19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

economia

Il governo deve decidere se si possono sviluppare le nuove piattaforme tecnologiche o se preferisce proteggere i vecchi rentier: tassisti, albergatori o presidenti di enti pubblici

Dopo un anno di discussioni, il Parlamento è prossimo a votare la legge sulla concorrenza. Il testo originale, scritto dal ministero per lo Sviluppo economico tenendo conto dei consigli dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, era una buona legge. Finalmente si cominciavano ad abbattere alcune barriere all’attività economica. A cancellare norme che danneggiano soprattutto i giovani impedendo loro di aprire nuove imprese in settori in cui la legge protegge aziende inefficienti che vi lucrano ricche rendite. Un esempio è la liberalizzazione della vendita dei farmaci «da banco» attuata dal governo Prodi nel 2006: in un decennio, grazie a quelle norme, sono nate migliaia di parafarmacie spesso gestite da giovani farmacisti che non erano riusciti ad ottenere la licenza per aprire un’attività regolare. Diversamente dalla legge che un anno fa rivoluzionò le banche popolari, il governo non ha avuto il coraggio di varare queste liberalizzazioni per decreto. Si è limitato ad approvare un disegno di legge e inviarlo al Parlamento. Lì abbiamo assistito ad un assalto alla diligenza condotto da tutte le lobby che rischiavano di perdere un po’ di rendita. E così quella buona proposta di legge è stata via via svuotata. Lasciar perdere e far decadere la legge sarebbe tuttavia un errore. Qualcosa di buono nella legge è rimasto e c’è ancora tempo per migliorarla. L’alternativa è rimandare tutto alla prossima legislatura: questa sì sarebbe la vittoria delle lobby. Ma per salvare la legge le battaglie che il governo deve vincere non sono poche.

Nel testo sopravvissuto ci sono alcune misure utili. Ad esempio la fine, dal prossimo anno, del monopolio di Poste Italiane sul recapito degli atti giudiziari. La possibilità di costituire srl senza un notaio e di effettuare alcuni atti societari (come la cessione di quote nelle srl) semplicemente con una firma digitale, anche qui senza notaio. Si consente l’ingresso nelle farmacie di società di capitali (oggi le farmacie possono essere di proprietà dei soli farmacisti) e viene rimosso il tetto di 4 licenze per titolare, allo scopo di consentire economie di scala. A partire dal 2018 cade anche ogni forma di regolamentazione dei prezzi al dettaglio dell’energia. Alcune norme invece devono essere corrette. Una di queste riguarda i costi dell’Rc Auto. Le compagnie di assicurazione potranno offrire sconti a chi installa nella propria auto una «scatola nera», cioè un dispositivo satellitare che registra informazioni sul percorso e sul comportamento alla guida del conducente. Questo dovrebbe ridurre le frodi, spesso dovute alla falsa ricostruzione degli incidenti. Ma la norma è stata emendata dal Senato in stile «sovietico» prevedendo che lo sconto sia uguale per tutti. Quale sia lo sconto dipende dal modello di pricing (e di rischio) delle singole compagnie, e riflette la composizione delle particolari clausole contrattuali. Lo sconto unico rischia di essere troppo alto o troppo basso: se troppo basso sarebbe inutile; se troppo alto disincentiverebbe le compagnie dall’offrire la scatola nera. Un altro emendamento prevede che gli automobilisti «virtuosi» godano del medesimo sconto, indipendentemente dalla provincia in cui abitano. Questo assume che la probabilità di avere un incidente dipenda solo da caratteristiche soggettive del guidatore e non dall’ambiente circostante: come dire che guidare a Merano o a Caserta sia lo stesso. Va ripristinato il testo originale dell’articolo.

