Dal tweet insensato di Marcello Degni, alle dichiarazioni di Roberto Calderoli, molto diverse da quelle rilasciate quando era all’opposizione
Era meglio un diluvio di emendamenti che paralizzasse il Parlamento? È ovvio che Marcello Degni, il magistrato della Corte dei Conti che ha postato quel tweet insensato contro la presunta arrendevolezza dell’opposizione sulla manovra di Giorgia Meloni («Occasione persa. C’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio. Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata e gli abbiamo invece fatto recitare Marinetti») l’ha fatta fuori dal vaso. Un magistrato ha diritto ad avere le proprie idee ma finché ha un ruolo pubblico, proprio come il generale Roberto Vannacci, può esprimerle in cabina elettorale. Lasciata la toga o la divisa, liberi tutti. Fino ad allora no.
Chiarito questo, resta un tema posto mesi fa da Roberto Calderoli, che chiese la collaborazione dell’opposizione spiegando che «la sinistra e Conte dovrebbero prendere atto che hanno perso le elezioni» quindi ben venga un confronto sulle riforme ma niente veti: «Se hanno maturato il lutto bene. Se no, se ne riparla tra 5 anni». Buon senso, si dirà. Così funziona nelle democrazie mature.
Peccato che, quando all’opposizione ci stava lui, si regolava in maniera diversa. Basti rileggere cosa disse il 30 luglio 2015 contro le riforme di Matteo Renzi: «Puntiamo a certificare nel Guinness dei primati il nuovo record di emendamenti presentati. Il precedente era della Bicamerale con 74 mila emendamenti». O il 7 agosto successivo: «Se il governo non dimostrerà buon senso e non rinuncerà alle sue usuali violenze nei confronti del Parlamento ho preparato, per l’esame dell’aula, 6,5 milioni di emendamenti per affossare la riforma, la legislatura e mandare finalmente a casa il Capitan Fracassa Renzi».
O due giorni dopo: «Mi sono attrezzato. Ho un programmino informatico che da un testo base è capace di ricavare decine di migliaia di varianti. Si cambia una parola, un articolo, un numero, e il giochino è fatto». Fino a sparare il 23 settembre 2015: «Ho consegnato oggi 82.730.460 emendamenti alla riforma Costituzionale, in esame dell’Aula del Senato della Repubblica: per salvare la democrazia di un Paese è consentito qualunque mezzo, quindi anche questo». Chissà cosa direbbe se usando le sue stesse parole anche altri, «per salvare la democrazia», facessero lo stesso scherzo a lui sulle amatissime autonomie differenziate…