Il magistero e gli organismi vaticani sempre più si confrontano con le ultime frontiere della tecnologia digitale. Serve un “supplemento d’anima” e la persona resta assolutamente centrale nel rapporto con l’IA
I progressi straordinari, eppur in un qualche modo previsti, dell’Intelligenza Artificiale cominciano ad interrogare un pubblico sempre più vasto di persone. Se fino ad alcuni anni fa il dibattito era confinato tra gli specialisti, i ricercatori, i regolatori, e ovviamente, gli sviluppatori di questi sistemi, oggi il tema della potenza, della efficacia, della pervasività dell’uso dell’Intelligenza artificiale si sta diffondendo a livello dei principali media e di opinione pubblica di massa. L’attenzione generale è stata recentemente “bucata”, per così dire, dagli sviluppi del software ChatGpt della società Open AI, che produce testi di qualità con pochissime indicazioni di base, ma enormi e rilevanti sono i campi in cui già opera l’IA (Intelligenza Artificiale) e di cui discutono gli esperti.
Il punto della situazione
Prima di addentrarsi in ciò che il magistero cattolico ha elaborato sul tema, l’autore fa il punto della situazione delle ricerche e delle applicazioni sull’IA, dal test di Alan Touring del 1950 fino ad oggi, sempre però sforzandosi di fornire una lettura di tipo etico, cercando di associare – e in questo ricalcando la posizione della Chiesa cattolica – un atteggiamento positivo e di apertura nei confronti dei progressi tecnologici provocati dall’IA senza dimenticarne i possibili risvolti preoccupanti e potenzialmente rischiosi per l’uomo stesso.
Riguardo ad evoluzioni come l’Intelligenza Artificiale, con la sua capacità di elaborare enormi quantità di informazioni in pochi istanti, le sue possibilità di interpretare e rispondere alle domande umane, di sostituirsi in maniera efficace all’attività dell’uomo, fino a pretendere di esercitare scelte “in proprio”, la domanda di responsabilità etica si fa pressante più che mai, così come una necessaria attività regolatoria da parte degli attori della filiera dell’IA, dagli ingegneri e sviluppatori fino alle istituzioni nazionali e sovranazionali.
Nessuno strumento è “neutro”
Richiamando papa Francesco, l’autore sostiene che qualsiasi strumento non è mai del tutto neutro, ma può avere rilevanti conseguenze sociali che interessano, ad esempio, gli stili di vita o anche le possibilità lavorative. Per questo motivo l’uomo e le istituzioni hanno il compito di governare e vigilare su questi strumenti: senza demonizzarli, anzi, ma ricorrendo – se possibile – a un supplemento di “anima”, partendo dal presupposto che le emozioni, la consapevolezza e la condivisione tipica dell’uomo non sono replicabili da alcun tipo di macchina o di intelligenza.
L’Intelligenza Artificiale, opportunamente programmata, oggi è anche in grado di prendere decisioni autonome, e tra alcuni decenni potrebbe anche competere con l’intelligenza umana sul piano qualitativo ma le resta preclusa (almeno per ora!) la coscienza, il sacrario interiore dell’essere umano. Per dirla con il filosofo Luciano Floridi, «la coscienza non è solo memoria di chi siamo o chi siamo stati, ma anche consapevolezza di noi stessi mentre siamo ciò che siamo, di quello che ci sta accadendo, e di come lo stiamo vivendo, qui e ora», sapendo che l’essere umano – come insegna l’etica di ogni tempo – va considerato sempre come un fine e mai come un mezzo.
Il dibattito sull’Intelligenza Artificiale
Il dibattito sulla qualità e sulle potenzialità dell’IA resta aperto: gli studiosi si dividono tra chi ritiene che l’Intelligenza Artificiale possa arrivare a competere ed eguagliare l’intelletto umano e chi ritiene che ciò sia essenzialmente impossibile, data la complessità della struttura dell’intelligenza umana, non ancora compresa fino in fondo.
Tridente, nel suo testo, richiama anche gli sforzi degli Stati e delle istituzioni politiche per “sorvegliare” e normare il settore (ad esempio l’Unione europea), per sfruttarne i vantaggi garantendo al contempo il rispetto dei principi fondamentali, della democrazia e dello Stato di diritto.
La parte più cospicua del testo si dedica ad esplorare i pronunciamenti e le riflessioni del magistero pontificio, degli organismi vaticani e della stampa cattolica sul tema dell’IA. L’interesse della Chiesa e dei pontefici per questi sviluppi tecnologici è relativamente recente (anche perché sono recenti i progressi stessi dell’IA): papa Giovanni Paolo II, ad esempio, metteva in guardia da possibili fenomeni di disoccupazioni di massa dovuti agli sviluppi vorticosi della tecnologia, pur in un’ottica positiva rispetto al cambiamento e alla possibilità dell’uomo di governarlo da protagonista. Papa Francesco, in tempi più vicini a noi, richiama come indispensabile e non procrastinabile la fissazione di paletti che limitino i possibili abusi di questa frontiera dell’umanità insieme a una nuova e più urgente necessità etica, anzi, “algoretica”, prendendo a prestito un neologismo coniato dalla studioso francescano Paolo Benanti, intendendo con ciò uno sviluppo etico degli algoritmi.
L’iniziativa della Chiesa cattolica
Nel magistero cattolico e vaticano sono rintracciabili anche i frutti di un’importante iniziativa denominata “Rome Call for AI Ethics”, avuta luogo nel febbraio del 2020, sviluppata in collaborazione con la Fao, Microsoft e Ibm, in cui si ribadiva la necessità di costruire un futuro in cui le innovazioni tecnologiche e digitali fossero sempre al servizio della creatività umana. Resta inteso che l’IA deve essere sempre considerata un mezzo a disposizione dell’uomo, mai un suo concorrente: l’uomo sceglie, definisce, programma, e poi la macchina si incarica di svolgere il lavoro richiesto, sempre nella consapevolezza che i dati – anche elaborati in maniera eccezionale da un’IA – non risolvono e contengono tutta la realtà, che è fatta anche di emozioni e di significati, tanto meno la verità tutta intera.
Per il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, «l’etica è chiamata ad accompagnare tutto il ciclo delle elaborazione dei dispositivi tecnologici, fin dalla scelta dei progetti su cui investire le risorse». Alla fine, quasi tutti gli attori in campo concordano sul fatto che l’IA è una risorsa di grande potenzialità per l’uomo ma la cui guida deve essere saldamente in mani umane, deve seguire principi etici condivisi, avere come fine ultimo il benessere generale coniugato alla libertà, essere improntata all’equità, avere adeguate norme di regolamentazione, salvaguardando i più vulnerabili e impedendo forme di discriminazione. In queste aspirazioni c’è concordanza assoluta, assicura l’autore, tra Chiesa e organismi civili.