19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

Sarkozy

L’ex presidente: “L’unica Europa possibile è a guida franco-tedesca”

Nicolas Sarkozy, presidente dei Repubblicani francesi, chiede di «rifondare profondamente il progetto europeo» attraverso un nuovo trattato di cui dettaglia il contenuto, alla vigilia dell’incontro sull’Europa organizzato dal suo partito per oggi.

Secondo Frontex, ad aprile sono arrivati in Grecia 2.700 rifugiati, dieci volte meno rispetto a marzo. L’accordo tra l’Europa e la Turchia è un successo, dunque?
«No. Non bisogna confondere ciò che è congiunturale con ciò che è strutturale. Il crollo della Siria provoca un afflusso di popolazione verso l’Europa. Inoltre, in trent’anni l’Africa raddoppierà la sua popolazione. Pensare che la Turchia possa gestire e risolvere questi problemi in una prospettiva a lungo termine è un errore. L’Europa può fidarsi di un potere turco, che si evolve sempre più verso un regime autoritario? Io non credo».

Angela Merkel si è sbagliata durante la crisi dei rifugiati?
«Uno dei maggiori problemi in Europa oggi è la totale assenza di leadership. Ora ce n’è solo una possibile: la leadership franco-tedesca. Prima di essere eletto presidente nel 2007 ne dubitavo. Pensavo che avremmo potuto avere una leadership condivisa tra cinque o sei Paesi. Molto rapidamente mi sono reso conto che non funzionava e che l’accordo franco-tedesco era essenziale. È per questo che non voglio criticare la Merkel e la politica tedesca. Ma ciò che mi ha colpito è vedere la cancelliera negoziare da sola con il governo turco. Dov’era Hollande? Dov’è la voce della Francia? Quando Barack Obama è venuto in Europa, ha incontrato la cancelliera tedesca, dopo essersi fermato nel Regno Unito. La Francia è scomparsa dall’agenda diplomatica? Che umiliazione! Deploro non tanto il primato della Merkel quanto la cancellazione di Hollande».

Merkel ha favorito la crescita dell’estrema destra con la sua politica di accoglienza dei rifugiati?  
«L’estrema destra cresce ovunque in Europa. Non siamo noi francesi a dover dare lezioni. Ma c’è una differenza tra la retorica e la realtà tedesca. Alcune espressioni della cancelliera potrebbero far pensare che la Germania abbia sottovalutato il problema, mentre Donald Tusk (il presidente del Consiglio europeo, ndr) nello stesso periodo mi diceva che c’erano almeno 10 milioni di persone che si stavano spostando verso l’Europa. Ma dobbiamo riconoscere che, discorsi a parte, l’inasprimento delle norme tedesche è molto forte. Per me è stato un vero sollievo constatarlo».

Nel frattempo, l’estrema destra potrebbe vincere le elezioni presidenziali in Austria di domenica 22 maggio.
«La situazione in Austria è molto preoccupante. In questo Paese, compresa la capitale Vienna che quasi un secolo fa era il centro culturale dell’Europa, i partiti di governo hanno l’11% dei voti e l’estrema destra il 35%. E dovrà affrontare un ambientalista nel secondo turno delle elezioni presidenziali! L’Austria paga il fallimento delle grandi coalizioni così amate dalle élite: quando non ci sono più né destra né sinistra, quando non c’è più dibattito, si lascia uno spazio enorme agli estremisti. Si tratta di un fraintendimento totale delle regole della democrazia, che richiede un dibattito appassionato e talvolta frontale. In Francia, da venticinque anni a questa parte non si può discutere d’immigrazione senza essere definiti razzista, di Islam senza essere trattati da islamofobici e d’Europa senza essere trattati da anti-europei. Quello che sta accadendo in Austria potrebbe accadere in Francia».

Non esclude una vittoria del Fn alle elezioni presidenziali?
«Io dico che una delle ragioni per cui sono tornato in politica è che la voce dell’opposizione era debole e lasciava al Fn il monopolio dell’opposizione alla politica di Hollande».

Al di là dell’Austria, viviamo una rottura dei valori condivisi con l’Europa centrale, incarnata dalla democrazia «illiberale» di Viktor Orban in Ungheria?
«Contesto questa interpretazione. Orban non è stato escluso dal Ppe e, per quanto ne so, ha sempre rispettato il responso delle urne. Ha vinto tre volte e una volta è stato battuto, non è il segno di una dittatura».

La Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha espresso riserve sulla nuova Costituzione…
«Non possiamo dire non c’è democrazia in Ungheria. È il difetto delle élite francesi voler dare lezioni al mondo intero. In Polonia ho visto i fratelli Kaczynski al potere. Hanno rispettato le norme europee e quando sono stati sconfitti hanno lasciato. Dopo cinquant’anni di regime comunista, questi Paesi sono democrazie che funzionano pur subendo una fortissima pressione migratoria. Preferite che si rifaccia il Muro di Berlino?».

Il 23 giugno, i britannici votano per tenere il Regno Unito nell’Unione europea. Cosa fare in caso di «Brexit»?
«Sono totalmente contrario alla uscita del Regno Unito dall’Europa. La cosa peggiore sarebbe la Brexit e l’adesione della Turchia: il grande slam dell’errore! Ma Brexit o no, bisognerà in ogni caso ristrutturare profondamente il progetto europeo e questo passa per un trattato su cui la Francia dovrà prendere l’iniziativa prima dell’estate 2017».

Quali saranno le novità di questo nuovo trattato?
«La priorità sarà quella di porre le basi per un Schengen 2 perché Schengen 1 è morto. Propongo la creazione di un’area euro-Schengen, vale a dire un governo composto dai ministri degli Interni dei Paesi membri di Schengen, con un presidente stabile, che avrebbe autorità su Frontex. La libertà di movimento degli extracomunitari non deve essere permessa nell’Ue finché non sarà adottata Schengen 2. Aderire a Schengen 2 presupporrà l’adozione preliminare di una politica comune dell’immigrazione con benefici sociali armonizzati per i richiedenti asilo. Al di là di questo, qualsiasi nuovo immigrato in Europa non toccherà assegno sociale prima di un periodo di cinque anni. Ogni Paese avrà anche la stessa lista di «Paesi sicuri». Solo dopo aver attuato questa armonizzazione potremo abolire le frontiere interne in Europa».

E in che modo questo nuovo trattato permetterà di affrontare la crisi dei rifugiati?
«Sono fortemente contrario alla politica delle quote. È un errore installare gli hot spot in Europa, perché così i rifugiati hanno già attraversato il Mediterraneo. Devono essere collocati a sud del Mediterraneo e finanziati dagli europei. I fascicoli dei richiedenti asilo saranno studiati lì e i Paesi che non accetteranno la presenza di hot spot sul loro territorio potrebbero vedersi negare il visto».

Se è favorevole agli hot spot al di fuori dell’Europa, perché condanna l’accordo con la Turchia?  
«Contesto l’abolizione dei visti, irresponsabile nell’attuale situazione sotto il profilo della sicurezza, e il rilancio dei negoziati di adesione, incomprensibili data l’evoluzione del governo turco sulle libertà civili».

Copyright Le Monde  
Traduzione di Carla Reschia

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