22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Irma D’Aria

Per capire come e se far tornare i bambini in aula, la rivista analizza i dati dei paesi che lo hanno già fatto. Dagli esperti italiani, il consiglio: “Riportiamo i medici a scuola e facciamo rispettare le regole”

Mentre nelle chat di classe il tam tam dei genitori continua tra mille dubbi su come si tornerà a scuola a settembre, nel Regno Unito 1.500 membri del Royal College of Paediatrics and Child Health in una lettera aperta scrivono che “continuare a tenere chiuse le scuole lascerebbe segni indelebili a un’intera generazione”. Allora, meglio riaprire anche se non del tutto ‘attrezzati’? Prova a fornire qualche risposta la rivista Science che ha analizzato le riaperture del Sud Africa, Finlandia e Israele concludendo che i bambini più piccoli raramente contraggono l’infezione e si contagiano l’un l’altro. Ma questo era già noto. A fornire un altro buon motivo per tornare sui banchi c’è anche la constatazione che – almeno in questi paesi – raramente i bambini si sono portati il virus a casa infettando i familiari.

La contagiosità dei bambini
In 20 Paesi le scuole le hanno riaperte ai primi di giugno. Altri invece, Taiwan, Nicaragua e Svezia, non le hanno chiuse mai e ciascuno ha scelto regole più o meno severe. Insomma, un’anarchia che lascia un po’ confusi. Per questo Science ha cercato di fare chiarezza a partire dalla contagiosità dei bambini. Per farlo ha preso in considerazione anche i dati raccolti dall’istituto Pasteur in sei scuole elementari e dai quali emerge che i bambini si possono infettare ma non sembrano essere contagiosi. I ragazzi delle superiori invece 3 volte su 10 hanno sviluppato gli anticorpi, cioè sono venuti in contatto col virus, mentre insegnanti e membri dello staff hanno anticorpi rispettivamente 4 e 6 volte su 10.

Contagiosi quanto basta per diffondere il virus
Dunque, si tratta di soggetti che si possono ammalare, ma di solito in forma lieve.“Sono sempre più convinto – spiega  Massimo Galli, past president della Società italiana di malattie infettive e tropicali nonché direttore della terza divisione di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano – che i bambini siano meno suscettibili e si ammalino di meno, ma dal punto di vista epidemiologico si infettano quanto basta per trasmettere l’infezione agli adulti, sia ai genitori che ai nonni. Per questo, la riapertura va fatta con le debite precauzioni”.

Bambini: si ammalano meno e in forma lieve
Sul fatto che i bambini siano meno colpiti dal Coronavirus concorda anche Alberto Villani, presidente della Società Italiana di pediatria: “Che i bambini contraggano forme più lievi è già noto, anche se si sono verificati alcuni casi gravi di Sindrome infiammatoria multisistemica e si stanno studiando i possibili nessi con Sars-Cov 2. E poi, anche se pochi, ci sono stati decessi anche tra i bambini e qualcuno è finito comunque in rianimazione. Piuttosto, non sarei così sicuro del fatto che i bambini non possono rappresentare un veicolo di infezione”.

Non solo alunni, ma anche insegnanti e amministrativi
Non solo: non bisogna dimenticare che il rientro a scuola riguarda anche il corpo docente e il personale Ata: “La riapertura delle scuole – sottolinea il pediatra – non va valutata pensando solo ai bambini ma anche agli adulti che ci lavorano e pensando agli spostamenti che implicano soprattutto perché abbiamo già visto proprio di recente che c’è un abbassamento dell’età media in cui ci si contagia”. Anche Science ha cercato di capire se le infezioni che nascono a scuola possono diffondersi alla comunità analizzando i dati in varie parti del mondo. Quello che è emerso in modo abbastanza chiaro è che i casi di malattie gravi tra gli insegnanti sono davvero pochi, con l’eccezione della Svezia che non ha mai chiuso le scuole, nemmeno nei momenti di massima diffusione del virus e non è nemmeno stato suggerito l’uso di mascherine, distanziamenti o altro; il risultato è che lì diversi insegnanti si sono ammalati e qualcuno è anche morto.

