21 Novembre 2024
Elly Schlein 1

Elly Schlein 1

La segretaria Pd annuncia in commissione l’intenzione di proseguire la battaglia unitaria dell’opposizione. E sottolinea: “Le notizie sui dipendenti non pagati dalle aziende di Santanchè stridono con la realtà dei dati sul lavoro povero”

Non intende arretrare di un millimetro. L’obiettivo è incalzare la maggioranza su un provvedimento che riscuote consenso anche tra chi sostiene il governo. Elly Schlein sul salario minimo ci mette la faccia e l’impegno di tutto il partito. “Su questa proposta le opposizioni hanno unito le forze”. Tutte unite – fatta l’eccezione per Italia Viva – per raggiungere due obiettivi: “Rafforzare la contrattazione collettiva” e ribadire che quest’ultima, sotto una certa soglia, “è sfruttamento”. La soglia è quella fissata dalla proposta delle maggioranza, quella dei nove euro l’ora, considerata indispensabile affinché il lavoro – è il mantra della minoranza – non si trasformi nella sua negazione.
Una tesi, quella di Schlein, sostenuta dai numeri, che la segretaria del Pd snocciola in un lungo intervento in commissione: “Negli ultimi dieci anni i contratti collettivi nazionali si sono moltiplicati. Il problema, oltre al fatto che sono moltissimi, è che di 421 contratti solo 25 sono sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil”. E ancora: “L’organizzazione internazionale del lavoro dice che il salario minimo migliorerebbe la condizione economica del 25 per cento dei lavoratori”. La segreteria dem ha fatto del lavoro un tratto identitario del nuovo Pd, radicale nei diritti sociali e in quelli civili. “Pensiamo che vadano limitati i contratti a termine, sarebbe un salto di qualità per questo paese”. L’opposto di quanto stabilito dal governo con il decreto del primo maggio. “Mi ha colpito la testimonianza di una cameriera che lavora nel settore alberghiero e che in questi anni ha visto triplicare il prezzo delle stanze mentre il suo salario è sempre rimasto al palo”. Per questo secondo Schlein “non basta intervenire con il taglio del cuneo fiscale”. Serve il salario minimo. “È una battaglia di civiltà”, un modo – insiste – per dare un segnale a “quei tre e milioni e mezzo di persone in difficoltà”, per garantire loro una “soglia di protezione”. Per farlo, va da sé, è importante che la maggioranza ritiri l’emendamento con cui intende affossare il testo. O meglio: fare in modo che della proposta-bandiera delle opposizioni non se ne parli per almeno altri sei mesi, come prescrivono le norme parlamentari. Dunque è importante che la maggioranza sotterri l’ascia di guerra e provi ad entrare “nel merito della proposta”.
Tanto più si avverte l’urgenza, sottolinea la segretaria del Pd, se si pensa ad “alcune vicende che hanno riguardato ministri nel governo – dice con riferimento a Daniela Santanchè – le cui società pare non abbiano pagato i dipendenti o i fornitori e li abbiano messi a loro insaputa in cassa integrazione. Non vi rendete conto quanto stride con quei dati? Vi dico: date un segnale”.
E ancora: “Non lo sentite quanto fa rumore il silenzio di chi non entra più in cabina elettorale?”, ha detto in commissione Lavoro rivolgendosi ai deputati del centrodestra pronti al blitz orchestrato per affossare il testo. “In quel 50 per cento che non vota più – ha aggiunto – ci sono soprattutto le fasce di reddito più basse. Per questo “è importante ritirare l’emendamento soppressivo e fare una discussione con noi che questa proposta l’abbiamo presentata”. In mattinata il niet al salario minimo era arrivato da un peso massimo della maggioranza: il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il quale aveva bollato la proposta delle opposizioni come una misura al limite del bolscevismo. “C’è in tutti i paesi europei, manca solo in cinque”, ha replicato Schlein. “Il governo parla di natalità ma come si fa a fare una famiglia se non si riesce a mettere insieme il pranzo con la cena?”.

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