestisce il fiume di miliardi dei fondi europei. Un posto talmente importante (è girato anche il nome di Emanuele Fiano, area Dem) e che difficilmente il premier non terrà sotto il suo diretto controllo. Nella pancia della presidenza del Consiglio sono rimaste alcune deleghe che prima facevano capo a un ministero e che verranno assegnate ad altri renziani come Lotti, Righetti e Rughetti. E non si esclude un rientro della Kyenge, sempre con la delega all’integrazione. Si apre una porta anche al socialista Nencini che potrebbe affiancare Franceschini alla Cultura. Per questa carica si fa pure il nome di Antonello Giacomelli, uno dei fedelissimi di Dario. Ai rapporti con il Parlamento per dare una mano all’inesperta Boschi potrebbe arrivare il Pd Bressa o tornare D’Andrea.