Per riaprire meglio il buon senso
Allora quale modello seguire per riaprire le scuole in sicurezza? In Olanda, per esempio, non si richiede nessun distanziamento fino ai 17 anni non tenendo conto della richiesta dei pediatri che vorrebbero comunque qualche forma di distanziamento sopra i 12 anni. “Se si rispettano le regole che ci siamo dati e che valgono in tutte le situazioni come il rispetto del distanziamento, l’uso di mascherine e il lavaggio frequente delle mani – dichiara Villani – il contagio è molto poco probabile. Quindi, a queste condizioni la scuola può essere riaperta specie se la situazione epidemiologica resta questa. Del resto, abbiamo già dato prova di poterlo fare con gli esami di maturità svolti in presenza e che sono andati benissimo”.

Più danni se la scuola resta chiusa
Se in 20 paesi le scuole hanno fatto risuonare la campanella a giugno altri invece, Taiwan, Nicaragua e Svezia, non le hanno chiuse mai ed altri ancora come l’Italia si stanno ancora organizzando per riaprire a metà settembre. Ma secondo l’infettivologo pediatra finlandese, Otto Helve, “i benefici di una riapertura sono molto maggiori dei rischi” perché la didattica a distanza non ha la stessa valenza di quella in classe e molti genitori sono in grande difficoltà per stare a casa con i bambini. Il dottor Munro, un pediatra di Southampton, sostiene anche che tenere i bambini lontani dalla scuola è un rischio anche per la loro salute perché fanno meno attività fisica, dormono e mangiano male, soffrono di depressione, ansietà, senso di isolamento sociale. E un editoriale del Times afferma fra l’altro che perdere opportunità di formazione per un periodo prolungato sarà “catastrofico” per i bambini. “La scuola chiusa è un disagio, certo – fa notare il presidente della Sip – ma anche i bambini che hanno vissuto la guerra in Siria o nello Yemen hanno avuto delle conseguenze. Questa è stata per noi una situazione eccezionale e ritengo che i bambini ne abbiano risentito solo quando non sono stati gestiti bene. Il fatto è che in Italia c’è in generale c’è poca attenzione nei loro confronti”.

Mascherina si o no?
Per stare in classe i bambini dovrebbero indossare la mascherina? Science analizza anche quest’aspetto facendoci sapere che in alcune parti del mondo (Cina, Sud Corea, Giappone, Vietnam) la mascherina è un’abitudine anche prima del Covid mentre in Europa la Germania è molto permissiva e chiede agli studenti di portare la mascherina solo quando vanno in bagno o se sono in tanti vicini in uno spazio piccolo. In Austria niente mascherina, mentre in Danimarca, Norvegia, Regno Unito e Svezia ognuno (sia alunni che insegnanti) sceglie se metterela o no. “Poiché sarà difficile tenere i bambini a distanza – fa notare Villani – deve essere chiaro che la mascherina è una barriera per ridurre il rischio di contagio, quindi può e deve essere adoperata a seconda della necessità. Perciò, se si può rispettare la distanza, si può evitare la mascherina che altrimenti va messa”.

Più dei banchi, servono assistenti sanitari
Fa appello al buon senso anche l’infettivologo Galli: “Mantenere il distanziamento tra i ragazzi – afferma il professore – è una missione impossibile e l’idea di riempire le aule di banchi inutili è uno spreco. Servono piuttosto dei protocolli e degli assistenti sanitari che possano misurare la febbre ed effettuare test rapidi ripetuti nel tempo e decidere se mandare a casa uno studente”. Insomma, bisogna riportare i medici nelle scuole magari prevedendo un’equipe itinerante che possa andare da una scuola all’altra.

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