20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Leonardo Comegna


Addio a Quota 100
Una cosa è sicura. Con l’ennesima riforma delle pensioni che partirà il primo gennaio 2022 non si potrà più andare in pensione con “quota 100”, ossia a 62 anni di età dopo aver maturato almeno 38 anni di contributi. La misura, introdotta nel 2019, si esaurirà alla sua scadenza naturale fissata alla fine del 2021 e non sarà rinnovata. È quanto è emerso nell’ultimo incontro Governo sindacati. L’impegno comune è quello di mettere appunto un meccanismo che eviti lo scalone tanto temuto per l’uscita, che sarebbe di ben cinque anni. Considerando che per andare in pensione di vecchiaia bisogna raggiungere i 67 anni di età mentre la quota 100 permette appunto di uscire a 62 anni.

Ipotesi quota 102
Al momento, la soluzione più probabile sarebbe una quota 102. In altre parole, si parla della possibilità di far subentrare alla quota 100, la possibilità di andare in pensione, dal 2022, a 64 anni di età e con 38 di contributi, raggiungendo appunto quota 102. Nella pratica si tratterebbe di un meccanismo simile a quello di Quota 100, con l’unica differenza dell’età anagrafica. Quota 102 infatti permetterebbe di andare in pensione con 38 anni di contributi, come nel caso di Quota 100, ma con un’età anagrafica più alta, pari a 64 anni e non più a 62. Un’altra differenza non da poco è data dal taglio dell’assegno, visto che la pensione anticipata con Quota 102 potrà avvenire solo accettando una sforbiciata compresa tra il 2,8% e il 3% del montante contributivo per ciascun anno necessario al raggiungimento dei requisiti di età previsti per la pensione di vecchiaia.

Opzione donna
Nel corso dell’incontro, il ministro del Lavoro Catalfo ha confermato la proroga ancora per tutto il 2021 di opzione donna, il meccanismo che permette alle donne lavoratrici sia dipendenti che autonome di andare in pensione prima a 58 e 59 anni, e dell’Ape social.

Ape social
La possibilità di andare in pensione a 63 anni a costo zero con l’Ape social potrebbe essere estesa anche ai cosiddetti lavoratori “fragili a rischio Covid”. Si tratta di coloro che pur non essendo invalidi al 74% soffrono di gravi patologie, come tumori o malattie cardio-vascolari. Non solo, l’ape social potrebbe essere estesa anche a disoccupati di lunga durata o a chi non ha diritto alla Naspi (l’indennità di disoccupazione). Inoltre, per l’ape social riferita ai lavorai gravosi, i sindacati vorrebbero la riduzione da 36 a 30 anni di contributi in modo da far rientrare molte categorie di lavoratori oggi esclusi, come, ad esempio, gli operi del settore edile.

Quota 41
Rispetto alla pensione anticipata dei lavoratori precoci, però, la nuova pensione quota 41 sarebbe estesa a tutti i lavoratori. Ad oggi, il trattamento può essere invece fruito soltanto da coloro che possiedono almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro accreditati prima de 19° anno di età (i famosi precoci) e che, per giunta, appartengono a una delle seguenti categorie tutelate: caregiver (coloro che assistono da almeno 6 mesi un familiare convivente, entro il 1°grado- in casi specifici anche entro il 2° grado, portatore di handicap grave), invalidi civili dal 74%, disoccupati di lungo corso, addetti ai lavori gravosi, usuranti e notturni.
Rispetto alla pensione di anzianità in regime di totalizzazione (ossia che può essere ottenuta sommando gratuitamente i versamenti accreditati presso casse diverse), la nuova pensione quota 41 non comporterebbe l’attesa di una finestra, per la liquidazione dell’assegno, pari a 21 mesi, né il ricalcolo del trattamento col sistema contributivo, solitamente penalizzante.
In buona sostanza, la nuova pensione quota 41 sarebbe aperta a tutti i lavoratori, a prescindere dalla categoria di appartenenza e non comporterebbe tagli o penalizzazioni dell’assegno mensile (sul punto vi sono comunque diversi pareri contrari), né ritardi nella sua liquidazione.
Mancano le risorse. L’estensione di Quota 41 incontra però dei problemi di non poco conto. Con particolare riferimento alla copertura, visto che già prima della nascita di Quota 100 si era stimato per questo meccanismo una spesa di 12 miliardi di euro già dal primo anno. Proprio in virtù di ciò si stanno esplorando altre strade per valutare la percorribilità delle stesse a fronte di costi più contenuti.

Altre ipotesi
Alle proposte del governo, quota 102, proroga opzione donna e ape social allargando la platea di beneficiari, i sindacati, si sono detti ottimisti sul lavoro da portare avanti. Si dichiarano aperti al confronto, mettendo sul tavolo ulteriori proposte, come la pensione contributiva di garanzia per i giovani (una sorta di integrazione al minimo non prevista nel sistema contributivo), pensioni ad hoc per le donne (impegnate sul fronte del lavoro e della casa) e la staffetta generazionale- Quest’ultima al fine di anticipare il pensionamento dei lavoratori, previo accordo sindacale, in cambio dell’assunzione di giovani.

Prossimi tavoli tecnici
Nell’attesa di capire su quali effettive novità si lavorerà, sono già in programma nuovi tavoli tecnici. Compreso quello che dovrà ristrutturare il sistema di rivalutazione degli assegni, reduce da nove anni di importi tagliati a colpi di manovre che hanno eroso sempre di più il potere di acquisto dei pensionati. Per saperne di più occorrerà aspettare il varo della Legge di Bilancio 2021 in programma per fine ottobre.

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