19 Settembre 2024

A Palermo tre boss sarebbero stati rimessi in libertà in assenza di contestazioni per altri e più gravi reati

Rischio scarcerazione anche per gli indagati per reati di mafia. A Palermo tre boss indagati per lesioni aggravate dal metodo mafioso sarebbero stati scarcerati per la mancata presentazione della querela da parte delle vittime. Un effetto certo non voluto della riforma Cartabia del processo penale da pochi giorni in vigore. Dove a monte c’è una novità giuridica e a valle le conseguenze della sua applicazione. E allora il nuovo processo penale ha cambiato, dal 30 dicembre, le condizioni di procedibilità, rendendo ora necessaria la presentazione della querela da parte delle vittime, per una serie di reati, dai furti ai sequestri di persona non a scopo di estorsione.

Il caso Palermo
A Palermo i tre boss erano stati incarcerati prima dell’entrata in vigore della riforma e quindi si è reso necessario verificare la volontà delle vittime che, interpellate, hanno rinunciato a sporgere querela. La scarcerazione sarebbe stata quindi la conseguenza naturale del nuovo regime, ma, nel caso dei tre esponenti del clan Pagliarelli, la detenzione era stata disposta anche per altri e più gravi reati. Circostanza questa che ha di fatto impedito la fine della detenzione.

Le contestazioni
La novità, introdotta dalla riforma, è stata già pesantemente contestata da più parti, sia da forze politiche (5 Stelle in testa) sia da alcuni esponenti della magistratura. Le ragioni? La possibile impunità, effetto del mancato deposito della querela da parte delle vittime del reato anche sotto la pressione intimidatoria da parte degli autori del reato. Quanto si sarebbe verificato a Palermo, dove la detenzione era applicata in via cautelare in attesa di giudizio, se ineccepibile sul piano giuridico, certo è destinato a rinfocolare le polemiche.

Le reazioni dei magistrati
A non farsi attendere è la reazione dell’Associazione nazionale magistrati che, per bocca del presidnete Giuseppe Santalucia, invoca un ripensamento sul punto. Per Santalucia, quando si è in presenza dell’aggravante mafisoa «anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari».

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