Fonte: La Stampa
di Luigi Grassia
Difficili e costosi gli obiettivi di lotta ai gas inquinanti. L’Europa proseguirà lo sforzo, il resto del mondo no
Che cos’è il Trattato di Parigi da cui Trump vorrebbe uscire?
È un accodo internazionale che mira a frenare il riscaldamento globale. È stato firmato abbastanza di recente, nel 2015, ma ha alle spalle una lunga elaborazione essendo erede di varie iniziative convergenti, fra cui il famoso protocollo di Kyoto del 1997, primo grande impegno sulla questione.
In che cosa consiste il riscaldamento globale?
Si tratta di un fenomeno accertato, anche se è impossibile provare al di là di ogni dubbio che sia di origine umana. Nel XX secolo la temperatura media del pianeta è aumentata di tre quarti di grado, che possono non sembrare tanti a noi profani ma in realtà bastano a influenzare in profondità il ciclo delle piogge a livello mondiale, il ricambio delle acque negli oceani, l’umidità o la siccità sulle terre emerse eccetera. Inoltre c’è un problema di prospettiva: fenomeni di questa portata hanno un’inerzia è fortissima, le tendenze non si invertono se non nel lungo periodo e a prezzo di sforzi enormi, anzi c’è il forte rischio che il riscaldamento acceleri. Il timore è che nel XXI secolo la temperatura media aumenti non più di frazioni di grado, come ha fatto finora, ma di diversi gradi tondi, rendendo il nostro pianeta irriconoscibile.
Che impegni ha stabilito il Trattato di Parigi?
L’obiettivo è di limitare l’incremento della temperatura media della Terra in questo secolo a meno di 2 gradi centigradi rispetto al livello pre-industriale. Molti climatologi ritengono che questo sia già troppo perché il pianeta lo possa sopportare, ma per le ragioni dette sopra non sarebbe realistico proporsi obiettivi più ambiziosi. Anche i 2°C comunque sono problematici: bisognerebbe azzerare le emissioni di gas a effetto serra nel 2050. Ma i gas serra sono emessi dalla combustione di benzina, carbone e metano; è dura farne a meno.
Perché l’enfasi è sulla riduzione dei gas serra?
Perché c’è un vasto consenso fra i climatologi sul fatto che il riscaldamento globale sia dovuto all’effetto serra. Attenzione: i due concetti, spesso usati come sinonimi, non coincidono. I pochi scettici ammettono il riscaldamento globale, ma non credono che sia dovuto ai gas serra emessi dalle attività umane; fanno notare che in passato la Terra ha vissuto periodi anche più caldi di quello attuale, e che queste oscillazioni sono state dovute a cause naturali, quando ancora l’uomo non esisteva, o non era in grado di influire sul clima; anche stavolta le cause potrebbero essere quelle. Chi crede nell’effetto serra fa invece notare che la curva dell’aumento delle temperature e quella dell’aumento dei gas serra sono parallele, e che mai in passato le fluttuazioni climatiche sono state rapide come oggi.
Perché Trump è scettico sul mutamento del clima?
Non sembra che faccia obiezioni scientifiche ma che voglia evitare all’industria americana una costosa riconversione alle energie verdi e al risparmio energetico.
Se Trump disconosce il Trattato che cosa succede?
I casi sono due. Se il presidente decide di non rispettare il Trattato di Parigi, ma l’America non lo segue, non cambia niente. E questo è uno scenario possibile, perché l’industria degli Usa, nel suo complesso, ha già fatto molti investimenti verso la transizione energetica, e adesso avrebbe difficoltà a cambiare strada un’altra volta (c’è una forte inerzia anche in questo, non solo nel riscaldamento globale). Se invece Trump riesce a convincere il suo Paese ad abbandonare la lotta all’effetto serra, questo può vanificare tutto lo sforzo globale in tal senso: magari l’Europa andrà avanti comunque, per convinzione, ma altri Paesi penseranno che sia stupido impegnarsi mentre gli Usa non lo fanno; tutto tornerebbe in discussione, e gli obiettivi al 2050 diventerebbero irrealistici.