22 Novembre 2024

ECONOMIA

Fonte: La Stampa

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Se un istituto entra in crisi, non ci sarà più per forza l’intervento dello Stato ma dovranno farsi carico delle perdite anche soci e correntisti oltre i 100 mila euro

ROMA La nuova disciplina sulle crisi bancarie scatterà a gennaio. Ma se un istituto dovesse entrare in difficoltà prima, le nuove regole europee potrebbero essere applicate sin da subito dalla Banca d’Italia che, come autorità di regolazione, avrà in mano la regia dei salvataggi. Si tratta di procedure che in qualche modo ribaltano la filosofia precedente, in quanto ritardano il più possibile l’intervento pubblico spostando l’onere del risanamento dalla collettività agli azionisti e ai creditori della banca, con l’obiettivo comunque primario di evitare scossoni al sistema.

La principale novità dei due decreti legislativi varati ieri dal Consiglio dei ministri, riguarda appunto lo strumento del bail in che letteralmente significa salvataggio interno perché chiama a pagare il dissesto prima di tutto i soci. A rischiare però non sono solo i proprietari della banca ma anche i suoi creditori, che in definitiva sono coloro che investendo su titoli e prodotti hanno prestato i loro soldi all’istituto. Si parte con una gerarchia di responsabilità ben definita, dagli investitori più sofisticati che hanno acquistato obbligazioni convertibili e titoli subordinati per poi arrivare anche ai risparmiatori detentori di obbligazioni bancarie.

In fondo alla scala delle responsabilità, ci sono i correntisti più ricchi che hanno depositato nella banca in difficoltà più di 100.000 euro a testa e per la parte che eccede tale cifra. A rischiare di più sono però, forse, gli obbligazionisti, perché fra di loro ci sono molti che hanno investito e investono nella loro banca inconsapevoli dei rischi. Chi possiede un’obbligazione bancaria, potrebbe infatti veder ridotto in tutto o in parte il proprio credito, anche se solo nel caso in cui le risorse degli azionisti e di chi ha in mano titoli più rischiosi, si siano rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca e sempre che Bankitalia non decida di escluderle in via discrezionale per scongiurare il contagio. La stessa discrezionalità Palazzo Koch la può peraltro utilizzare per escludere i depositi superiori ai 100 mila euro. «È necessario che gli investitori facciano estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento al momento della sottoscrizione», ha avvertito l’Istituto di via Nazionale nel suo rapporto di luglio poi diffuso dall’Abi a tutte le associate.

Alla clientela che intende sottoscrivere titoli della banca, per Bankitalia, dovrebbero essere offerti innanzitutto certificati di deposito che fino ai 100 mila euro sono anche essi coperti dalla garanzia del Fondo di tutela. Solo agli investitori più esperti, si possono invece proporre anche prodotti più rischiosi ma in ogni caso le banche «dovranno informare tempestivamente la clientela». Quanto ai depositanti, in ogni caso, la tutela del Fondo è chiara ed è riservata ai conti correnti, ai depositi (anche vincolati), assegni circolari, certificati di deposito nominativi fino ai 100 mila euro. Ad essere esclusi dal bail in vi sono comunque anche le disponibilità detenute dalla banca per conto del cliente, come per esempio il contenuto della cassetta di sicurezza, o i titoli depositati in un conto apposito, o i crediti da lavoro o dei fornitori.

In sintesi, per affrontare il dissesto di una banca, Bankitalia può innanzitutto vendere una parte dell’attività, trasferire temporaneamente le attività e passività a un altro soggetto (Bridge bank) o cedere le attività deteriorate ad una bad bankper liquidarle. Poi può applicare il bail in, cioè svalutare azioni e crediti convertendoli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà. L’intervento del Fondo europeo pubblico, per il 5%, e previsto se il bail in è stato applicato almeno per l’8% del totale del passivo. L’intervento pubblico è invece un evento straordinario di ultima istanza.

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