21 Novembre 2024
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Secondo il rapporto l’Italia è spaccata in due sulla Tari: 92 euro in più al Sud. I nodi: la gestione frammentata e il deficit impiantistico

Per raccontare il gap che spacca in due l’Italia nella gestione dei rifiuti, basterebbe un dato: i 92 euro di differenza tra la spesa per il servizio (la Tari o tassa sui rifiuti) versata al Sud da una famiglia di 3 persone per una casa di 100 metri quadri (368,7 euro per utenza) e il corrispettivo pagato al Nord da un nucleo con le stesse caratteristiche (277 euro). Colpa di una gestione ancora troppo frammentata e di un forte deficit impiantistico, soprattutto al Sud. Senza contare che, per allinearsi ai target Ue (che impongono l’avvio a riciclo entro il 2025 di almeno il 55% dei rifiuti urbani e lo smaltimento in discarica fino a un massimo del 10% entro il 2035), mancano all’appello, al netto degli interventi finanziati dal Pnrr, tra i 6 e i 7 miliardi di euro.

Il Green Book 2023
È questa la fotografia scattata dal Green Book 2023, il rapporto annuale sul settore dei rifiuti urbani, promosso da Utilitalia e curato dalla Fondazione Utilitatis, che sarà presentato domani a Roma e che quest’anno è stato realizzato in collaborazione con Ispra e con la partecipazione di Enea ed Ancitel Energia e Ambiente.

Quanto vale il comparto
Il check mette in fila innanzitutto i numeri del comparto che, nel 2021, ha fatto registrare quasi 13,5 miliardi di euro di fatturato (lo 0,8% del Pil nazionale), con più di 97mila addetti diretti (lo 0,39% del totale degli occupati in Italia e l’1,67% di quelli del settore industriale). Numeri rilevanti, dunque, per un comparto chiamato ora a un grande sforzo per centrare gli obiettivi comunitari in modo da aumentare la percentuale di riutilizzo e riciclo (al 48%) e ridurre quella dello smaltimento in discarica che oggi vale il 19% dei rifiuti.

I nodi della gestione
Per vincere la sfida, stima la federazione che riunisce le aziende speciali attive nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’elettricità e del gas e che è presieduta da Filippo Brandolini, il fabbisogno impiantistico al 2035 è stimato in 4-5 miliardi di euro per il trattamento della frazione organica e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili, ai quali vanno poi sommati 1,2 miliardi di euro per l’incremento della raccolta differenziata, 600 milioni di euro per mettere a regime le strutture dedicate al fabbisogno residuale di discarica del 10% e altri 300 milioni per l’implementazione della tariffa puntuale.

Brandolini: mancano 6-7 miliardi per allinearsi ai target Ue
«Nel complesso – spiega Brandolini al Sole 24 Ore – parliamo di un fabbisogno di 6-7 miliardi euro, ovvero tra 0,5 e 0,6 miliardi di euro l’anno. Il Green Book evidenzia l’importanza di una gestione industriale dell’intero ciclo dei rifiuti, la necessità di realizzare impianti soprattutto al Centro-Sud e l’urgenza di superare le frammentazioni gestionali». Per non dire, ricorda il rapporto curato dalla Fondazione presieduta da Stefano Pareglio, dell’urgenza di risolvere la forte discontinuità temporale nella conduzione del servizio visto che l’85% delle gare per l’affidamento dura oggi 5 anni o meno. Con l’effetto di cambi troppo repentini di gestione.

Utility in prima linea sugli impianti innovativi
L’elenco delle criticità, quindi, è lungo. Ma un assist importante dovrebbe arrivare dal Recovery che punta a imprimere uno sprint anche alla realizzazione di impianti per il recupero di frazioni spesso difficilmente separate dai cittadini. «Le aziende associate a Utilitalia, grazie anche ai fondi del Pnrr – dice Brandolini -, sono adesso impegnate a realizzare impianti innovativi in filiere strategiche come la frazione organica, i Raee (i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) e i tessili».

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