22 Novembre 2024
POLITICA/RIFORME
Fonte: Corriere della Sera
politica

Seimila arrivano da Sinistra e Libertà. In aula è in corso la discussione generale e sono previste ancora 17 ore di dibattito. Vannino Chiti: «Se il testo non cambia, non lo voto»

Sono non meno di 7830 gli emendamenti al ddl sulle Riforme Costituzionali, secondo quanto si apprende a Palazzo Madama. Di questi circa seimila arrivano da Sinistra e Libertà. In Aula è ancora in corso la discussione generale. Venerdì non ci sarà seduta per via del Cosac, l’incontro dei presidenti delle commissioni competenti in materia di affari europei dei Parlamenti nazionali dell’Ue. L’inizio delle votazioni sembra dunque scivolare all’inizio della prossima settimana.

I decreti in scadenza

Il governo ha trovato la strada verso la riforma costituzionale sbarrata da una montagna di decreti in scadenza, che vanno approvati prima della pausa estiva. Primi fra tutti il decreto Cultura e turismo del ministro Franceschini (da convertire in legge entro il 30 luglio) e il dl Competitività, la cui scadenza è prevista per il 23 agosto. A complicare le cose ci sono poi i quasi ottomila emendamenti presentati al Ddl Boschi. Domani la Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama si riunirà per deliberare il calendario della prossima settimana, ma c’è già chi prevede che non si arrivi alla discussione degli emendamenti prima di giovedì o venerdì, con sedute diurne e notturne.

I dissidenti del Pd

Oggi si è andati avanti con la discussione generale, che continuerà anche domani mattina. Da domani pomeriggio e fino a venerdì sera, poi, l’Aula di Palazzo Madama sarà impegnata con la prima conferenza del Semestre Ue. Sono tornati, intanto, a farsi sentire i dissidenti, del Pd come di Forza Italia. Per i dem è stato Vannino Chiti a ribadire il «no» a una democrazia senza i cittadini, aggiungendo che sui temi riguardanti la Costituzione ogni senatore dovrebbe far prevalere la propria coscienza sulla linea dei rispettivi partiti. Un richiamo che sembra essere stato colto da Stefano Fassina, deputato della minoranza dem che al premier Matteo Renzi chiede di ascoltare il malessere dei «suoi» senatori e modificare la proposta di legge, «insostenibile in termini di rappresentanza».

Le fibrillazioni di Forza Italia

Stesse fibrillazioni sulla sponda forzista dove, all’indomani del duro confronto con il presidente Silvio Berlusconi, si cerca di riorganizzarsi senza iniziative che possano essere interpretate come strappi. Per questa ragione, quella che doveva essere una riunione formale è stata derubricata ad una cena di lavoro «per fare il punto» sulla situazione. Berlusconi ha infatti richiamato tutti a una disciplina di partito che vuole nel patto del Nazareno la pietra angolare di ogni decisione. Quel patto, tuttavia, viene contestato oggi dai dissidenti azzurri alla luce della diversa «interpretazione» che ne è stata fatta da Renzi in prima persona. Raffaele Fitto ha già rimarcato con una lettera aperta a Berlusconi il fatto che l’Italicum sia stato accantonato in favore della riforma istituzionale e che il rischio che si sta correndo è quello di apparire subalterni al governo. Posizione sulla quale si trova anche Augusto Minzolini, in queste ore leader dei «malpancisti» di FI al Senato: «La Costituzione sta per essere cambiata con tempi e modi da assemblea di condominio», ha attaccato l’ex direttore del Tg1 per il quale l’intento di Renzi è quello di fare le riforme per poi andare ad elezioni in primavera. Come se ciò non bastasse, oggi la Lega Nord ha dato l’impressione di voler fare tesoro delle difficoltà vissute dalla maggioranza per portare a casa l’istituto del referendum propositivo, «altrimenti le riforme non le votiamo», ha tuonato Salvini.

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