21 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

ANSA - La Stampa

di Renato Benedetto

Rappresentano i territori e non più la Nazione. Sono consiglieri regionali e sindaci. Niente compensi aggiuntivi, resta lo scudo giudiziario. I membri a vita già nominati rimangono in carica e gli ex capi dello Stato hanno il seggio di diritto


La scheda
All’elettore, alle Politiche, sarà consegnata una sola scheda: si voterà soltanto per la Camera dei deputati — se passa la riforma — e non per il Senato. A Palazzo Madama siederanno invece consiglieri regionali e sindaci, oltre a cinque senatori, in carica per sette anni, scelti dal capo dello Stato. E vi siederanno comodi: l’Aula sarà vuota per più dei due terzi. I membri di Palazzo Madama, nella legge Renzi-Boschi sottoposta al voto del 4 dicembre, passano da 315 a 100.

Rappresentanti dei territori
Si chiamerà sempre «Senato della Repubblica», anche nella Carta riformata. Nella prima bozza del testo era «Senato delle Autonomie», dizione perduta nei passaggi parlamentari. Ma il senso è rimasto quello: la seconda Camera non rappresenta più la Nazione — prerogativa dei deputati — ma le istituzioni territoriali.

Elezione, tassello mancante
i vedrà. La riforma rimanda a una legge ordinaria, per la modalità di elezione del Senato, ancora da scrivere. Nella prima versione del testo, la possibilità che i cittadini si pronunziassero non era prevista. È entrata dopo, per superare divisioni in Parlamento. E rischia di creare, quando si apriranno i lavori per questa legge elettorale, nuove divisioni. Saranno i più votati a ricoprire il doppio ruolo di consigliere-senatore? Ci saranno le preferenze, un listino? Certo è che senatori eletti direttamente dai cittadini alle Regionali — come nella proposta del pd Vannino Chiti, citata dal premier Matteo Renzi, che prevede alle elezioni per il consiglio una scheda per il Senato — avrebbero legittimazione (e autorevolezza) diversa rispetto a senatori eletti dai consiglieri in listini bloccati.

Le nomine del Colle
Ai rappresentanti dei territori, nel Palazzo ridisegnato dalla riforma Renzi-Boschi, si aggiungono cinque senatori «che possono essere nominati dal presidente della Repubblica» per «altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Non sono senatori a vita, come quelli previsti oggi dalla Carta: restano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati.

Indennità no, immunità sì
Siano consiglieri, sindaci o nominati dal Colle, i nuovi senatori non avranno compensi aggiuntivi oltre a quelli che già percepiscono dalla Regione o dal Comune. Oggi l’indennità base, per un senatore, è di 10.385 euro lordi al mese, escluse diaria e rimborsi per l’attività politica (voci sulle quali la riforma non dice come si comporterà il Palazzo). È prevista, invece, l’immunità parlamentare: per intercettazioni o arresti, la magistratura dovrà ottenere il via libera dell’Aula.

Ex presidenti, diritto a vita
Si aggiungono ai «cento» — nel nuovo Palazzo — gli ex presidenti della Repubblica: dopo il mandato al Quirinale, saranno di diritto senatori a vita, come previsto oggi dalla Carta. E percepiranno, come adesso, l’indennità: le loro prerogative non cambiano. In via transitoria rimarranno in carica gli attuali senatori a vita, anche loro manterranno il compenso attuale. I parlamentari a vita scelti dal capo dello Stato (sono quattro: Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia) e quelli nominati per sette anni non possono essere, nel complesso, più di cinque. Quindi, se oggi fosse in vigore la riforma, Mattarella potrebbe nominarne solo uno. Poi, al termine del mandato al Colle, potrebbe essere il senatore numero 101.

Rinnovi graduali
Oggi il ruolo di consigliere o di sindaco è incompatibile con il mandato da senatore. Con la riforma il doppio ruolo diverrà, per i 95, condizione necessaria: la durata del mandato a Palazzo Madama coincide, per i nuovi senatori, con quella dell’assemblea regionale che li ha eletti. Il rinnovo del Senato, dunque, sarà graduale: la seconda Camera non sarà sciolta e rieletta in un’unica soluzione; man mano che le Regioni andranno al voto, i suoi membri saranno sostituti.

Che accadrà il 5 dicembre?
Il 5 dicembre, anche in caso di vittoria del Sì, gli attuali senatori resteranno in carica. Fino allo scioglimento delle Camere. La riforma entrerebbe in vigore dalla prossima legislatura. Con quali tempi? Dopo l’elezione della Camera, entro dieci giorni dalla prima riunione dei deputati, si dovrà costituire anche il Senato. In attesa della legge sopra citata, saranno le assemblee regionali a scegliere chi mandare a Palazzo Madama, con metodo proporzionale. L’unica volta in cui il Senato sarà eletto in un’unica soluzione.

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