22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Bucchi

Negli Stati Uniti c’è già chi investe sulla tecnologia per portare oltre i cento anni la possibilità di vivere in buone condizioni


Qualche mese fa, l’imprenditore statunitense Elon Musk ha illustrato i progressi di un nuovo ambizioso progetto che si affianca alle sue già note attività nel campo dei veicoli elettrici (Tesla) e dell’esplorazione spaziale (SpaceX). La nuova azienda, co-fondata da Musk nel 2016 con un investimento iniziale di circa cento milioni di dollari, si chiama Neuralink e si occupa di neurotecnologie. L’obiettivo centrale è connettere direttamente il cervello umano a dispositivi come computer o smartphone. L’idea è di poter offrire soluzioni a pazienti con problemi neurologici o paralisi, ma in prospettiva anche di sviluppare le nostre facoltà cognitive grazie all’intelligenza artificiale. Per fare questo, Neuralink sta sviluppando un sistema di minuscoli elettrodi collegati al cervello in grado di inviare segnali a un microchip, oltre a un «robot neurochirurgo» per rendere l’innesto meno invasivo. Negli ultimi giorni, alcune testate internazionali hanno documentato la rapida crescita dello staff dell’azienda.
Oltre alle sfide che pone sul piano tecnologico e su quello etico, il nuovo progetto di Musk è indicativo di una tendenza più generale. Una delle nuove frontiere del mondo della tecnologia (negli Stati Uniti, ma non solo) è infatti lo sviluppo di soluzioni in campo biomedico rivolte soprattutto alla fascia di popolazione con maggiore capacità di spesa. La crescita significativa dell’aspettativa di vita nell’ultimo secolo (dai 54 anni nel 1920 agli attuali 78 anni negli Stati Uniti) e il progressivo invecchiamento della popolazione offrono, per questi imprenditori, enormi spazi per la tecnologia e per il business. «Una delle maggiori opportunità di investimento nei prossimi anni saranno le aziende che lavorano per posticipare la morte» scrive il rapporto, che stima un mercato da 600 miliardi di dollari da qui al 2025. Già nel 2013 Google aveva lanciato Calico (California Life Company), un’azienda da 1,5 miliardi di dollari con l’obiettivo, nientemeno, di «risolvere la morte», un annuncio che valse subito all’azienda una copertina sulla rivista Time (oggi il sito ufficiale parla più prudentemente di «interventi per vivere più sani e più a lungo»).
Ma se quelle di Musk e Google sono visioni per il prossimo futuro, c’è chi in questo campo è già attivo da decenni, seppur con un taglio diverso. Come la Alcor Life Extension Foundation, con sede a Scottsville, Arizona, dove sono già conservati quasi duecento corpi, a cominciare dallo psicologo James Bedford, primo essere umano ad essere stato sottoposto a criopreservazione nel 1967. Oggi la Alcor ha un migliaio di «soci» in tutto il mondo. Non promette loro la vita eterna, ma l’accurata conservazione «in attesa di riportarli in vita in un mondo in cui si possa controllare il processo di invecchiamento». Diventare soci della Alcor al momento costa circa duecentomila dollari, abitualmente pagati attraverso una polizza vita che il socio intesta alla stessa fondazione.
Questi progetti potrebbero contribuire a ridefinire la ricerca biomedica e lo stesso concetto di salute. Così come non era immaginabile, fino a qualche decennio fa, che un privato potesse avere un ruolo significativo nell’esplorazione spaziale, così fino al recente passato sarebbe stato difficile concepire e sostenere un progetto come quello di Neuralink. La combinazione di potenza finanziaria e tecnologica, cambiamento demografico, disponibilità di spesa e crescenti aspettative di benessere da parte di specifici settori della società non ha precedenti.
Le potenziali controindicazioni sono vaste tanto quanto le opportunità: sperimentazioni affrettate e una non compiuta valutazione dei rischi, esclusione di ampie fasce di popolazione meno abbienti, creazione di aspettative illusorie, focalizzazione su risultati di breve termine anziché su progetti di ampio respiro. Si tratta in ogni caso di un fenomeno che politica, economia e società dovranno attrezzarsi rapidamente ad affrontare, per evitare di farsi trovare ancora una volta impreparate di fronte al cambiamento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *