Fonte: La 27esima Ora
di Maurizia Iachino e Alessia Mosca
Anche nella drammatica esperienza del Coronavirus, abbiamo capito che ogni aspetto della nostra vita ha accenti diversi per uomini e donne: per questa ragione le decisioni politiche devono essere prese sempre con una speciale attenzione a queste differenze, pena l’acuirsi di disparità già esistenti nella nostra società.
E’ tipico che quando si prendono decisioni in emergenza si rafforzino schemi consolidati, ed è proprio per questo che oggi è necessario porre doppia attenzione perché tutti i temi e tutte le azioni siano decisi tenendo conto dell’ottica di genere, proprio perché fino ad ora colpevolmente non è stato cosi. Questa è la ragione per cui è indispensabile che in tutte le task force di gestione della crisi e della ricostruzione, nella fase di ritorno a una “nuova normalità”, siano presenti in modo significativo le donne, non per una ideologica presa di posizione. Questa la ragione per cui abbiamo anche noi aderito, come Fuori Quota, all’appello che sta raccogliendo tante adesione attraverso la 27esima ora.
Riteniamo che questa presenza abbia valore ultimativo se da subito accompagnata da una agenda molto chiara, con la definizione di azioni concrete e priorità condivise con le donne, concentrata prioritariamente sul cercare di ridurre al minimo i rischi di inasprimento delle disparità di genere. Questo è ciò che ci ha insegnato l’esperienza della legge 120/2011 sulle quote nei consigli di amministrazione, che ha certamente raggiunto l’obiettivo immediato di migliorare la qualità della governance, ma che non ha profondamente modificato le scelte organizzative aziendali perché non ne è conseguita con una maggiore apertura di opportunità di riequilibrio dei ruoli nella società. Fuori Quota riunisce donne consigliere di amministrazione o in posizioni apicali e di influenza nei settori più disparati. In questi anni abbiamo lavorato sia perché i risultati ottenuti con la legge Golfo-Mosca venissero valorizzati ed anche per dare più forza all’apporto delle donne nei CDA. Ad esempio tra le varie iniziative concrete abbiamo lavorato a un modello di policy di genere che possa essere adottato dalle imprese nell’ambito della rendicontazione non finanziaria.
In generale riteniamo che qualsiasi azione in questo ambito si debba basare su una analisi di impatto di genere – una pratica che a livello europeo sta diventando sempre più diffusa e che aiuta a prendere decisioni, mirare gli investimenti e spendere le risorse in modo efficace.
Per questo, con una indagine condotta tra le 200 donne della rete della nostra associazione, abbiamo individuato gli ambiti su cui riteniamo sia prioritario impegnarsi, che ci ha fornito già alcune indicazioni molto interessanti. Sappiamo bene che siano noi in prima persona ad avere la prima responsabilità di contribuire a modificare nei nostri ambiti di competenza, e per questo stiamo facendo lo sforzo e mettere in circolazione azioni da subito praticabili per sensibilizzare tutta la nostra comunità ad assumerle. Pensiamo ad esempio alle iniziative che potranno essere adottate affinché l’esperienza forzata dello smart-working si traduca in buona prassi anche nel medio lungo periodo: su questo punto, non è necessario attendere decisioni del governo per creare un cambiamento virtuoso, ciascuno può gia agire nella propria realtà. Affinché lo smart-working non si traduca in una ghettizzazione per le donne, ma una occasione di miglioramento per tutta la nostra società e di efficientamento delle risorse per le aziende, esso deve diventare prassi comune per tutti i lavoratori (questa esperienza drammatica ci ha fatto comprendere che tutti i lavoratori, uomini e donne, laddove sia applicabile, possono usufruirne). E’ necessario per questo che venga incoraggiato in modo trasversale e non sia usato solo come strumento per facilitare la conciliazione, perché in quel caso diventerebbe davvero una grande penalizzazione per le sole donne.
Abbiamo bisogno di strumenti di condivisione ossia di intervenire per includere maggiormente gli uomini in una gestione più paritaria delle responsabilità. E la flessibilità che lo smart-working comporta lo può consentire. Specie se lo smart-working viene positivamente utilizzato: 1) per ridurre le trasferte; 2) per lavorare per obiettivi lasciando libertà di quando e come portare a termine i compiti; 3) per migliorare nella condivisione delle informazioni all’interno delle società; 4) per rendere le riunioni più efficaci perché meglio preparate, meglio organizzate nei tempi e più brevi, 5) per godere di una leadership più inclusiva.
Ci sono poi questioni che non possono che essere decise dai livelli istituzionali preposti, siano essi i livelli locali, ragionali, nazionali o sovranazionali. A livello nazionale, sarà importante garantire che l’accesso ai finanziamenti, normalmente punto di grave diseguaglianza tra uomini e donne, sia reso facile per tutti, per evitare che ci si ritrovi, a cose fatte, a constatare un ulteriore divario di genere.
Una menzione particolare riguarda la gestione del sistema scolastico: l’home schooling, che ha consentito di gestire l’emergenza, ha certamente bisogno di essere potenziato, se si protrarrà e se malauguratamente si verificheranno anche in futuro situazioni come quella che stiamo vivendo. Tuttavia, anche in questo ambito, bisogna stare molto attenti a non creare una disparità nella disparità: le donne sono assorbite più degli uomini nel seguire i figli nelle attività scolastiche anche da remoto, attività che sono tutt’altro che omogenee a causa delle differenze tra le scuole e senza poter contare sul supporto, così indispensabile nel nostro Paese, dei nonni: un quadro complessivo che non fa che ridurre le possibilità di lavoro e carriera per le donne. Per questo, intanto pensiamo che sia da riconsiderare la decisione di chiudere l’anno scolastico seguendo il calendario normale, come se nulla fosse successo, e invece immaginare di poter proseguire almeno per alcune settimane la programmazione, anche in modalità differenti, dando ai ragazzi e agli insegnanti la possibilità di non perdere troppo del programma.
Allo stesso tempo, dovrebbero essere immaginati congedi di paternità e maternità aggiuntivi, obbligatori e divisi equamente per consentire alle famiglie di seguire i figli per un periodo prolungato non potendo ovviamente contare neppure su strutture di aggregazione sociale, in sostituzione del bonus baby-sitter universale, da destinare invece solo alle famiglie davvero in difficoltà economiche.
Su questi e altri settori, stiamo predisponendo un documento sintetico, ma completo come proposta costruttiva che faremo pervenire a tutte le istituzioni, da quelle locali a quelle europee. Mai come in questo momento c’è bisogno di responsabilità e intelligenza collettiva. Noi vogliamo dare il nostro contributo in questo modo. Usciremo da questa emergenza se ci rendiamo tutti uguali nella capacità di reazione, uomini e donne, senza implicitamente ritenerle sostitutive di un supporto sociale universale ed efficiente.