Via libera alle centrali a carbone (e a olio)
Per risparmiare gas ed evitare che in autunno l’Italia cada in una grave crisi non solo energetica ma anche industriale, il governo ancora in carica ha scelto di percorrere due vie: un decreto Aiuti ter del valore di circa 10 miliardi di euro (che, quindi, per il momento non prevede uno scostamento di bilancio), ma anche la riattivazione delle sei centrali elettriche a carbone e una a olio combustibile presenti nel Paese. Il provvedimento legislativo punta per lo più a confermare e prorogare i sostegni già stanziati a favore delle imprese i mesi scorsi, mentre il via libera a impianti più inquinanti ha lo scopo di far crescere velocemente le forniture di energia necessarie per la stagione più fredda, anche a costo di emettere un po’ più di anidride carbonica.
Quindi, le società che in Italia le possiedono — Enel, Ep e A2a — potranno riaprire da subito le centrali a carbone e a olio, ma solo in questa fase di emergenza. L’obiettivo di chiuderle definitivamente tutte entro il 2025, se non rimane, rimane stabile.
Piena potenza
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è ormai vicino a firmare l’atto di indirizzo che ufficializzerà la ripresa a pieno regime delle centrali termoelettriche. Una decisione parzialmente risolutiva al bisogno di ridurre i consumi di gas, ma che ne fa pagare le conseguenze all’ambiente.
Gli impianti sono stati riattivati in un primo momento dal decreto 14 del 25 febbraio 2022. Presto torneranno a una potenza superiore ai 300 megawatt. Enel ne ha quattro: quello di Brindisi ha fino a 2.450 megawatt di potenza installata, quello di Torrevaldaliga, a Civitavecchia, 1.845 Mw, quello di Fusina (Venezia) è a 875 Mw e l’ultimo in Sardegna, a Portovesme, a 480 Mw. Ep ne ha uno a Fiumesanto, Sassari, e impiega 600 Mw di potenza e quello di A2a a a Monfalcone, in Friuli-Venezia Giulia, è a 336 Mw. Secondo le stime, la produzione dovrebbe quindi aumentare del 20-25%.
Da ora fino a marzo 2023, l’Italia punta a risparmiare circa 5 miliardi di metri cubi di gas. Il piano di razionamento pensato proprio da Cingolani permette di tagliarne 3,2, mentre spingere sul carbone dovrebbe consentire di ridurre di altri 1,5 miliardi, circa un terzo.
Regole sulle emissioni di Co2
Queste centrali, pur essendo datate, sono perfettamente a norma rispetto al regolamento italiano di emissioni di Co2, che è anche più restrittivo rispetto a quanto stabilito a livello europeo. In Germania, soprattutto a Est, sono ancora tutte in funzione e hanno la particolarità di rilasciare nell’aria grandi quantità di zolfo e altri materiali inquinanti che in Italia non sono consentiti e le obbligherebbe allo stop immediato. Inoltre, nel nostro Paese rispetto agli altri europei gli impianti sono costretti ad adoperarsi di protezioni lungo le tubature allo scopo di evitare dispersioni nell’atmosfera, ma anche di filtri ai camini.
Nonostante questo, a un certo punto le conseguenze si vedranno. La centrale di Torrevaldaliga produce in un anno oltre 8 milioni di tonnellate di Co2. «Non è una cosa bellissima, ma ci aiuta», ha commentato così il ministro dell’Economia, Daniele Franco, a Cernobbio.
Solo in questa fase di emergenza
Ormai dieci anni fa Legambiente ha elaborato uno studio che torna attuale oggi, dove si evince che nel 2012 a fronte di un contributo del 16% della produzione energetica italiana, le centrali a carbone registravano un 35% di emissioni di anidride carbonica. Per ogni kilowattora prodotto dalle centrali a carbone italiane vengono emessi 857,3 grammi di Co2: più del doppio rispetto ai 379,7 di quelle a gas naturale e a fronte delle emissioni zero delle centrali solari, eoliche, idroelettriche, geotermiche a biomasse.
Non sembra esserci, però, altra soluzione. Anche Giovanni Batista Zorzoli, ambientalista e presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’energia, ha riferito in un intervento a La Stampa di essere favore – seppure a malincuore – al carbone, ma in questa fase di emergenza. «È sempre opportuno fare assegnamento sul pluralismo tecnologico – ha detto -, ma le energie rinnovabili sono già abbastanza diversificate fra loro da garantirlo, senza il bisogno del carbone» nel lungo termine.