POLITICA
Fonte: La Stampa
Il ministro: «Nelle mani dei sindacati il sistema non funziona». La replica: «Arroganza e disprezzo della democrazia»
É di nuovo scontro governo-sindacati sulla riforma della scuola. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, insiste: «La scuola solo in mano ai sindacati funziona? Io credo di no». La Cgil attacca: «La dichiarazione della ministra Boschi conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia». La Cisl aggiunge: «Il problema della scuola non sono i sindacati, ma le scelte sbagliate del governo». E ad accusare frontalmente ci pensa anche Stefano Fassina, uno dei «ribelli» della minoranza Pd, accusa frontalmente: «Che tristezza, la Boschi parla come la Gelmini nel 2008…». E così a 9 giorni dall’arrivo in aula alla Camera del ddl, le posizioni si allontanano ancora di più. E in tanti, sindacati ma anche M5S e Sel, annunciano proteste.
A nulla, per i critici, sono servite le modifiche apportate al ddl che proprio ieri sera ha superato l’esame della commissione Cultura della Camera. Al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che parla di un testo «arricchito e integrato con la risoluzione di alcuni nodi tecnici e politici che ci aspettavamo e siamo lieti siano stati sciolti già qui alla Camera», rispondono i grillini che bollano tutto come un «impianto irricevibile». Ma è la Boschi a far infuriare il sindacato. E dire che il ministro inizialmente aveva lasciato intendere un’apertura: «La riforma non è prendere o lasciare». Poi, però, ha ribadito che «quello che non è accettabile è lasciare le cose come sono». E poi, giù contro il sindacato che nell’angolo certo non è rimasto. «La scuola non è dei sindacati ma nemmeno proprietà privata del Governo. È del Paese e di chi quotidianamente garantisce alle nuove generazioni di avere una istruzione all’altezza dei tempi», risponde duro il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo. Le modifiche in commissione? «Gli emendamenti approvati non cambiano l’impianto autoritario e incostituzionale del disegno di legge. Nelle prossime ore – conclude – la mobilitazione continuerà e si allargherà».
Punto e accapo, dunque. E dire che il timing dice che ci siamo. Il 19 maggio il ddl arriva in aula alla Camera; entro il 15 giugno dovrebbe essere approvato al Senato e il ministro Giannini spera che dal «1 settembre 2015 questo ddl cambi, migliorandola, la scuola italiana». La Boschi ha provato ad elencare i cambiamenti, tra l’altro proprio davanti ad un prof in aspettativa, il candidato governatore del centrosinistra Luca Ceriscioli. Ha chiarito che «il ruolo del dirigente è stato attenuato, pur riconoscendo l’autonomia dei dirigenti che devono poter individuare l’insegnante più giusto per la loro scuola» e che «nel Piano dell’offerta formativa sono coinvolti anche i docenti, le famiglie e i ragazzi più grandi». «Al Senato ora c’è un passaggio fondamentale, una sfida da cogliere insieme. Rinviamo tutto? No, non ci sto», ha però messo in chiaro. Del resto, «gli italiani non ci perdonerebbero se mandassimo all’aria tutto».
Dunque, si va avanti. Guai, però, a dirlo a Sel: «La scuola pubblica italiana è in mano ai sindacati? No, gentile ministra: la scuola pubblica del nostro Paese è sulle spalle degli insegnanti italiani, va avanti grazie al loro impegno e ai loro sacrifici», dice Vendola. E guai a dirlo anche ai grillini. I parlamentari M5S in commissione Cultura puntano il dito proprio contro le modifiche, molte conseguenti agli emendamenti di Ap come il diritto alla detrazione fino a 400 euro di retta per i genitori dei bimbi che frequentano le paritarie e l’aggiunta di fondi per il 5Xmille. Parlano di «un compromesso al ribasso e squilibrato» e soprattutto annunciano: «Alle azioni di protesta e contrasto che metterà in campo il mondo della scuola nei prossimi giorni si aggiungeranno anche le nostre perché la disubbidienza, in questo caso, rappresenta un atto di civiltà».