22 Novembre 2024

Informativa in Cdm: rigassificatori galleggianti per portare la dipendenza da Mosca al 10%. Riduzione delle temperature e spegnimento anticipato dei termosifoni dal 1° ottobre. Nessuna stretta su imprese e scuola

Nessuna misura drastica anche nel caso in cui dovesse materializzarsi lo scenario più fosco con la chiusura completa dei rubinetti del gas russo. Anche perché la dipendenza da Mosca è scesa in 6 mesi dal 40% (i 29 miliardi di metri cubi che importavamo ancora nel 2021) all’attuale 18 per cento. E potrebbe scendere ancora, fino al 10%, con i due rigassificatori galleggianti acquistati da Snam e destinati a Piombino e Ravenna. Tradotto: non ci saranno, quindi, razionamenti su larga scala per le imprese come paventato oltreconfine (leggi Francia). Né le lancette verranno rimandate indietro con i dipendenti pubblici rispediti di nuovo in smart working o con la riattivazione della didattica a distanza (la famosa Dad) o delle settimane corte nelle scuole per tagliare i consumi energetici. Anche perché la posizione del governo è chiara. «Nessun ritorno al passato».

Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, conferma la linea della prudenza e ieri, in Consiglio dei ministri, ha presentato il pacchetto di interventi al centro del piano di risparmio gas per il settore civile, abitativo, residenziale, sia pubblico sia privato, che ricalca lo studio presentato a luglio dall’Enea e nel quale è prevista innanzitutto una minima riduzione delle temperature del riscaldamento (da 20 a 19 gradi negli uffici e nelle case con lo spegnimento dei termosifoni un’ora prima e con un maggiore sforzo nelle aree climatiche meno rigide), da veicolare attraverso una campagna di comunicazione ad hoc e che dovrebbe scattare da ottobre con un decreto ministeriale pronto a stretto giro.

Misure particolarmente soft, dunque, la cui efficacia, soprattutto nelle case, dipenderà, e non poco, dal buonsenso di ciascuno. Lo stesso che dovrebbe assicurare «l’utilizzo ottimizzato dell’energia», per dirla con le parole usate ieri da Cingolani in Consiglio, su cui dovrà agire, come detto, la campagna informativa che il ministero è pronto a lanciare a breve. Ma una buona parte di quei 3-6 miliardi di metri cubi l’anno di gas, che il ministro punta a risparmiare, arriverà anche dall’utilizzo di combustibili alternativi per limitati periodi. Che, detto in altri termini, vuol dire far pompare al massimo, come già annunciato, le centrali a carbone per un tempo limitato (al massimo 2 anni).

Fin qui i tagli per raggiungere quei 4 miliardi di metri cubi in meno di gas fino a fine marzo che servono all’Italia per centrare il target chiesto da Bruxelles. Dove, entro metà ottobre, sono attesi i singoli piani con cui gli Stati dovranno ridurre su base volontaria i consumi energetici per consentire all’Europa di rinunciare a 45 miliardi di metri cubi di gas nei prossimi sette mesi. Ma è chiaro che la spinta principale, per far sì che il sistema regga senza particolari scossoni anche nel caso di un totale black out russo, dovrà essere assicurata dalle forniture alternative, che Cingolani rimetterà in fila nel piano, nonché dallo sprint sugli stoccaggi (che ora sono all’82,3%) e sui due nuovi rigassificatori galleggianti per i quali il ministro immagina una tabella di marcia ultra veloce che non contempla tentennamenti. Il riferimento è soprattutto all’impianto di Piombino, senza il quale, è l’alert ribadito ieri da Cingolani, «si rischia concretamente di andare in emergenza nel marzo 2023».

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Un rischio di cui il ministro – che sta ultimando anche i due decreti per assicurare gas (circa 2 miliardi di metri cubi) ed elettricità (circa 18 terawattora) a prezzi calmierati a energivori e gasivori – non vuole sentir parlare. Come non vuole sentire parlare di razionamenti alle imprese. La strada, solo se necessario, sarà semmai quella dell’interrompibilità già prevista per le emergenze. Mentre altre opzioni – interruzioni o rinvii limitati della produzione, come pure rimodulazioni delle manutenzioni -, comunque tutte su base volontaria e a fronte di un corrispettivo sono oggetto di confronto.

Poi, accanto al piano, ci sono gli altri due fronti. Il primo è quello del nuovo decreto- che potrebbe arrivare la prossima settimana in Cdm ma il condizionale è d’obbligo – su cui governo e tecnici sono al lavoro per cercare la quadra soprattutto sulle risorse. Dopo che, nei prossimi giorni, saranno chiari i numeri sia sul fronte dell’extra gettito fiscale sia su quello degli extra profitti delle aziende energetiche, per le quali, se ancora inadempienti sull’acconto, da ieri scattava la tagliola delle sanzioni rafforzate. L’altro è quello che rimanda all’Europa e al primo test, il Consiglio straordinario dei ministri Ue dell’Energia in agenda il 9 settembre, dove proprio Cingolani dovrà misurare se sul tetto europeo al prezzo del gas l’Italia potrà contare ora su qualche alleato in più.

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