22 Febbraio 2025
Rubio-Netanyahu (1)

I colloqui sulla seconda fase dell’intesa con Hamas proseguiranno questa settimana in un “luogo da definire”

Il forte imbarazzo di Gerusalemme verso la Casa Bianca è rientrato. L’ultimatum di Donald Trump a Hamas sulla liberazione di tutti gli ostaggi è scaduto sabato sera, Israele non ha mosso un dito e ha accettato i tre rapiti tornati in patria, ma dietro le quinte il lavoro diplomatico per non scalfire i rapporti Bibi-Donald si è fatto sentire. Il risultato si è visto domenica nelle dichiarazioni congiunte del premier israeliano e del segretario di Stato Usa Marco Rubio, in cui entrambi hanno confermato che Trump e Netanyahu “lavorano in piena collaborazione”. Tant’è vero che il proseguimento dei negoziati per arrivare alla fase due dell’accordo sulla tregua e il rilascio degli ostaggi, apparso pericolosamente in bilico nelle ultime due settimane (specie per le pressioni dell’ultradestra sul primo ministro), ma fortemente voluto da Washington,è ripartito.
L’inviato per il medio oriente della Casa Bianca Steve Witkoff, direttamente coinvolto nella mediazione dall’insediamento del presidente, ha spazzato via le incertezze dichiarando che i colloqui sulla seconda fase dell’intesa con Hamas proseguiranno questa settimana in un “luogo da definire” dopo telefonate “molto produttive e costruttive” con Netanyahu, il primo ministro del Qatar al Thani e il capo dell’intelligence egiziana Hassan Rashad.
Witkoff ha spiegato di aver discusso dei «tempi della seconda fase e delle posizioni delle parti: la fase due è un po’ più intricata e complicata perché contempla la fine della guerra, ma pure il non coinvolgimento di Hamas nel governo e la sua uscita da Gaza. Le due cose vanno fatte quadrare», ha detto. E ha rivelato, parlando con Fox news, che in base alle informazioni a sua disposizione, i 19 soldati dell’Idf tenuti in ostaggio da Hamas dal 7 ottobre, sono in vita.
Da parte sua il premier israeliano, in una delle numerose note ufficiali mandate in giornata alla stampa, ha confermato il suo impegno facendo sapere che invierà lunedì il suo team di mediatori al Cairo per lo sviluppo dell’ultima parte della prima fase dell’accordo e i negoziati sulla seconda. Netanyahu, nel complicato equilibrio diplomatico tra gli Usa e gli intransigenti alleati di governo che chiedono l’immediata ripresa della guerra a Gaza, ha poi trovato una via d’uscita in conferenza stampa con Rubio a Gerusalemme: «Voglio assicurare a chiunque che il presidente Trump e io lavoriamo in pieno coordinamento. Abbiamo una strategia comune, e non possiamo sempre condividere i dettagli in pubblico, incluso quando si apriranno le porte dell’inferno, come sicuramente si apriranno, se tutti i nostri ostaggi non saranno liberati, fino all’ultimo di loro», ha affermato, citando lo stesso l’inferno minacciato dal presidente Usa nelle scorse settimane.
Sulla stessa linea Rubio: «Donald Trump è un uomo che parla in modo inequivocabile. La prima questione su cui è stato chiaro, è che gli ostaggi devono tornare a casa. Deve accadere. Non è facoltativo», ha affermato, aggiungendo che la visione del suo presidente su Gaza è fuor di dubbio, «Hamas non può continuare a essere la forza dominante nella Striscia. Per avere la pace bisogna sradicarlo».
Davanti alla stampa internazionale, Rubio e Netanyahu hanno poi riportato alle stelle la tensione con Teheran. Entrambi hanno escluso che possa essere permesso agli ayatollah di munirsi di armi nucleari. «L’Iran è la principale fonte di instabilità nella regione. Dietro ogni gruppo terroristico, dietro ogni atto di violenza, dietro ogni attività destabilizzante, dietro tutto ciò che minaccia la pace per milioni di persone che chiamano questa regione “casa”, c’è la repubblica islamica. Il presidente Trump non ha dubbi: non potrà mai esserci un Iran nucleare», ha sottolineato con forza il segretario di Stato.
«Possiamo e vogliamo portare a termine il lavoro», ha aggiunto Netanyahu, evocando il devastante attacco in territorio iraniano dei mesi scorsi. Forse anche con un occhio al carico di bombe “pesanti” (le Mk-84) di fabbricazione statunitense arrivato durante la notte in Israele, invio sospeso da Joe Biden e poi autorizzato da Trump.

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