20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Alessandro di Matteo

Salvini: «Così non si va avanti». Il Carroccio accusa Conte di non essere imparziale


Anche stavolta il vertice decisivo sulle autonomie sarà il prossimo, al quale ora Matteo Salvini vuole invitare anche i presidenti di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le regioni che hanno chiesto l’autonomia rafforzata. La storia va avanti ormai da dicembre, è da fine 2018 che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia che l’autonomia regionale chiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna è ormai quasi definita. Ieri mattina l’appuntamento era alle 10.30, in teoria per definire gli «ultimi dettagli», dopo i vertici della settimana passata e di lunedì scorso. Ma prima ancora di cominciare la riunione i leghisti hanno capito che non si sarebbe chiuso l’accordo nemmeno stavolta. «I ministri M5S – racconta chi era al vertice – si sono visti con Conte prima iniziare la riunione. Sono usciti tutti dalla stanza del premier per venire al tavolo. Come ormai fanno ogni volta…».
Conte ha assunto un ruolo di mediatore, ma nella Lega sono convinti da tempo che il premier stia in campo più da giocatore che da arbitro. E per questo Matteo Salvini chiede che al prossimo incontro partecipino «anche i governatori, così chiariamo una volta per tutte». Il ministro dell’Interno e gli altri ministri della Lega temono quello che un esponente M5S raccontava qualche giorno fa: «Sull’autonomia si aprirà una tensione dentro la Lega». Un gioco che appunto si vuole smascherare invitando i presidenti al tavolo di governo.
Il vertice è stato una rissa, lo scontro – tecnicamente – è scoppiato sulla scuola, quando la ministra Erika Stefani ha spiegato che le regioni chiedono di poter dare incentivi agli insegnati per convincerli a restare sul territorio. La Lega ha argomentato: «Dobbiamo anche tenere conto che il costo della vita in città come Milano o Roma non è lo stesso di altre città». Subito è scattato Luigi Di Maio, il vice-premier M5S ha accusato la Lega di voler reintrodurre le «gabbie salariali», mentre Salvini ribatteva attribuendo ai 5 stelle una operazione di «sabotaggio» dell’autonomia.
Conte ha provato a calmare tutti, dicendo che l’autonomia va fatta «ma nel rispetto dell’unità del Paese e del dettato costituzionale». Insomma, niente «secessione dei ricchi», nè «scuole di serie A e di serie B». I rispettivi staff di comunicazione, intanto, iniziavano la guerriglia mediatica, la ministra 5 stelle Barbara Lezzi che accusava la Lega di voler riportare il Paese «indietro di 50 anni, alle gabbie salariali», Stefani che negava tutto spiegando che si tratterebbe solo di usare «normative e incentivi già esistenti». Soprattutto, Salvini che a un certo punto dichiarava all’agenzia Agi: «Così non si va avanti, non è possibile».
Una minaccia di rottura forse non troppo credibile, quando si è ormai quasi chiusa la finestra temporale per aprire la crisi e andare a votare a settembre prima della manovra. Ma di sicuro un pressing che ha spinto Conte a dare rassicurazioni. Il presidente del Consiglio prima ha ribadito che la scuola è un «pilastro» che non può essere messo in discussione, poi però è andato a Milano e ha incontrato il presidente della Lombardia Attilio Fontana, che insieme a Luca Zaia (Veneto) e a Stefano Bonaccini (Emilia Romagna) era ormai sul piede di guerra. Al termine il premier ha ribadito che «l’autonomia si farà, e si farà bene. Ci siamo quasi. È un impegno preso da me personalmente». Fontana ha apprezzato: «Si troverà una sintesi sicuramente». Al prossimo vertice, o magari a quello dopo.

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