22 Novembre 2024
Giustizia2

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Il procuratore generale di Torino: “Quesiti indecifrabili: che senso ha chiedere al Paese una risposta di pancia sulla politica giudiziaria?”

I referendum sulla giustizia, “indecifrabili”, meritano dei “no” per i danni che provocherebbero e sono un tentativo di dare “una spallata” ai magistrati, dice il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, fortemente critico anche sulla riforma Cartabia.

Gli italiani sono chiamati a esprimersi sulla giustizia con i referendum di domenica. Cosa pensa dei quesiti e che risposta meritano?
“Sono assolutamente indecifrabili. Mi metto nei panni del cittadino che fa un altro mestiere: non si sa per cosa si vota. Il che apre un interrogativo: ha senso fare dei referendum chiedendo una risposta popolare su aspetti che non si possono comprendere a pieno? Scavalcare il Parlamento ha un senso, in presenza di una riforma organica, sulla quale io pure sono molto critico? Ho l’impressione, da cittadino e non da magistrato, che ci sia stata la volontà di superare il Parlamento e chiedere una risposta di pancia al Paese, approfittando di un momento di crisi di credibilità e fiducia della magistratura anche di fronte alla nostra incapacità, dimostrata, di autorisolvere il problema morale che è massiccio dentro la categoria. Non tanto per i fatti singoli di corruzione ma rispetto all’impostazione dei rapporti all’interno della magistratura, con le correnti, con il Csm. Io credo che si sia tentato di dare una spallata soprattutto nei confronti dei pm”.

Con l’abrogazione della custodia cautelare per la reiterazione del medesimo reato, che conseguenze si possono immaginare?
“Devastanti, perché purtroppo noi abbiamo un Paese con tasso di criminalità molto elevato. Molti fatti collegati alla criminalità organizzata sono ordinari: entrerebbero nel divieto di custodia cautelare. Altre conseguenze si avrebbero sui reati in materia di protezione dei soggetti deboli, a partire dalle violenze domestiche, dello stalking, dei reati nei confronti degli anziani. Uscirebbero tutti gli autori di furti, rapine non efferate, tutti gli autori di fatti di spaccio, esattamente quelli che alcuni dei proponenti del referendum vorrebbero massicciamente in carcere. C’è una contraddizione: per questo ho l’impressione che il referendum abbia una componente ideologica e per nulla di aumento delle garanzie”.

Sulla separazione delle carriere tra magistrato e giudice cosa pensa della proposta?
“Sono sempre stato contrario. La cultura comune della giurisdizione è fondamentale soprattutto all’inizio, quando il magistrato si forma nella sua cultura sia delle garanzie, della prova, e della deontologia. In un Paese come il nostro, di un pm che non si fa una cultura della giurisdizione, ho timore: sia che finisca per essere l’avvocato della polizia, sia che finisca sotto il controllo dell’esecutivo”.

In ogni caso sarebbe necessaria una modifica costituzionale?
“Sì, e servirebbe un doppio percorso a partire dal concorso, e un doppio Consiglio superiore”.

Cosa pensa del quesito che vorrebbe abrogare la legge Severino?
«Una classe politica e amministrativa che voglia fare del fattore etico un caposaldo della propria esistenza può fare a meno di meccanismi di precauzione e prevenzione? Gestire la cosa pubblica comporta oneri, doveri, e anche un abbassamento delle garanzie individuali funzionali al superiore interesse della cosa pubblica. Capisco che il processo arrivi tardi e poi magari arrivi l’assoluzione, ed è il motivo per cui trovo debolissima la riforma Cartabia, perché pur con intenti lodevoli non risolve il problema della durata dei processi penali, che si risolve solo con una riforma seria del codice di procedura penale e con le risorse”.

Il decreto Cartabia modifica anche la capacità di informare su arresti e denunce. Non crea un problema?
“La presunzione di innocenza è sacrosanta e in passato si è fatto un cattivo governo del lessico comunicativo, perché si è data l’idea che l’indagato fosse il colpevole: un correttivo andava trovato. Ma la normativa è talmente draconiana da rappresentare un vulnus al diritto di essere informati dei cittadini, alla libertà di informazione, e alla libertà dei giornalisti di cercare notizie, che è assolutamente al di fuori della direttiva europea. Si è imposto un bavaglio nella speranza di garantire la presunzione di innocenza, che invece si garantisce attraverso un’acquisizione di consapevolezza da parte dei procuratori, e una capacità comunicativa diversa, che poi diventi patrimonio comune”.

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