19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Tonia Mastrobuoni

Il cambio dell’euro è troppo basso per la posizione tedesca

E’ forse l’ultimo baluardo dell’Occidente, Angela Merkel. Ma è anche in campagna elettorale, esattamente come il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Che ieri ha mandato un messaggio molto chiaro all’elettorato tedesco, prima che a Mario Draghi. Il ministro delle Finanze non ha gradito l’ironia della sorte dell’essere accusato da Washington di approfittare di una politica monetaria che detesta. «Per la competitività dell’economia tedesca l’euro è troppo debole», ha dichiarato. Schaeuble ha anche raccontato di aver avvertito Draghi che i tassi bassi «avrebbero gonfiato il surplus commerciale” della Germania ». E di «avergli promesso di non criticare il suo corso apertamente ». Ma ha aggiunto di «non voler essere attaccato per le conseguenze di quella politica monetaria».
La Bce è sempre un capro espiatorio valido in un Paese inferocito per i tassi di interesse bassi, che da alcuni mesi registra un balzo dell’inflazione inatteso che aggrava la “tassa occulta” sui risparmiatori. Ma se la banca centrale e l’Ue sono tornati al centro della campagna elettorale tedesca – compresa l’inattesa proposta di Angela Merkel di un'”Europa a più velocità” – è per vari motivi. E, in prospettiva, racconta una fonte, qualcuno di questi potrebbe rappresentare una mina per l’Italia.
Uno dei motivi principali dell’attuale revival delle accuse a Draghi e del futuro dell’Unione si chiama Martin Schulz. Il candidato della Spd sta volando nei sondaggi e risulta addirittura più popolare della cancelliera. Se Schaeuble attacca la Bce, impopolarissima in Germania, è perché sa che il candidato della Spd ed ex presidente del Parlamento europeo, difficilmente potrà fare lo stesso. Allo stesso modo, se Merkel ha sposato la proposta del Benelux di prendere atto delle differenti velocità della Ue, è perché non può permettersi di lasciare a Schulz l’iniziativa sul futuro dell’Europa. Inoltre, l’accelerazione sull’Ue a geometrie variabili della cancelliera è stata decisa non tanto con gli occhi rivolti a Parigi o Roma, quanto a Est.
Prima del vertice europeo a Malta, Merkel ha cercato di misurare la temperatura ai rapporti tra i «quattro di Visegrad», il quartetto degli irriducibili dell’Est sulle politiche europee sui profughi. L’aggressività anti Nato e anti europea di Donald Trump sta cambiando gli equilibri anche lì. E Merkel sta cercando di infilarsi nelle crepe. Se l’appeasement del presidente americano con Putin può piacere al premier ungherese Orban non piace affatto alla Polonia. Con le dichiarazioni sull’«Ue a due velocità», la cancelliera pensa a un progetto che rimbalza da tempo tra Parigi, Berlino, Roma e Bruxelles ma in cui spera di poter attirare anche la Polonia: la Difesa comune.
Per il vertice di Roma di fine marzo, Berlino potrebbe puntare anzitutto a precipitare nella dichiarazione finale un impegno ad andare avanti «a differenti velocità » sugli unici progetti concreti che possano realisticamente costituire un rilancio europeo post-Trump: la Difesa, la Sicurezza e la lotta al terrorismo. Forse, si capirà nei prossimi giorni, anche l’immigrazione potrebbe procedere un giorno con accordi “alla Schengen”. Ma l’Italia e la Germania sono d’accordo da tempo che chi non sarà solidale dovrebbe anche subire conseguenze sul piano dei fondi.
L’euro, per ora, non rientra nella logica tedesca dell’«Europa a differenti velocità». Ma la Germania è talmente stanca delle violazioni del Patto di stabilità che potrebbe avanzare – dopo le elezioni di settembre – la proposta per una sorta di “bail in” che riguardi anche i debiti pubblici, racconta una fonte vicina al dossier. Una bomba, per i Paesi con alti debiti. Alla luce di una Commissione Ue che continua a concedere una flessibilità ritenuta eccessiva, e a una proposta come l’agenzia indipendente europea sui conti pubblici sempre caduta nel vuoto, Berlino è pronta a sfoderare una “Maastricht 2.0”.
Com’è noto, la Germania è contraria alle reti di protezione stese dalla Bce sui debiti (Omt e QE), perché hanno addomesticato i mercati. Chi detiene oggi un titolo di Stato italiano non rischia quasi nulla perché se non glielo rimborsa lo Stato, lo farà la Bce. Ma se la Germania imponesse la sua “Maastricht 2.0”, nel caso di un aumento degli spread, non basterebbe promettere riforme e aggiustamenti, come prevedono le regole per chiedere lo scudo anti- spread Omt, dunque la protezione Bce. Ogni Stato potrebbe chiedere aiuto, ma prima di ottenerlo sarebbe costretto a ristrutturare una parte del debito. Se passasse una proposta del genere, minerebbe alle basi il concetto dello scudo anti-spread. E i mercati ricomincerebbero a guardare allo stato di salute di un Paese, per valutare il suo debito. Non una buona notizia, per l’Italia.

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