Fonte: Corriere della Sera
di Gianna Fregonari
Dopo le decisioni del Tar, ancora confusione sui rientri in classe. La protesta degli studenti. Il timore che sia una falsa partenza
Non potevano mancare anche un paio di decisioni dei Tar nel garbuglio della riapertura delle scuole. Almeno ora però, gli studenti lombardi qualche certezza in più rispetto ai loro coetanei delle altre parti d’Italia ce l’hanno. A stabilire se lunedì torneranno sui banchi lo deciderà l’ormai popolare indice Rt che sarà annunciato oggi. Fine dello scontro tra governo e Regione, tra genitori e governatore: saranno i numeri a fissare i paletti per le prossime settimane. In Sicilia invece i giudici amministrativi hanno dato ragione e torto insieme alla Regione, che ha chiuso le scuole superiori fino all’inizio di febbraio. A Bari la decisione sulle scuole è da settimane nelle mani dei genitori che hanno avuto la scelta di tenere a casa in Dad o mandare in classe i loro figli più piccoli: non è, dicono i giudici, una violazione del diritto allo studio.
Bandiera bianca
E’ invece la fotografia più nitida di una politica e di un’amministrazione che in questi mesi, dopo aver fatto una gran confusione, hanno alzato bandiera bianca: per trovare una soluzione per gli studenti si sono esercitati un po’ tutti, con l’eccezione degli esperti di didattica. Sono intervenuti ministri, Regioni, sindaci, persino i prefetti e poi medici, virologi ed esperti di pandemia. Senza avere però quella regia unitaria che serve a governare le emergenze e a indicare il percorso. Ancora ieri sera, presidi professori e studenti che lunedì dovrebbero tornare in classe – oltre cinquecentomila -, non avevano idea di che cosa si stava decidendo sul loro futuro prossimo.
Ostaggi
In questa incertezza la scuola è rimasta ostaggio dello scontro nel governo tra l’ala della massima cautela (Pd e Leu) che ha fatto pressione per chiudere e tenere chiuse le scuole superiori e la ministra Lucia Azzolina che, dopo essere stata molto prudente la scorsa primavera, si è poi battuta per le lezioni in presenza l’autunno scorso, ma senza provare davvero a costruire un consenso sulle sue idee nella maggioranza, con le Regioni e nel mondo della scuola, e costretta ad arretrare ad ogni decisione.
La lezione scordata
Purtroppo la lezione della scorsa primavera non è servita a molto: l’Italia è stato uno dei pochissimi Paesi che non era riuscito a riaprire le scuole prima della fine dell’anno scolastico. Ma a novembre è stata uno dei primi a sacrificare le lezioni in presenza per gli adolescenti, senza riflette su quello che era successo. E’ da settembre che le scuole superiori sono in balia degli eventi: il governo era riuscito a garantire le lezioni in classe per i bambini delle elementari e i ragazzini delle medie. Ma per le superiori, che sono le più affollate, il lavoro con Regioni ed enti locali non aveva funzionato e la soluzione della didattica mista, un po’ in classe un po’ a casa, era già una realtà in molte scuole. Ora, dopo due mesi di lezioni davanti al computer, tre rinvii decisi all’ultimo minuto, il dietrofront delle Regioni, gli allarmi dei medici, i contagi che non scendono come si sperava, i dati che si accavallano, la soluzione offerta ai ragazzi è quella di una scuola dimezzata. Si tornerà, meno male. Ma solo per la metà delle lezioni o forse un po’ di più, con gli scaglionamenti che non piacciono ai prof e neppure troppo ai ragazzi. Non c’è da stupirsi che gli studenti stiano organizzando un nuovo sciopero per lunedì. Una scuola così sarà davvero più efficace della Dad? C’è da sperare che funzioni comunque, che gli studenti deboli non si perdano nel dedalo delle nuove regole, che non sia di nuovo una falsa partenza.