22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Goffredo Buccini

Le parti in campo, ora tenute a bada da un governo difficile da sabotare, devono resistere a tentazioni inscritte nei rispettivi Dna: la destra di cavalcare la prima tensione sociale disponibile, la sinistra di fingere che tensioni non ne esistano o siano frutto della predicazione della destra


Meno proclami e più azioni: se questo è stato sin dall’inizio lo stile del nuovo esecutivo, appare davvero opportuna una certa moderazione nelle pubbliche promesse in tema di pandemia. Tuttavia, dietro le mascherine si respira grande esasperazione. Gli italiani hanno bisogno di credere in qualcosa: non di essere illusi, certo, ma quantomeno di intravedere un obiettivo, una data cui aggrapparsi, una via d’uscita verso la quale incamminarsi. Lo dimostrano, se ce ne fosse ulteriore bisogno, i manifestanti che si sono raccolti ancora una volta a Roma, nonostante il divieto della questura, a gridare il loro disagio. Se, com’è ovvio, l’ennesima gazzarra di ieri pomeriggio va condannata senza appello e i violenti di nuovo infiltrati in piazza vanno isolati e arrestati, la protesta non può essere derubricata a semplice manovra strumentale dall’estremismo eversivo, poiché ci racconta, piuttosto, il panico da non garantiti di ristoratori, gestori di bar, commercianti, partite Iva di fronte a una crisi che ha bruciato l’8,9% del Pil nazionale e un milione di posti di lavoro. Dunque, non deve suonare quale vuoto annuncio, ma come preciso impegno programmatico, ricordare il peso strategico di questi giorni di metà aprile. Un mese che già il generale Figliuolo su queste colonne aveva definito determinante, spiegandoci come «ad aprile ci giochiamo tutto». Il futuro è adesso, va conquistato qui e ora. Il perimetro della partita è segnato da due linee fondamentali tra loro intrecciate, le vaccinazioni e le riaperture, contro pandemia sanitaria e pandemia economica: ma per vincere occorre un’unità di intenti che freni fughe in avanti e strumentalizzazioni di parte, il cui solo esito sarebbe accrescere la frustrazione dei cittadini e le divisioni tra loro.
Dal 15 al 22 di aprile, ci fa sapere la struttura commissariale, saranno consegnati alle Regioni quattro milioni e 200 mila vaccini, per 315 mila vaccinazioni al giorno in 2.200 punti vaccinali. È una buona notizia. Non siamo ancora alle promesse 500 mila inoculazioni quotidiane; Francia, Spagna e Germania corrono più di noi: ma la strada è giusta e il passo non può che aumentare. Lentamente l’Europa risale la china dei propri ritardi e dei propri errori: e in quest’Europa l’Italia di Mario Draghi può avere una parte non marginale sia nella ripresa economica che nella riscossa sanitaria, da qui ai prossimi anni.
Restano differenze importanti tra le Regioni: c’è chi già vaccina i nati nel 1961 e chi ha un ritardo netto di dieci anni sul target. Resta un monito da brivido che dovrebbe far riflettere chi predica aperture a ogni pie’ sospinto: la Sardegna, passata in un amen da virtuosa mosca bianca a temuta isola tutta in zona rossa per effetto di una guardia abbassata troppo in fretta, di una voglia naturale ma esiziale di festeggiare una nuova normalità.
Ma intanto passi verso la normalità li stiamo compiendo davvero. La terza ondata sta lentamente regredendo, il Paese vira quasi tutto verso l’arancione, primo colore della nostra convalescenza, che speriamo di stingere in fretta verso il giallo e poi il bianco della salvezza. E qui ha certo senso parlare di riaperture, il cui percorso programmatico, iniziato oggi, proseguirà dal 20 aprile, con la valutazione dell’andamento della curva epidemiologica, fino al 26, quando il governo scriverà un nuovo decreto per fissare regole, divieti, protocolli. Si tratterà in via normativa di un’operazione di verità che detti comportamenti precisi per ristoranti, musei, cinema, teatri, mostre, perfino palestre e piscine. Non sarà un segnale di tana libera tutti, non può esserlo. Ma sarà, sì, un tracciato a tappe verso la riconquista della nostra vita, mentre le categorie dovranno essere supportate in fretta da un nuovo, importante intervento di ristoro dell’esecutivo, ovviamente in deficit.
Essenziale in questa fase sarà la tenuta del tessuto civile, una solidarietà nazionale non declinata in astratte formule parlamentari ma sentita davvero tra la gente. Ed è questo, forse, il gradino meno robusto della scala su cui stiamo risalendo. Siamo terra di guelfi e ghibellini, di tifosi di Coppi o di Bartali, di Achille o di Ettore. La gran confusione creata (e in parte anche subita) dalle Regioni su fasce e categorie da vaccinare, con annessi furbetti e «saltafila» stigmatizzati da Draghi, non ha certamente migliorato la nostra coesione. Gli italiani non meritano che i loro rappresentanti politici diano vita a una guerriglia sceneggiata tra «aperturisti» e «chiusuristi» (ci si passino gli orridi neologismi) nella medesima maggioranza. È di tutta evidenza che nessuno vuole tenere blindato il Paese un minuto più del necessario, come nessuno vuole infettarlo aprendo un bar fuori orario o un cinema di straforo. Le parti in campo, ora tenute a bada da un governo difficile da sabotare, devono resistere a tentazioni inscritte nei rispettivi Dna: la destra di cavalcare la prima tensione sociale disponibile, la sinistra di fingere che tensioni non ne esistano o siano frutto della predicazione della destra. Così il 2 giugno è una splendida data simbolica per rinascere assieme alla nostra Repubblica, ma va indicata con elastico buonsenso e non scolpita nel marmo come un dogma ideologico. Così le piccole isole «Covid free» sono una suggestione da studiare, ma non certo una bandiera da issare nel nome del campanilismo regionale, rischiando di aprire nuovamente la via a «saltafila», magari sedicenni, immunizzati al posto dei loro nonni. Assai sensato appare l’appello di Massimiliano Fedriga, presidente leghista del Friuli Venezia-Giulia e neopresidente della Conferenza delle Regioni, sul bisogno di equità e regole uguali per tutti, al fine di mettere insieme istituzioni e cittadini nel nome di una vera unità nazionale. Il pericolo di questa primavera è, a guardar bene, proprio lo scollamento: il ristorante aperto, che accetta di rischiare la multa, sulla stessa strada del ristorante chiuso, che obbedisce alle leggi. Tutti contro tutti, infine, isole contro litorali costieri, anziani contro giovani, regioni contro regioni, pianerottoli contro pianerottoli: l’effetto collaterale e forse più tossico del virus, da scongiurare a ogni costo.

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