19 Settembre 2024

Il presidente russo appoggia l’idea di una «direzione esterna» per trasferire a russi le proprietà dei gruppi stranieri che hanno lasciato la Russia

Lo slogan è già pronto: «Sdelano nami, sdelano za nas», prodotto da noi, prodotto per noi. Prende forma la risposta russa alle sanzioni internazionali seguite all’invasione dell’Ucraina, e si appella a ogni risorsa interna e ai Paesi amici rimasti: insieme a loro, insieme a chi non si unirà al fronte delle sanzioni, ha assicurato giovedì Vladimir Putin in collegamento con il Governo, «risolveremo ogni problema con calma». Indipendenza, autosufficienza e sovranità russe ne usciranno rafforzate, ha aggiunto, mentre le sanzioni si ritorceranno contro l’Occidente sotto forma di rialzi dei prezzi alimentari e dell’energia.
Sul piano difensivo il programma prevede l’adozione di misure a sostegno dei produttori nazionali, che saranno chiamati a moltiplicare gli sforzi per sostituirsi alle importazioni straniere. «Ci dispiace che McDonald’s vada via, ci eravamo abituati ai loro hamburger», aveva detto in mattinata sorridendo il sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin. Ricordando però le numerose catene nazionali di fast-food, di livello non inferiore: a loro andranno incentivi e incoraggiamento.
Sul piano offensivo, Putin ha appoggiato quella che ha definito «direzione esterna» temporanea delle proprietà di imprese straniere che hanno preso le distanze dalla Russia, chiudendo punti vendita o produzione. «Troveremo soluzioni legali, non c’è bisogno di azioni arbitrarie – ha detto – per trasferire queste imprese a chi vuole lavorare, in modo da non danneggiare i fornitori russi». Nello stesso tempo il presidente russo ha promesso protezione ai gruppi stranieri che intendono restare nella Federazione.
L’ipotesi della «direzione esterna» degli asset stranieri è un’ipotesi che il partito del potere, Russia Unita, considera un primo passo verso una nazionalizzazione. Decisione che invece Vladimir Potanin, l’oligarca del nickel, ritiene che «riporterebbe la Russia indietro di cento anni», facendole perdere ulteriormente credibilità e facendole pagare le conseguenze per decenni.
In questo momento, al centro delle preoccupazioni russe è l’inflazione, che nella settimana dall’inizio della guerra ha registrato l’aumento più marcato degli ultimi 20 anni (+2,2% tra il 26 febbraio e il 4 marzo): secondo diversi economisti, a fine marzo potrebbe aver già raggiunto il 20% mensile. «C’è stato un aumento significativo dei prezzi delle importazioni a causa del comportamento irresponsabile dei nostri ex partner», ha osservato alla riunione del Governo il ministro dell’Industria, Denis Manturov.
Quando Putin gli cede la parola, il ministro russo delle Finanze Anton Siluanov illustra le decisioni previste per stabilizzare il sistema a fronte della «guerra economica e finanziaria dichiarata alla Russia dai Paesi occidentali». Il Governo, ha confermato Siluanov, cercherà di ridurre l’esodo di capitali e onorerà i pagamenti sul debito estero in rubli: mossa che sarà considerata comunque un default? Da parte sua, Siluanov ribalta l’accusa: è l’Occidente in default, essendo venuto meno ai propri impegni verso la Russia nel momento in cui ha congelato le sue riserve in valuta, e nel momento in cui ostacola gli scambi commerciali.
Ed è questo l’ambito in cui la controffensiva russa era più attesa, e temuta: ma per il momento Putin non sembra voler imbracciare l’arma dell’energia. A dispetto delle sanzioni, ha detto, onoreremo i nostri impegni. Gas, petrolio e altre materie prime non compaiono nella lista delle esportazioni bloccate dal Cremlino fino a fine anno. Attento a non privarsi della fonte di guadagno più importante, il presidente russo ha “limitato” il bando a telecomunicazioni, auto, attrezzature mediche, elettriche e tecnologiche; vagoni ferroviari, container, turbine: un elenco con più di 200 voci. Che nei prossimi tempi potrebbe allungarsi.

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