La Camera ha introdotto una norma «anti booking.com». Oggi gli alberghi possono fare di tutto (ad esempio offrire sconti a categorie particolari di clienti) ma non vendere la stessa camera, sul proprio sito internet, a un prezzo inferiore a quello offerto a siti quali booking.com. Consentirlo vuol dire sancire per legge il diritto degli hotel a fare free riding sull’investimento pubblicitario di booking e piattaforme simili: i clienti confrontano gli hotel su booking e poi acquistano la camera sul sito dell’albergo. È evidente che siti come booking.com in Italia sparirebbero. Questa norma è sostenuta dal ministro Franceschini su richiesta di Federalberghi, il cui presidente, Bernabò Bocca, è un senatore di Forza Italia: prima o poi dovremo riflettere sui presidenti di ordini professionali e associazioni imprenditoriali che mantengono la carica pur essendo deputati o senatori. Questo articolo deve semplicemente essere cancellato. Poi vi sono le norme che erano scritte nel testo originale e sono scomparse. Innanzitutto il superamento della pianificazione numerica delle farmacie, che è la vera fonte di limitazione della concorrenza. E poi la liberalizzazione dei farmaci di fascia C, quelli prescritti dal medico ma non mutuabili: antidolorifici, antinfiammatori, antidepressivi, anticoncezionali, etc. Per l’acquisto di questi farmaci le famiglie italiane spendono ogni anno circa 3 miliardi di euro. L’esperienza della liberalizzazione di farmaci da banco suggerisce che se anche questi medicinali potessero essere venduti nelle parafarmacie – dove comunque è c’è l’obbligo della presenza di un farmacista – questa spesa potrebbe essere ridotta in maniera significativa. Da cancellare anche i vincoli sui saldi. Oggi i saldi devono avvenire in ogni regione nello stesso periodo: la piena liberalizzazione delle vendite promozionali sarebbe l’ultimo tassello della liberalizzazione del commercio.

E poi – e sono forse le norme più importanti da aggiungere – gli appalti pubblici, tanto spesso fonte di procedure poco trasparenti e talvolta di corruzione. Basterebbe completare la legge con due commi: «Dalle gare per i servizi pubblici di qualunque genere, sono esclusi i soggetti partecipati dall’ente concedente»; «Nel caso di affidamenti in-house è fatto divieto di sub-appaltare il servizio». Il primo per evitare la commistione fra concessionario ed ente vigilante (accade ad esempio in alcune società che gestiscono le banchine dei porti). Il secondo per impedire una pratica dove spesso si annida la corruzione: la Regione, ad esempio, assegna un’opera ad una propria società e poi consente che la stessa la sub-appalti a privati. Dovrebbe essere la Regione a gestire in prima persona l’appalto a privati.

Infine Uber. Baba, un ragazzo di 24 anni che vive a Bobigny, nella banlieu parigina, ha detto alcuni giorni fa al Financial Times: «Prima di Uber stavamo tutti qui a pendolare da mattina a sera, senza lavoro e senza soldi. Prima o poi finivamo in prigione. Uber mi ha cambiato la vita: oggi ho una bella macchina e un vestito di Zara. Mi piace guidare per le strade di Parigi, mi impegno perché voglio che i clienti, alla fine del viaggio, mi diano sempre il massimo dei voti». Sì perché Uber ti chiede di dare un voto al guidatore che ti ha accompagnato, e dopo un paio di voti scadenti, quel guidatore viene licenziato. Proprio come i nostri tassisti! Per ragazzi come Baba, Uber ha fatto più di decenni di politiche sociali. Augustin Landier e David Thesmar, due economisti francesi, hanno pubblicato un’analisi approfondita dei guidatori di Uber («Une analyse des chauffeurs utilisant Uber en France»): calcolano che se il governo chiudesse Uber il 20 per cento dei guidatori che perderebbero il lavoro rimarrebbero disoccupati per almeno due anni. Questo perché Uber ha aperto un mercato del lavoro nuovo, non sostituibile con lavori più tradizionali. Scrive, in un’altra analisi, Alan Krueger, che è stato presidente del Council of economic advisers di Barack Obama: «Il sistema di valutazione introdotto da Uber aiuta la crescita professionale dei ragazzi perché li abitua al fatto che la loro reputazione sia di dominio pubblico».

È bastata l’ennesima minaccia di uno sciopero dei tassisti, la scorsa settimana, perché il governo facesse marcia indietro re-introducendo la norma che obbliga i guidatori di Uber a rientrare in garage dopo ogni corsa. Si parla dell’Uber più tradizionale, cioè le auto nere NCC: di Uber-X nemmeno si parla. Il governo dovrebbe riflettere e decidere quale progetto vuol promuovere per il futuro di questo Paese. Vuole consentire che anche in Italia si sviluppino le nuove piattaforme tecnologiche, o preferisce proteggere i vecchi rentier, siano essi tassisti, albergatori o presidenti di enti pubblici locali?

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