22 Novembre 2024
POLITICA/RIFORME
Fonte: La Stampa
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Nessun accordo tra i gruppi dopo il compromesso del “dissidente” Chiti. Il Pd: compromessi i rapporti. Ma la maggioranza tiene sul voto segreto. Cadono 1.400 emendamenti. L’ira del M5S. Il premier: «Nessun ricatto»

ROMA

Trattativa fallita: la mediazione proposta dai dissidenti Pd per sgombrare i binari delle riforme dall’ostruzionismo, si infrange sul no di Sel. E l’Aula del Senato si trasforma in una trincea. È battaglia emendamento su emendamento, ci si sfida a colpi di regolamento e ci si scambia accuse pesanti. «Sel non si piega ai ricatti del governo», proclama Nichi Vendola. E il Pd, che assicura a sua volta di non voler cedere al «ricatto» dell’ostruzionismo, minaccia la fine dell’alleanza politica. M5S e Lega sono con Sel sulle barricate, mentre il presidente Pietro Grasso a fatica fa procedere le votazioni. Che si possa concludere entro l’8 agosto è ora molto più difficile: «Si va avanti, anche dopo», assicura il governo. E Matteo Renzi entra a gamba tesa sui senatori “frenatori”: «Perdono tempo per paura di perdere la poltrona». Poi, in serata, dice ai suoi: «Andiamo avanti determinati».

 

E sempre in serata si sfiora la rissa al Senato. Protagonisti dello scontro senatori del Pd e del M5s che si sono confrontati nei corridoi e nelle sale di Palazzo Madama prima di essere separati da altri colleghi e dai commessi. Già durante la seduta c’erano state forti tensioni per gli interventi dei senatori del M5s contro gli esponenti del Pd, tanto che il capogruppo Luigi Zanda aveva protestato con il presidente Pietro Grasso: «questa seduta è servita solo per farci insultare». All’uscita è stato preso di mira dai senatori grillini soprattutto il sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti, già oggetto di attacchi verbali in Aula. In sua difesa sono intervenuti alcuni senatori del Pd e ne è nato uno scontro verbale, che si è protratto nella sala Mazzini e nella sala Garibaldi, antistanti all’uscita dell’Aula. I toni di entrambe le parti sono via via cresciuti e quando i senatori dei due schieramenti sono arrivati ad avvicinarsi fisicamente, percorrendo il corridoio dei busti, si è sfiorata la rissa, evitata grazie all’intervento di altri parlamentari dei due stessi partiti e di alcuni commessi che si sono frapposti.

 

La mattinata inizia sotto buoni auspici. «Ieri siamo andati a dormire con un accordo fatto», racconta il sottosegretario Luciano Pizzetti. Al termine di una riunione con i “frondisti” della maggioranza e i partiti di opposizione, Vannino Chiti sembra aver registrato un’intesa attorno alla sua mediazione. Una proposta di metodo: cancellare gran parte degli emendamenti, enucleare i temi del confronto (Senato elettivo incluso), votare gli emendamenti rimasti entro l’8 agosto, per poi aggiornarsi a settembre per il voto finale.

 

A inizio seduta Chiti si alza a formulare la sua proposta, a nome dei dissidenti della maggioranza, e il capogruppo Pd Luigi Zanda plaude. A quel punto Pd e governo si aspettano (da «copione») che Sel prenda subito la parola per dire che accoglie la mediazione. Ma così non accade. Interviene FI per dire che non ha nulla in contrario alla proposta Chiti, purché si resti nell’alveo del Patto del Nazareno. Lega e M5S dicono che per loro non c’è «nessun accordo». E solo dopo si alza la capogruppo di Sel Loredana De Petris ma per scandire un no: il Patto del Nazareno è un «convitato di pietra», dice, e Sel ha «amplissima disponibilità» al confronto ma non si accontenta di «una settimana in più».

 

A quel punto Zanda proclama che la mediazione è fallita. Il Pd neanche vorrebbe la convocazione dei capigruppo, ma Grasso acconsente alla richiesta dell’opposizione e mette sul tavolo una estremo tentativo di mediazione: accantonare i primi due articoli del testo, quelli che contengono i nodi più spinosi, per avere più tempo per cercare un’intesa. Ma per governo e maggioranza non ci sono più margini. A maggior ragione dopo che Nicola Fratoianni, in una conferenza stampa di Sel, proclama che «non è ricevibile» il «ricatto» di Renzi che chiede di ritirare gli emendamenti ostruzionistici mentre «continua ad offendere».

 

Dopo una lunghissima mattinata e una riconvocazione della capigruppo, Grasso alle 15 in Aula comunica «con rammarico» che la mediazione è fallita. E si riprende a votare dove si era interrotto, praticamente dall’inizio. Con davanti una mole di 8000 emendamenti da smaltire. E subito il concreto pericolo che l’intera riforma (e forse lo stesso governo) salti sotto i colpi dei franchi tiratori, se Sel riuscisse a far votare un suo emendamento per il Senato elettivo con il voto segreto.

 

Il compassato emiciclo di Palazzo Madama diventa una polveriera. Grasso tiene il punto: farà votare a scrutinio segreto, come annunciato, solo le parti degli emendamenti che riguardano le minoranze linguistiche. «Non si può, non si può», gridano a più riprese M5S, Lega e Sel. Per tre ore va avanti un lungo braccio di ferro a colpo di tattiche d’Aula: emendamenti ritirati, sottoscritti, votati per parti separate. Poi si vota. Viene approvato quasi all’unanimità una proposta Pd sulla parità di genere, mentre col voto segreto viene bocciato un emendamento Sel sulle minoranze linguistiche. A voto palese, invece, vengono bocciate le proposte di Sel per la riduzione dei deputati e per il Senato elettivo. A quel punto Grasso fa scattare il «canguro», la norma per cui bocciato un emendamento si considerano preclusi tutti gli emendamenti analoghi. E così «saltano» in un colpo solo 1400 emendamenti all’articolo 1 e , secondo il Pd, anche quelli sul Senato elettivo.

 

«Con calma, andremo avanti», anche dopo l’8 agosto, «perché gli italiani ci hanno chiesto di cambiare», ostenta tranquillità il ministro Boschi, mentre tra le fila del governo si commenta lo scampato pericolo. «Discutiamo ma non ci facciamo ricattare» dall’ostruzionismo, torna a ribadire Renzi: «Le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona». «Il canguro funziona, siamo a una quarto degli emendamenti, andiamo avanti determinati», commenta in serata con i suoi. Mentre ci pensa il sottosegretario Luca Lotti a mandare un avvertimento a Sel: quanto avvenuto oggi «preclude ogni alleanza futura»

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