8 Settembre 2024

Hassan Sheikh Mohamud ha firmato una legge per rigettare l’intesa raggiunta da Addis Abeba con la regione indipendentista, definita un’«aggressione» da Mogadiscio

Il presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud, ha firmato una legge che «annulla» l’accordo annunciato fra l’Etiopia e la regione indipendentista del Somaliland per garantire ad Addis Abeba uno sbocco sul Mar Rosso. Il memorandum of understanding, svelato il primo gennaio 2024, rientra nei tentativi del premier etiope Abiy Ahmed di garantirsi un affaccio portuale e militare sulla costa: una rivendicazione che ha scatenato tensioni con i vicini di casa e alimentato i timori di un nuovo conflitto nel Corno d’Africa, già ostaggio di un intreccio di crisi che va dai tumulti interni dell’Etiopia alla ribalta terroristica in Somalia.
Mogadiscio aveva respinto il patto con il Somaliland come una «aggressione», mentre il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, ha esortato Etiopia e Somalia ad avviare una «de-escalation» delle fibrillazioni e a rispettare «unità, integrità territoriale e sovranità» dei rispettivi confini. Un appello rivolto a entrambi, anche se il destinatario principale sembrava essere Abiy e la scia di polemiche innescate dalle sue mire espansionistiche a est.

Lo «scambio» fra Etiopia e Somaliland
I dettagli del testo di legge siglato da Mohamud non sono chiari. Né lo sono, o lo erano del tutto, i termini dell’intesa comunicata ufficialmente dall’Etiopia e i vertici del Somaliland: una porzione di territorio che si estende a nord-ovest della Somalia, confina con Etiopia e Gibuti e si è auto-proclamata repubblica indipendente nel 1991. A quanto è emerso, l’Etiopia avrebbe ottenuto per 50 anni l’accesso a circa 20 chilometri di costa vicino al porto di Berbera, uno scalo sul golfo di Aden, oltre la possibilità di stabilire una base militare sul Mar Rosso.
La contropartita offerta da Addis Abeba era una quota nel suo vettore di bandiera, l’Ethiopian Airlines, istituendo un riconoscimento de facto dello stesso Somaliland: un caso senza precedenti negli oltre 30 anni di storia della Repubblica, mai accettata fino a oggi da alcun Paese membro dell’Onu o organizzazione internazionale. In un post su X, il vecchio Twitter, Mohamud ha spiegato che la legge contro l’accordo «è una dimostrazione del nostro impegno a salvaguardare unità, sovranità e integrità territoriale» secondo i dettami della «legge internazionale». Le autorità di Etiopia e Somaliland non hanno rilasciato commenti.

Le mire di Abiy e la crisi del Corno d’Africa
I rischi di una nuova crisi sono montati con l’insistenza di Abiy sul «diritto» dell’Etiopia a un accesso diretto al Mar Rosso, lo sbocco di esigenze sia commerciali che militari di Addis Abeba. In un suo intervento pubblico a ottobre 2023, il premier si era spinto a lanciare una sorta di ultimatum a Eritrea, Gibuti e Somalia: l’affaccio etiope sulla costa non doveva più essere un «tabù» ed era il momento di avviare «discussioni, non solo sul presente, ma anche per assicurarsi una pace duratura».
All’epoca la sortita aveva surriscaldato soprattutto i rapporti con le autorità eritree, «perplesse» dall’offensiva dello stesso leader insignito del Nobel per la pace del 2019 per la pacificazione dei rapporti fra Addis Abeba e Asmara. Ora il fronte di crisi si è allargato alla Somalia, scottata dal dialogo parallelo del governo etiope con un’entità che Mogadiscio disconosce e reputa una violazione della sua integrità nazionale. Gli appelli alla de-escalation dell’Ua stanno cercando di disinnescare le tensioni, facendo appello a un passo indietro di Addis Abeba e un alleggerimento dei toni reciproci. Una nuova escalation nel Corno d’Africa infliggerebbe un colpo anche più drastico a una regione travagliata sia sul versante politico che su quello economico e sociale, complici le ricadute di una crisi climatica sempre più logorante.
I critici di Abiy sostengono che le sue esternazioni servano da diversivo rispetto all’instabilità interna dell’Etiopia, scivolata dall’emergenza della guerra in Tigray ai sommovimenti che minacciano nuove rotture con la regione degli Amara. Ma la ricaduta più evidente sarebbe una crisi più ampia e più imprevedibile, esasperando – ancora – la fragilità del Corno d’Africa.

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