19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

Bertolaso

di Paolo di Cario

Il capogruppo al Senato di Forza Italia Paolo Romani e il caso Roma: la debolezza di FI ci fa sembrare a rimorchio della destra. Il centrodestra è un cantiere sul futuro ma non è fatto di macerie

«Lo dico con la massima chiarezza: persone come me, Toti, Gelmini, Gasparri, Tajani possono discutere anche animatamente e rivendicare le proprie posizioni. Ma mai concluderanno la loro esperienza politica al di fuori di Forza Italia».

Eppure, presidente Paolo Romani, la divisione fra chi come lei ha lavorato per una convergenza sulla Meloni e chi ha insistito su Bertolaso è stata profonda e lacerante.
«Abbiamo discusso nell’ultimo ufficio di Presidenza, anche in maniera forte e decisa, alla presenza di Berlusconi. Ma lo abbiamo fatto da amici, altro che scontro fisico tra me e Tajani…».

Non sarà stato un ring, ma è stato uno strappo vero.
«All’unanimità abbiamo affidato una scelta complessa e delicata a Berlusconi. Che da leader ha deciso, valutando a lungo i pro e i contro della situazione».

Che erano?
«Da una parte c’era l’esigenza di salvaguardare la coalizione per un discorso di più ampio respiro, rivolto ai prossimi appuntamenti ai quali dovremo arrivare con un centrodestra unito. Dall’altra c’era un problema romano: il leader del centrodestra non può accettare lo sfregio da parte di alleati che, dopo averlo approvato, hanno bocciato il candidato da lui indicato».

Perché non siete riusciti a convincerlo?
«Io so che sul tavolo c’erano tre opzioni: una con la Meloni, una con Bertolaso e una con Marchini. E alla fine di una giornata difficile e sofferta si è arrivati alla scelta finale, che attiene come è noto alla sfera della responsabilità di Berlusconi».

Il cerchio magico ha avuto l’ultima parola?
«Usiamo i nomi e non le formule. Mariarosaria Rossi è amministratore del partito, ha tutto il diritto di dire come la pensa, come la responsabile della Comunicazione Deborah Bergamini: anche se era assente per motivi personali all’ufficio di Presidenza. Poi per quanto riguarda la fidanzata di Berlusconi, Francesca Pascale, che non svolge alcun ruolo politico né ne ha l’intenzione, in un post personale è caduta nel tranello di qualcuno: un commento rispetto a una frase di Salvini chiaramente falsificata, che ha scatenato contraccolpi nei giorni seguenti».

Insomma, se errore c’è stato è stato di Berlusconi?
«Berlusconi tra le due ipotesi che creavano comunque un problema di coalizione — restare su Bertolaso o appoggiare Marchini — ha scelto la meno dolorosa. Magari alla fine si rivelerà la mossa giusta. Io resto della mia opinione per cui sarebbe stato meglio privilegiare l’unità del centrodestra. E lo dico pur essendo stato fra i contrari alla presenza di Berlusconi sul palco di Bologna».

Anche lei soffre l’alleanza con Salvini?
«Siamo stati alleati di Bossi quando la Lega era secessionista, con dinamiche politiche più complicate di questa. Ma oggi è la debolezza di FI, dovuta anche alla incandidabilità di Berlusconi per l’accanimento giudiziario di certa magistratura, a dare la sensazione di essere a rimorchio di una destra da cui pure tanto mi divide — mi fanno impressione Trump e l’austriaco Hofer che piacciono a Salvini — ma che ha un ruolo cruciale: se non ci fosse questa Lega, un certo voto di protesta finirebbe a Grillo, e sarebbe un pericolo per la democrazia».

È possibile ricostruire il centrodestra?
«Il centrodestra è un cantiere sul futuro ma non è fatto di macerie: c’è il caso Roma, ma c’è anche Milano, dove nella coalizione la Lega ha dovuto accettare l’alleanza con ex ministri di Monti e di Renzi. In questi giorni era passata con il sì degli altri leader l’idea di far nascere nelle grandi città una federazione di centrodestra guidata da Berlusconi. Da qui dovremo ripartire, con nuovi metodi e nuove regole».

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